LA NUOVA BOZZA
Dl Energia, nuove linee per le aree idonee: impianti in terreni agricoli solo entro 350m da siti industriali. “Impulso” alle Regioni
Chi non muore si rivede, è il caso di dirlo. Dal nulla, ieri, è rispuntato il decreto energia tanto chiacchierato nelle ultime settimane. Da una parte da chi si chiedeva che fine avesse fatto dopo la prima bozza di luglio. Dall’altra, dal ministro Pichetto Fratin che da settimane ne promette lo sbarco in Consiglio dei Ministri. Eccolo qui, finalmente. Non più cinque articoli ma dodici, frutto anche del lavoro di compromesso tra Mase e Masaf. Infatti, rispetto alla versione estiva, nel nuovo testo visionato da Diario Diac emergono i dettagli della nuova e forse definitiva mappa delle aree idonee ad ospitare gli impianti rinnovabili e i relativi regimi amministrativi. Andando in ordine, allora, sono idonei i siti quali: quelli “ove sono già installati impianti della stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica, anche sostanziale, per rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione, eventualmente abbinati a sistemi di accumulo, che non comportino una variazione dell’area occupata superiore al 20 per cento”; “le cave e le miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento”; “le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati”; “i siti e gli impianti nelle disponibilità delle società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie, nonché delle società concessionarie autostradali”; “i siti e gli impianti nella disponibilità delle società di gestione aeroportuale all’interno dei sedimi aeroportuali, ivi inclusi quelli all’interno del perimetro di pertinenza degli aeroporti delle isole minori”; “i beni del demanio militare o a qualunque titolo in uso al Ministero della difesa”; “i beni del demanio o a qualunque titolo in uso al Ministero dell’interno, al Ministero della giustizia e agli uffici giudiziari”; “i beni immobili, individuati dall’Agenzia del demanio, sentito il Ministero dell’economia e delle finanze, di proprietà dello Stato, non contemplati in programmi di valorizzazione o dismissione di propria competenza, nonché i beni statali individuati dalla medesima Agenzia di concerto con le amministrazioni usuarie, in uso alle stesse”. Gli impianti fotovoltaici sono, poi, ammessi anche ne “le aree interne agli stabilimenti e agli impianti industriali, non destinati alla produzione agricola” ma anche “le aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 350 metri dal medesimo impianto o stabilimento”. Allargato a 500 metri per gli impianti di biometano. Mentre per il fotovoltaico a terra il limite è lo stesso, purché per interventi di rifacimento e potenziamento senza nuova occupazione. Ancora sulle aree idonee in zone agricole: “non sono inferiori allo 0,8 per cento delle superfici agricole utilizzate (Sau) né superiori al 3 per cento delle Sau medesime”. Quanto alle aree autostradali, la distanza fissata è di 300 metri, inclusi poi: “gli edifici e le strutture edificate e relative superfici esterne pertinenziali; le aree a destinazione industriale, direzionale, artigianale, commerciale, ovvero destinate alla logistica o all’insediamento di centri di elaborazione dati; le aree adibite a parcheggi, limitatamente alle strutture di copertura; gli invasi idrici, i laghi di cave e le miniere dismesse o in condizioni di degrado ambientale; gli impianti e le relative aree di pertinenza ricadenti nel perimetro di competenza del servizio idrico integrato”.
Nei criteri cui devono guardare le Regioni, il decreto menziona la tutela del patrimonio culturale e il paesaggio ferma restando l'”impossibilità di prevedere divieti generali e astratti all’installazione di impianti a fonti rinnovabili” e la priorità da dare a zone “come aree idonee le superfici e le strutture edificate o caratterizzate dall’impermeabilizzazione del suolo, anche al fine di favorire l’autoconsumo individuale e collettivo”. Guardando alle aree idonee offshore, cioè in mare, nel testo della bozza si legge che sono idonee “le piattaforme petrolifere in disuso e le aree distanti 2 miglia nautiche da ciascuna piattaforma” e “i porti, per impianti eolici di potenza fino a 100 MW di potenza installata, previa eventuale variante del piano regolatore portuale, ove necessaria, da adottarsi entro sei mesi dalla presentazione dell’istanza di autorizzazione unica”.
Quanto ai regimi amministrativi, il parere paesaggistico è obbligatorio ma non vincolante. Il dl stabilisce, poi, che “entro dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ciascuna regione e provincia autonoma individua, con propria legge, aree idonee all’installazione di impianti da fonti rinnovabili, ulteriori” e che “il dipartimento per gli Affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri esercita funzioni di impulso”. Sarà, invece, il Mase a pubblicare sul proprio sito internet istituzionale un vademecum per i soggetti proponenti, con adempimenti e informazioni necessarie all’autorizzazione degli interventi.
Per il resto, sono confermate le misure relative alla connessione alla rete degli impianti alimentati a fonti rinnovabili, all’iter accelerato per il rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione di data center, alla Ccs (cattura e stoccaggio della CO2). Per promuovere la concorrenza nel mercato all’ingrosso del gas naturale in Italia, integrare il mercato italiano con quello europeo, e mitigare gli effetti dei costi di trasporto che aumentano i prezzi del gas importato in Italia, Arera introdurrà un nuovo “servizio di liquidità”. L’Autorità selezionerà, tramite “procedure competitive”, gli operatori che si impegneranno a offrire sui mercati a pronti quantitativi giornalieri di gas naturale a prezzi calmierati (basati sulla somma tra i prezzi registrati al TTF e un corrispettivo funzionale a contenere il rischio di volatilità dei prezzi di mercato). Nella bozza del decreto non figura più la norma, presente nella bozza circolata a fine luglio, che consentiva ad Arera di applicare corrispettivi di entrata negativi al punto di entrata che collega la rete di trasporto italiana quella svizzera.
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A proposito di fotovoltaico, sempre ieri il centro di ricerca Ref ha redatto un nuovo paper secondo cui il modello adottato per i rifiuti elettronici andrebbe esteso anche ai pannelli solari. Anzitutto, sui finanziamenti cosiddetti generazionali “permetterebbe di attribuire ai produttori la responsabilità economica per la gestione del fine vita in proporzione all’immesso sul mercato anno per anno”. Il principio cardine è che i costi relativi alla raccolta e alla gestione dei Raee siano sostenuti dai produttori attivi sul mercato nell’anno in cui tali costi si generano, in base alla quota di mercato detenuta, determinata sul criterio del peso delle apparecchiature immesse sul mercato nazionale nell’anno solare precedente”. Va poi creato “un raggruppamento ad-hoc” per la gestione dei rifiuti da pannelli fotovoltaici. In linea con gli obiettivi europei di revisione della Direttiva Raee all’interno del Circular Economy Act del 2026. “Questa misura consentirebbe di adottare una governance settoriale più efficiente, capace di valorizzare le specificità tecniche, operative ed economiche proprie di questa tipologia di apparecchiatura”. Ancora, occorrerebbe eliminare “la distinzione tra pannelli domestici e professionali” e potenziare “la rete di raccolta con distributori e installatori”. Infine, superare il “legame tra matricola e garanzia finanziaria” per far sì che “il contributo Epr” sia “associato a una singola matricola”, e per “adottare un approccio di responsabilità collettiva basato sul metodo generazionale. In questo schema, i fondi accantonati continuano a essere utilizzati per la gestione dei pannelli a fine vita, ma senza più necessità di corrispondenza con il codice seriale specifico”.