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Il salva-casa vuole accelerare le pratiche di sanatoria edilizia, ma sono fermi gli accordi fra Comuni e Agenzia delle Entrate per il calcolo dell’oblazione
Il decreto salva-casa, convertito nella legge 105/2024, ha introdotto importanti novità in materia di sanatoria edilizia, tra cui la determinazione del valore venale dell’oblazione da parte dell’Agenzia delle Entrate. Il procedimento è stato concepito per semplificare le procedure di sanatoria edilizie, permettendo ai proprietari di immobili di regolarizzare la loro posizione attraverso il pagamento di un’oblazione.
Negli uffici tecnici comunali, in queste settimane, si tenta di comprendere le nuove norme introdotte dal salva-casa, in vigore ormai dal 28 luglio 2024 nella sua forma definitiva, cercando di risolvere alcuni “dilemmi interpretativi” che rischiano di paralizzare l’attività amministrativa degli Sportelli unici per l’edilizia dei Comuni e dell’Agenzia delle Entrate, incaricati di determinare l’aumento del valore venale derivante dalle difformità realizzate e stabilire il quantum dell’oblazione da versarsi.
IN SINTESI
Il nuovo procedimento previsto dall’articolo 36 bis, comma 5, lettera b del Tu edilizia
L’articolo 36-bis del D.P.R. 380/2001 prevede al comma 5 lettera b) che: “il rilascio del permesso e la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono subordinati al pagamento, a titolo di oblazione, di un importo: …pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile valutato dai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate…”, rimandando, quindi, ad un organismo terzo rispetto al Comune valutazioni in base alle quali, poi, il responsabile del procedimento dovrà determinare l’oblazione.
La determinazione del valore venale dell’oblazione è un passaggio cruciale per il perfezionamento della sanatoria. La normativa prevede che l’importo dell’oblazione sia pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile, con un minimo di 1.032,00 euro e un massimo di 10.328,00 euro; tale meccanismo era già presente nell’originaria stesura del testo unico dell’edilizia, per la determinazione delle sanzioni ex art. 37, comma 4, in relazione agli interventi eseguiti in assenza o in difformità della Scia e per le cosiddette “fiscalizzazioni” di opere abusive per le quali non è possibile la demolizione (articoli 33, 34 e 38).
Procedura di valutazione
La procedura di valutazione del valore venale dell’immobile da parte dell’Agenzia delle Entrate segue diversi passaggi:
- Richiesta di valutazione: il comune, dopo aver ricevuto l’istanza di sanatoria, presenta una richiesta di valutazione all’Agenzia delle Entrate, allegando la documentazione necessaria.
- Sopralluogo e analisi: gli uffici competenti effettuano un sopralluogo e analizzano le caratteristiche dell’immobile, considerando fattori come la posizione, le dimensioni, lo stato di conservazione e le eventuali migliorie apportate.
- Determinazione del valore venale: sulla base delle informazioni raccolte, l’Agenzia delle Entrate determina l’aumento del valore venale dell’immobile, applicando i criteri stabiliti dalla normativa.
- Calcolo dell’oblazione: l’importo dell’oblazione è calcolato come il doppio dell’aumento del valore venale determinato, entro i limiti previsti dalla legge.
La determinazione del valore venale dell’oblazione ha diverse implicazioni per i proprietari di immobili:
- Regolarizzazione: il pagamento dell’oblazione permette ai proprietari di regolarizzare la loro posizione, ottenendo la sanatoria delle irregolarità edilizie.
- Trasparenza: la procedura di valutazione garantisce trasparenza ed equità, poiché il valore venale è determinato da un ente pubblico, diverso dal Comune, avente specifica competenza in materia.
- Costi: i proprietari devono essere consapevoli dei costi associati alla sanatoria, che possono variare in base all’aumento del valore venale dell’immobile.
Costi della perizia a carico dei comuni
L’Agenzia delle Entrate svolge attività di valutazione immobiliare e tecnico-estimative per le Amministrazioni Pubbliche e gli Enti ad esse strumentali, indicate all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
In base all’articolo 64, comma 3-bis, del D.lgs. 300 del 1999, le attività sono regolate da specifici accordi tra l’Agenzia e le Amministrazioni richiedenti e all’Agenzia spetta il rimborso dei costi sostenuti per lo svolgimento delle attività tecnico-estimative, ad eccezione dei casi in cui specifiche norme ne prevedano espressamente la gratuità.
I comuni, in quanto amministrazione pubblica di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001, rientrano nell’ambito dei soggetti ai quali l’Agenzia può erogare servizi di valutazione immobiliare. Per lo svolgimento di tali valutazioni i procedimenti sono stabiliti da appositi accordi tra l’Agenzia stessa ed i Comuni formalizzati in un protocollo di intesa.
Attualmente, tali accordi prevedono il rimborso dei costi sostenuti a carico del richiedente (che, nel caso specifico, è il comune). Tali costi sono fissati in euro 379,00 per uomo/giorno e l’importo corrispondente ad ogni singola perizia deve essere rimborsato all’Agenzia, dal soggetto richiedente, entro due mesi dalla ricezione della relativa nota di addebito.
Di regola erano previsti dai due ai cinque uomini/giorno per concludere le perizie contemplate dall’abrogato articolo 37 comma 4.
I comuni dovranno liquidare tali costi che sono contenuti in un range che va da un minimo di 758,00 euro fino ad un massimo di 1.895,00 euro, fatti salvi ulteriori addebiti derivanti da ulteriori istruttorie che si rendono necessarie, in relazione alla complessità della prestazione e alla tipologia di elaborato estimativo contenente le informazioni tecnico-estimative e di mercato effettivamente reperibili relative all’epoca di riferimento della stima.
La conseguenza è che i comuni devono prevedere, nei loro bilanci, apposite somme al fine di liquidare le perizie redatte dalle Agenzie delle Entrate, obbligatore per la individuazione dell’aumento del valore venale (doppio), necessario per la determinazione dell’oblazione da versarsi per l’efficacia delle scia in sanatoria presentate.
Potrebbe verificarsi l’ipotesi paradossale, non tanto remota, che il costo dell’operazione peritale dell’Agenzia sia addirittura superiore all’oblazione dovuta al comune dal richiedente, con la formazione di un debito in carico al bilancio comunale. Si ricorda che la norma non prevede che tali costi siano sostenuti dal richiedente la sanatoria, con la conseguenza che molti piccoli comuni non saranno in grado di sostenere tali costi aggiuntivi.
Incremento di oneri, aggravamento procedimentale e sanzioni
Un’altra particolarità che sfugge ai più è che, nel caso in cui si riscontrino (per l’immobile oggetto di determinazione dell’aumento del valore venale), in fase di sopralluogo, carenze e/o difformità rispetto alle informazioni presenti nella banca dati catastale dell’Agenzia delle Entrate, verrà contestualmente richiesto ai soggetti titolari (i proprietari degli immobili oggetto di sanatoria) di procedere all’aggiornamento della banca dati catastale, con l’applicazione di ulteriori costi e sanzioni, secondo quanto indicato dall’articolo 1, comma 277 della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Inoltre, sono previste attività di sopralluogo tra i tecnici dell’Agenzia e il Referente responsabile del Comune, al fine di verificare la corrispondenza tra lo stato di fatto e quanto emerge dai documenti acquisiti. Nel caso di difformità, l’Agenzia e il Comune procederanno contestualmente, ognuno per le proprie competenze, alle relative denunce agli ordini professionali e alle competenti autorità giudiziarie, ove si verifichino i presupposti indicati dall’articolo 44 del Tu edilizia.
A titolo di esempio si riporta ciò che è previsto dall’ articolo 44 del Tu edilizia, ove dovesse accadere ciò che ho sopra riportato:
Comma 1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica:
a) l’ammenda fino a 10.329 euro per l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire;
b) l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 5.164 a 51.645 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l’ordine di sospensione;
c) l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 15.493 a 51.645 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell’articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.
Una bella trappola per i cittadini, proprietari e tecnici, ignari del procedimento previsto dai protocolli di intesa Agenzia delle Entrate/Comuni.
Tempistica dell’Agenzia e raccordo con il silenzio assenso
Inoltre, i protocolli di intesa “tipo” Agenzia/Comuni stabiliscono che “l’esecuzione delle attività necessarie per la redazione della perizia si concludono entro il 120° giorno, salvo casi di forza maggiore e di impedimenti o ritardi ad essa non addebitabili…”
Quindi, l’Agenzia potrebbe richiedere, per l’ istruttoria peritale, un numero di giorni superiori a quelli previsti per il silenzio assenso dal comma 6 del citato art. 36-bis, vanificando le esigenze di celerità del procedimento che la normativa nazionale vorrebbe perseguire. Eppure nella relazione di accompagnamento al decreto salva casa si affermava in modo “perentorio” che: “Le misure previste non determinano incrementi di oneri amministrativi ma, al contrario, mirano a semplificare le procedure per le difformità regolate dalle presenti disposizioni. Questa scelta si è imposta anche in considerazione della sussistenza di un già notevole carico di lavoro in capo agli uffici comunali.”.
In alcuni casi accadrà l’esatto contrario: non solo ci saranno incrementi di oneri a carico del bilancio comunale, ma addirittura aggravamenti procedimentali in capo agli uffici tecnici comunali per il probabile arrivo di milioni di pratiche di sanatorie, cosi come indicato dal MIT, che interesseranno l’intera Italia.
La circolare, il listino prezzi del ministro Salvini e la “paura della firma”
Sebbene il decreto salva-casa punti alla semplificazione, dando il via libera alla sanatoria di irregolarità edilizie precedentemente non sanabili, sono sorte delle oggettive difficoltà operative su alcune disposizioni introdotte dal Dl 69/2024, ed in particolare sulla definizione e valutazione degli importi da versarsi come oblazione determinati in primis dall’Agenzia delle Entrate e, successivamente, dagli uffici tecnici comunali parametrandoli in un range compreso tra 1.032,00 euro e 10.382,00 euro.
E’ di pochi mesi fa l’annuncio, da parte del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, della prossima emanazione di una circolare esplicativa, diretta a fornire un vademecum agli uffici tecnici, utile ad accelerare l’iter procedimentale, al fine di evitare di attribuire direttamente ai dipendenti la responsabilità di determinare l’importo della sanzione, scongiurando così il rischio della paralisi amministrativa dovuta alla c.d. “paura della firma”.
Salta all’occhio la giustificazione data dal ministro Salvini in merito alla necessità di tale circolare.
Il Ministro, infatti, ha spiegato che l’esigenza di una circolare esplicativa nasce dal fatto di contrastare la c.d. paura della firma da parte dei funzionari comunali, particolarmente preoccupati, a suo dire, a causa delle indagini condotte dalla procura di Milano, e tutto ciò è stato riconfermato dallo stesso ministro nel corso del question time alla Camera, durante il quale ha risposto all’on. Erica Mazzetti sulle prossime attività del Governo nell’ambito della riforma edilizia e urbanistica.
Occorre quindi, secondo il ministro, rassicurare i funzionari comunali, fornendo loro un vademecum, che li esoneri dal dovere eseguire “complicati” calcoli attinenti determinazione dell’oblazione di cui abbiamo parlato precedentemente.
Riflessioni sulla “paura della firma”
E ‘necessaria una riflessione sul tema della cosiddetta “paura della firma” da parte dei funzionari tecnici comunali che condiziona in modo sostanziale i procedimenti non solo edilizi ma anche quelli relativi agli appalti PNRR, volano per il rilancio economico-sociale del paese.
Va ricordato che l’art. 28 della Costituzione della Repubblica Italiana recita, testualmente: «I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici».
Riporto quanto affermato dal Procuratore regionale presso la Corte dei Conti del Veneto, Paolo Evangelista, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2021 e dal Procuratore generale della Corte dei conti Angelo Canale in un convegno tenutosi a luglio 2021 a Madonna di Campiglio.
Il dott. Evangelista afferma: «Suscita non pochi dubbi la considerazione che, alla base della scelta del legislatore, vi sia il convincimento che il timore di incorrere nella responsabilità amministrativa-contabile determinerebbe la c.d. “paralisi della firma” dei funzionari e dirigenti pubblici, inducendoli a condotte dilatorie ed ostative al valore del “fare” ovvero al perseguimento dell’efficacia, efficienza ed economicità dell’agire pubblico».
Secondo Evangelista le cause che ostacolano l’efficienza e l’efficacia dell’agire della P.A. hanno ben altra origine: la complessa disciplina normativa e regolamentare tra cui divincolarsi (a titolo di esempio, in materia di edilizia, urbanistica e appalti pubblici), la frammentazione e la sovrapposizione delle competenze ma anche la farraginosità dei processi decisionali.
Dello stesso parere è anche Angelo Canale, Procuratore generale della Corte dei conti. Nel convegno, tenutosi a Madonna di Campiglio dal titolo «Pubblica amministrazione e impiego pubblico: prospettive di riforma nel quadro delle iniziative di ripresa del Paese», Canale ha dichiarato che: « …non si tratta di paura della firma ma, piuttosto, di paura di fare a causa della giungla normativa, della scarsa preparazione e della penuria dei mezzi con cui si devono confrontare le amministrazioni pubbliche e i loro dirigenti e amministratori».
In un’altra occasione, il dott. Canale ha sostenuto che “… illustri studiosi hanno evidenziato che la «paralisi del fare», che esiste e certamente va contrastata, è tuttavia ascrivibile in larga misura alla farraginosità delle regole, alla esondazione o ipertrofia normativa, alla tortuosità dei percorsi decisionali…” (intervento al convegno «La Corte dei conti ai tempi del “Recovery plan: quale ruolo tra responsabilità amministrativa-contabile, semplificazioni e investimenti”», organizzato dal Centro di ricerche sulle amministrazioni pubbliche Vittorio Bachelet dell’Università Luiss Guido Carli e dalla Corte dei Conti, svoltosi il 25 marzo 2021).
Quindi, come autorevolmente affermato dagli stessi magistrati contabili, non è la “paura della firma” a bloccare la macchina amministrativa, ma è la cattiva organizzazione dell’intero apparato pubblico, compresa la scarsa qualità di norme, statali e regionali, che aggiungono confusione a confusione, affidandosi a successive interpretazioni giurisprudenziali, spesso contrastanti, e a circolari e pareri di organismi che si sostituiscono legislatore per rendere comprensibile ciò che comprensibile non è.
È perciò vero che il funzionario pubblico ha timore, ma non di assumersi le proprie responsabilità; piuttosto ha paura di chi dovrebbe guidarlo e supportarlo, con norme chiare e provvedimenti non contraddittori, e per questa paura non c’è circolare che tenga.
Conclusioni
Dopo la conversione in legge del decreto 69, diversi comuni hanno richiesto alle competenti articolazioni provinciali dell’Agenzia delle Entrate di convenzionarsi con apposito protocollo di intesa, proprio al fine di determinare il valore venale necessario per il calcolo dell’oblazione dovuto per le sanatorie del salva-casa. Le Agenzie stanno rispondendo che sono carenti di risorse umane per riuscire a gestire tutte le richieste e che quindi si rinvia al 2025 le eventuali stipule delle convenzioni con i vari comuni di riferimento.
Ancora una volta, l’applicazione del salva-casa fa emergere una “imbarazzante” mancata pianificazione dei procedimenti connessi, soprattutto in rapporto alle semplificazioni e all’urgenza indicate nella relazione illustrativa della mission del decreto.
In conclusione, si auspica che la circolare “promessa” dal Ministro Salvini preveda non solo tale coordinazione Agenzia/Comuni, ma detti anche i criteri e le metodologie estimative di calcolo dell’aumento di valore venale dell’immobile da parte dell’Agenzia delle Entrate in forma unitaria, omogenea e non differenziate. Il timore è che possono emergere difformità edilizie che verranno valutate in modo differenziato a seconda dell’Agenzia provinciale di competenza.
Attendiamo…