ENERGIA

Eolico offshore, 25-50GW al 2050. Rapporto pareri-istanze al 23%

Secondo le stime dettagliate dal professor Livio De Santoli (La Sapienza) al summit organizzato da Anev, con investimenti tra i 10 e i 20 miliardi verrebbero mobilitati fino a 60mila nuovi posti di lavoro full time. “Le condizioni per cambiare passo ci sono tutte: abbiamo tecnologie mature, una filiera industriale pronta, competenze consolidate e ampie aree marine adatte allo sviluppo.

20 Lug 2025 di Mauro Giansante

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L’eolico offshore può essere un vero e proprio volano dell’economia italiana, oltre che della transizione energetica in corso. Secondo uno studio appena presentato dall’università La Sapienza in occasione del summit organizzato da Anev, al 2050 si stimano 25-50 gigawatt di installazione da eolico flottante, in linea con le previsioni Terna-Snam da 15 GW al 2040 (70-140 TWh/a su circa 700 elettrici) mentre il Pniec vede al 2030 2,1 gigawatt e il Fer II 3,8 GW. E l’impatto economico-occupazionale, con 10-20 miliardi di investimenti può generare fino a 60mila dipendenti full-time. Peraltro, in un contesto in cui secondo un sondaggio allegato allo studio vede un elevato consenso popolare per l’eolico in mare: 86,9%, grazie alle motivazioni di  alta produzione e stabilità energetica, compatibilità spaziale, potenziale industriale.

Scenari a dir poco importanti per il settore e il sistema-Italia intero che cozzano con la realtà odierna in cui i progetti energetici faticano a decollare in generale e ancor più quelli offshore. Infatti, secondo i numeri presentati al summit da Elisa Scotti, coordinatrice della sottocommissione Pniec, dal 2021 a oggi rispetto alle 1.600 istanze sul solare e le 600 sull’eolico onshore, l’offshore si ferma a 26 con soli 6 pareri emessi (23%). Eppure, se i progetti solari ispezionati cubano 74 GW quelli offshore pur essendo molti di meno coprono 19 gigawatt.

Il “potenziale per creare la filiera” citato nel videomessaggio dal ministro Pichetto viene confermato, insieme alle difficoltà burocratiche, anche da Legambiente nel nuovo report appena pubblicato. L’associazione verde ha, infatti, mappato 93 progetti presentati, di cui 88 di eolico galleggiante, distribuiti da dieci Regioni per 74 gigawatt complessivi. Le isole e la Puglia sono le Regioni più coinvolte (con 26, 25, 24 progetti) ma come di consueto prevale la lentezza burocratica degli iter amministrativi. Infatti, anziché di 175 giorni il tempo medio delle valutazioni d’impatto ambientale è pari a 340 giorni. Anche in merito ai pareri del Mic, rispetto al normale cursus da 140 giorni (compresi nei 175 di Via) i tempi sono costantemente più lunghi.

Ci sono poi i dati sulle richieste di connessione alla rete Terna: 132 istanze, -5% sul 2023, per 89,9GW totali di potenza in 12 Regioni, dove emergono Marche e Veneto (600 e 560 MW). A livello provinciale, invece, Trapani in Sicilia è quella più attiva, con 11,2 GW di richieste, pari al 12,7% del totale delle richieste, seguita da Sud Sardegna con 9,52 GW e dalla provincia di Barletta-Andria-Trani, in Puglia, con 6,24 GW. Secondo Enrico Maria Carlini, responsabile Pianificazione del Sistema elettrico e autorizzazioni di Terna, “per integrare i 300GW previsti al 2050 occorrono oltre 400 GW di capacità di trasmissione, tra reti offshore e reti a terra. Nei prossimi anni, anche grazie all’elettrificazione dei consumi, dai 312 terawattora di oggi dovremo passare intorno a 360 TWh, grazie alla mobilità elettrica, alle pompe di calore a livello domestico e alla produzione di idrogeno. Oggi la percentuale coperta da fonti rinnovabili nel 2024 è stata del 41%: dobbiamo arrivare al 63% entro il 2030 e al 76% entro il 2040. Per fare questo, dovremo passare dagli attuali 50 GW di impianti installati a 107 nel 2030 e a 170 nel 2040”.

Per il presidente di Anev, l’associazione delle imprese eoliche, Simone Togni “l’eolico offshore in Italia è rimasto troppo a lungo in attesa, bloccato da ritardi normativi, incertezze autorizzative e da una visione frammentata. Oggi però le condizioni per cambiare passo ci sono tutte: abbiamo tecnologie mature, una filiera industriale pronta, competenze consolidate e ampie aree marine adatte allo sviluppo. È arrivato il momento di agire”. Speranze e stimoli condivisi anche da Stefano Ciafani, numero uno di Legambiente: “Per l’eolico offshore di Taranto, il primo e al momento l’unico presente in Italia, ci sono voluti 14 anni per realizzare l’impianto, ci auguriamo che per gli altri i tempi siano di gran lunga inferiori. Dobbiamo accelerare sulla transizione energetica. Per questo riteniamo che sia un errore il ricorso presentato in queste ore dal Mase al Tar del Lazio rispetto alla questione aree idonee. scelta poco lungimirante da parte del Mase che non farà altro che allungare ancora di più i tempi per il raggiungimento degli obiettivi al 2030”.

Proprio al governo, e ai ministeri più interessati, Anev ha inviato una serie di proposte concrete per sbloccare la situazione: una filiera industriale a supporto del settore, parallela ad esso, riduzione dei tempi di approvvigionamento delle componenti utili alla realizzazione degli impianti eolici offshore e l’indipendenza che ne deriverebbe dall’avere a disposizione le industrie capaci di supportare il processo di transizione energetica. Con l’obiettivo di dare una certa celerità nella costruzione degli impianti e rendere il nostro Paese più competitivo. Perché, come ha ribadito Togni al summit, “il settore offshore finora non è mai partito”.

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