Riflessioni sulla formazione delle stazioni appaltanti in materia di Gestione Informativa

25 Mag 2025 di Angelo Ciribini

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Il tema della formazione alla digitalizzaizone dei funzionari e dei dirigenti, non solo delle amministrazioni pubbliche, ma, più generalmente, di tutte le stazioni appaltanti, appare attualmente di grande attualità. Esso, peraltro, figura tra i requisiti cogenti che il Codice dei Contratti Pubblici prevede per le stazioni appaltanti e per gli enti concedenti in materia di GID, di Gestione Informativa Digitale. Naturalmente, i livelli e i contenuti dei programmi formativi possono variare enormemente tra di loro e riguardare metodi, processi, prodotti e strumenti.

Alcuni programmi formativi sono, inoltre, oggi offerti gratuitamente da parte delle istituzioni pubbliche e degli enti pubblici preposti, tendenzialmente a titolo gratuito. A lato di ciò, figurano ovviamente i materiali informativi e formativi messi a disposizione in occasione dei corsi medesimi. Dalla esperienza personale dell’autore di questa nota si può affermare che si possa riscontrare mediamente un certo autentico interesse per l’argomento, motivato non solo dai vincoli legislativi e dall’adempimento formale, ma, al netto delle lodevoli eccezioni, è altresì facile osservare una forte estraneità dell’uditorio ai contenuti offerti, nel senso che questi appaiono sostanzialmente decontestualizzati rispetto a prassi analogiche inveterate. Sostanzialmente, che si tratti di estrarre un elaborato grafico da un modello informativo o di generare, sempre da esso, un computo metrico, la logica che pare la più immediata e comprensibile riguarda la possibilità, appunto di trattare documenti e documentazioni, di impiegare il dato per migliorare il documento o l’atto.

Anche laddove si pratichi la funzionalità della modellazione informativa più apprezzata, vale a dire il controllo del modello informativo, l’attenzione si incentra sull’analisi o, meglio, sulla visualizzazione, del conflitto spaziale, sulla interferenza, tra entità geometrico-dimensionali. Del resto, il modello informativo resta principalmente inteso come la rappresentazione tridimensionale degli esiti della progettazione. Parimenti, nel cosiddetto Ambiente di Condivisione dei Dati i modelli informativi restano i principali elementi da «ospitare» più che non da gestire.

Orbene, se si pensa che inizino oggi a esistere Ambienti in grado di mettere in relazione, di rendere visibili e di interrogare contenuti informativi presenti nei contenitori più disparati, dai modelli informativi stessi ai «documenti» in .docx o in .pdf (come relazioni e altro), oltre che nei contenitori informativi legati al calcolo delle strutture e degli impianti (e di altro), si può facilmente realizzare come la possibilità di gestire e di elaborare dati, del tutto o quasi a prescindere dalla natura dei supporti documentali che possano veicolarli, stia agli antipodi della concezione corrente che si possa rinvenire nelle stazioni appaltanti o negli enti concedenti.

Non a caso, la reazione dei più alla dimostrazione di questi dispositivi non riguarda, anzitutto, la loro potenzialità, bensì lo sforzo che essi comportano. Questi Ambienti avanzati permettono, del resto, di utilizzare in sinergia dati provenienti anche da soluzioni geo-spaziali (dall’informazione geografica più tradizionale a quella satellitare), da soluzioni legate all’Internet of Things o alle diverse Reality, e così via, divenendo la pietra angolare di un intero ecosistema digitale che è destinato inevitabilmente a interagire con quelli nazionali strategici legati ai dati e ai contratti pubblici, ma pure con lo Spazio Europeo. D’altronde, è chiaro come l’obiettivo di medio termine, sia della singola stazione appaltante sia del sistema nazionale, debba essere quello della raccolta e della capitalizzazione di data set adeguati in funzione delle valutazioni predittive finalizzate a mitigare i rischi di insuccesso degli investimenti e a valorizzarne l’utilità al cospetto degli attori finanziari.

Giova, peraltro, rammentare come sia già possibile, in teoria, assicurare la continuità della trasmissione di flussi e di contenuti informativi dall’area della pianificazione sociale e della programmazione economico-finanziaria degli investimenti pubblici a quella dei processi di acquisizione di servizi, di forniture e di lavori per il tramite dell’approvvigionamento digitale, a quella della rendicontazione economico-finanziaria dell’esito prestazionale degli interventi e a quello della gestione del patrimonio edilizio e infrastrutturale. Ciò salderebbe, ad esempio, gli interessi informativi di ANAC, del MIT e del MEF oppure coinvolgerebbe, per quanto riguarda gli enti locali, i revisori dei bilanci o supporterebbe la gestione del contenzioso in sede giurisdizionale oppure no.

Non solo, ma le soluzioni tecnologiche che si ascrivono alla categoria più generale di Intelligenza Artificiale, mostrando capacità emergenti sempre maggiori, consentono sempre più di ricondurre contenuti informativi non strutturati a processi e a modalità che esaltino la centralità del dato. Ancora, si può affermare che l’insieme delle soluzioni tecnologiche digitali, ormai sterminate e non certo limitate alla modellazione informativa, che siano hardware o software o ibride, dovrebbero essere pensate, negli uffici, nei cantieri e nei beni immobiliari e infrastrutturali, come generatrici di flussi di dati o di informazioni che abbisognino di una razionalità propria e di una infrastruttura architetturale per dar luogo a previsioni, a valutazioni e a decisioni. Il fatto medesimo per il quale tale centralità ponga a oggetto del contratto il corredo informativo digitalizzato (che si parli o meno dei Gemelli Digitali), accanto alla produzione del bene fisico, farebbe sì che il committente, pubblico o privato, tanto più se anche gestore, dovrebbe ripensare addirittura la propria identità. Occorre, poi, riconoscere come la tematica della Gestione Informativa Digitale, GID per la legislazione sui contratti pubblici, ma Information Management per i mercati internazionali, abbia, appunto, ormai nettamente oltrepassato i confini del Building Information Modelling e, comunque, abbia dato origine a un corpo dottrinale e terminologico ampio e rigoroso che, però, risulta difficilmente praticabile ai neofiti.

Lo stesso corpo, approssimandosi sempre maggiormente all’Ingegneria dell’Informazione e della Comunicazione, richiederebbe conoscenze e competenze sempre più raffinate, solo in parte surrogabili da soluzioni facilitate, come mediante il linguaggio visivo per la programmazione oppure tramite assistenti virtuali. Rimane, in primo luogo, dunque, la necessità di far accettare ai funzionari e ai dipendenti delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti l’opportunità di agire attraverso i dati, anziché attraverso i documenti, che siano dematerializzati o meno, ma, soprattutto, di far comprendere l’evoluzione dell’oggetto contrattuale in relazione alla centralità del ciclo di vita del bene, ovvero della vita utile di servizio del medesimo.

Il punto è che raccogliere data set per il medio termine e pensare alla gestione del cespite nel lungo periodo sono finalità estranee al vissuto quotidiano degli operatori. La fluidità e la continuità dei flussi informativi danno vita, infine, alla necessità di dialogare tra culture diverse all’interno della stessa amministrazione e fanno assumere ulteriori responsabilità alle dirigenze apicali. Sinché questi nodi non saranno affrontati, non si potrà che rimanere alla superficie della trasformazione digitale.

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