oggi primo giro di audizioni al Senato
Il Consiglio di Stato: nel Testo Unico rinnovabili restano troppi VINCOLI per l’edilizia libera
E’ la conferma di quanto lamentato ad agosto dalle imprese del settore rinnovabili. Le lacune ravvisate al riordino normativo sono numerose. Quelle energetiche, per cui non combaciano gli obiettivi di capacità da fonte green tra quanto indicato dal Piano per la transizione ecologica e quanto compare nella relazione istruttoria. Quelli procedurali, tra cui la mancanza dell’intesa raggiunta in Conferenza unificata. Oggi, intanto le audizioni delle imprese al Senato

Sede del Consiglio di Stato
IN SINTESI
Il nodo edilizio per i nuovi impianti rinnovabili si attorciglia sempre di più. Dopo le lamentele delle imprese green, è il Consiglio di Stato a certificare nel parere 01216/2024 (non vincolante, del 12 settembre, richiesto ad agosto dal ministero per la Pa) le lacune del Testo Unico Fer che punta a semplificare, almeno sulla carta, le procedure autorizzative. Sulla carta, appunto. Perché “va notato però che la documentazione in atti non offre uno raffronto specifico, anzitutto sotto il profilo dell’accelerazione delle procedure tra i regimi vigenti (tra i quali le procedure di autorizzazione, secondo stime di un’associazione di categoria riportate nella relazione Air, “si discostano in media di 66 mesi dai massimi teorici”) e quelli che si intende introdurre, né, soprattutto, elementi specifici in merito alla coerenza dei tempi per il conseguimento dei titoli che risultano necessari ai sensi degli artt. 7, 8 e 9 con gli obiettivi temporali della direttiva 2024/2413”. Ecco quindi il nodo edilizio. “Seppure l’allegato D dispone l’abrogazione, tra l’altro, dell’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 28/2011, che prevede anche i regimi amministrativi della comunicazione relativa alle attività in edilizia libera e della dichiarazione di inizio lavori asseverata, l’attività definita libera dall’art. 7 resta sottoposta alle disposizioni del d.P.R. n. 380/2001 ai sensi dell’art. 1, comma 1, secondo periodo, che stabilisce che Restano ferme le disposizioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 ai fini dell’acquisizione del titolo edilizio necessario alla realizzazione degli interventi di cui al presente decreto“.
Nel Testo Unico mancano tempi e modi utili alle amministrazioni
Ma i nodi sono anche prettamente “energetici”. Nella relazione illustrativa dello schema di decreto mancano, ad esempio, “adeguati elementi informativi in merito ai tempi necessari per l’attuazione dell’obiettivo indicato dalla rubrica dell’art. 5, avuto riguardo alla prescrizione dell’art. 16, par. 3, della direttiva Red II (come modificata dalla direttiva 2024/2413) che stabilisce che “Entro e non oltre il 21 novembre 2025 gli Stati membri provvedono affinché tutte le procedure di rilascio delle autorizzazioni siano svolte in formato elettronico”, nonché alla raccomandazione (Ue) 2024/1343 della Commissione europea in merito all’introduzione di procedure autorizzative completamente digitali e di sistemi di comunicazione elettronica entro la stessa data del 21 novembre 2025, anche con strumenti di intelligenza artificiale. Tali elementi appaiono necessari considerando che la piattaforma Suer costituisce lo strumento imprescindibile per la presentazione ed è quindi determinante per il raggiungimento del dichiarato obiettivo acceleratorio”. Per ricordare, Suer è acronimo di Sportello unico dell’energie rinnovabili e costituirà il riferimento unico per adempiere alle procedure amministrative.
Già, ma come adempiere? Per il Consiglio, ” si deve evidenziare l’insufficienza di quanto comunicato ai fini della dimostrazione dell’effettività dell’esercizio del potere di proposta da parte di tutti i soggetti istituzionali ai quali è stato attribuito dalla legge di delega. Le dichiarazioni con cui si esprime la co-proponenza e il parere favorevole alla coproponenza costituiscono asserzioni formali (postume rispetto sia all’esame preliminare da parte del Consiglio dei Ministri sia alla trasmissione dell’atto a questo Consiglio) che, sotto il profilo sostanziale, non rendono in alcun modo percepibile il contributo delle Amministrazioni ai contenuti dello schema di decreto”.
Quali sono i veri obiettivi di apporto dalle Fer?
Non solo. La relazione istruttoria, scrive il Consiglio di Stato, “richiama il Piano per la transizione ecologica (Pte) laddove prevede che l’apporto delle energie rinnovabili alla generazione elettrica dovrà raggiungere almeno il 72% entro il 2030 e stima che il fabbisogno di nuova capacità Fer da installare debba attestarsi intorno a 70-75 Gw, vale a dire tra 7 e 8 Gw/anno“. Ma “tale dato non pare allineato al target previsto dalla relazione Air, con riferimento agli indicatori di monitoraggio degli obiettivi dello schema in esame, che è pari, per le fonti eoliche e fotovoltaiche, a 108 Gw complessivi al 2030”. Inoltre, “la relazione Air e la relazione illustrativa non forniscono elementi informativi in merito agli effetti attesi dai regimi amministrativi previsti dallo schema in termini di contributo anche alla garanzia di una capacità di stoccaggio o, comunque, di una disponibilità di energia adeguata alla domanda energetica delle diverse categorie di consumatori e agli oneri attesi per ciascuna di esse. Tale aspetto appare cruciale considerata la natura intermittente e non programmabile delle fonti rinnovabili”.
Nessuna indicazione, ancora, neppure sullo stato di attuazione di strumenti quali “l’accelerazione delle procedure, la mappatura delle zone necessarie e l’individuazione delle zone di accelerazione (in cui i progetti fruiscono di significative riduzioni dei tempi di realizzazione)”, che “costituiscono strumenti concorrenti per il raggiungimento degli obiettivi”. Tantomeno, si legge ancora nel parere, viene offerto “un raffronto specifico, anzitutto sotto il profilo dell’accelerazione delle procedure tra i regimi vigenti e quelli che si intende introdurre, né, soprattutto, elementi specifici in merito alla coerenza dei tempi per il conseguimento dei titoli che risultano necessari”. Insomma, conclude il CdS, “traspare dall’esame dell’atto una tecnica normativa lacunosa, non solo non puntualmente correlata alle specifiche previsioni delle fonti dell’Unione europea, ma anche sostanzialmente antitetica, laddove adotta il metodo delle abrogazioni aspecifiche, all’obiettivo della semplificazione del quadro normativo nazionale”. Che ancora semplice non è.