ISTAT CONFERMA CRESCITA ZERO

Bce: dal Pnrr spinta fino a 1,9 punti percentuali del Pil entro il 2026

L’istituto di statistica certifica la stagnazione del terzo trimestre ma, rispetto, alle stime preliminare corregge lievemente al rialzo la crescita acquisita per il 2024 da +0,4% a +0,5%. Da un report della Bce emerge che Italia e Spagna saranno i Paesi che beneficeranno dei maggiori impatti sul Pil grazie al Pnrr. Intanto, a ottobre è tornata a risalire l’occupazione mentre il tasso di disoccupazione tocca i minimi al 5,8%, livello che non si riscontrava dall’aprile 2007.

03 Dic 2024 di Maria Cristina Carlini

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Crescita zero nel terzo trimestre. Dopo la stima preliminare di fine ottobre, arriva dall’Istat il dato definitivo che certifica la stagnazione dell’economia italiana tra luglio e settembre. Un dato lievemente positivo c’è, comunque, ed è quello della variazione acquisita della crescita nel 2024 che viene indicata a +0,5% rispetto alla prima stima di +0,4%. Se pur in miglioramento, il dato è ancora lontano dagli obiettivi di crescita dell’1%. Se dall’istituto di statistica viene confermato un percorso di crescita stentata, è dalla Bce, invece, che arriva una proiezione  più positiva. Infatti, secondo un occasional paper pubblicato dall’Eurotower, grazie al contributo del Recovery and Resilience Facility (RRF) – il meccanismo europeo per finanziare gli aiuti poi incanalati nei piani nazionali –  l’Eurozona potrebbe registrare il potenziale per aumentare il livello del prodotto interno lordo dell’area dell’euro di circa lo 0,4-0,9% entro il 2026 e dello 0,8-1,2% entro il 2031, a seconda della produttività del capitale e del grado di assorbimento dei fondi RRF. Si tratta di stime al ribasso rispetto alle valutazioni precedenti “a causa di ritardi diffusi nell’attuazione delle spese e delle riforme collegate”. Ma sono soprattutto in Italia e Spagna che, secondo la Bce, dovrebbero registrare un impatto significaticamente maggiore. Per il periodo fino al 2026, dell’1,3-1,9% in Italia e dell’1,2-1,7% in Spagna mentre fino al 2031 sarebbero rispettivamente fra 0,6 e 1,5% in Italia e 0,7-1,4% in Spagna. Questi effetti superiori in Italia e Spagna sono dovuti principalmente al fatto che la spesa finanziata dall’RRF rappresenti un’elevata quota del PIL complessivo per via della richiesta molto più elevata (che non ha coperto solo i grant ma anche una quota consistente di prestiti).

La BCE spiega che “il contributo delle riforme strutturali a questi effetti di output aumenterà nel tempo, mentre l’impatto inizialmente prevalente della spesa pubblica finanziata dall’RRF svanirà” mentre è atteso anche un calo del rapporto debito pubblico/PIL per i principali Stati membri dell’area dell’euro beneficiari del Next Generation EU. Sia per l’Italia che per la Spagna, l’impatto complessivo di riduzione del debito dell’RRF è stimato in circa 7-8 punti percentuali entro il 2031 nello scenario base ipotizzando una produttività media del capitale e un elevato assorbimento dei fondi nei prossimi due anni. Ma la BCE pone anche l’accento sui benefici “seppur modesti” dei fondi europei sulla “qualità delle istituzioni in alcuni paesi beneficiari, in particolare in Italia” dove è possibile “una piccola spinta alla crescita potenziale del Pil nel lungo periodo, fino a 0,15 punti percentuali.

Tornando ai dati dell’Istat, il prodotto interno lordo, espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2020, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è, dunque, rimasto stazionario, riferisce l’istituto di statistica, rispetto al trimestre precedente ed è cresciuto dello 0,4% nei confronti del terzo trimestre del 2023. Anche in questo caso, il dato tendenziale ə stato confermato. La crescita nulla del Pil sottende elementi contrastanti delle principali componenti della domanda. Rispetto al trimestre precedente, tra gli aggregati della domanda interna, i consumi finali nazionali crescono dell’1%, mentre gli investimenti fissi lordi diminuiscono dell’1,2%. Il calo degli investimenti è stato determinato soprattuto dalla spesa in impianti, macchinari e armamenti, diminuitadel 3,9%, con la componente in mezzi di trasporto in calo del 5,9%, da quella delle abitazioni diminuita dell’1,1% e dalla spesa in prodotti di proprietà intellettuale diminuita dello 0,5%. Per contro, in crescita dell’1,8% la spesa in fabbricati non residenziali e altre opere, mentre gli investimenti in risorse biologiche coltivate sono risultati stazionari.

 Le importazioni crescono dell’1,2% mentre le esportazioni diminuiscono dello 0,9%. La domanda nazionale al netto delle scorte registra un contribuito positivo di 0,5 punti percentuali alla crescita del Pil: +0,8 i consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private ISP, -0,3 gli investimenti fissi lordi e contributo nullo della spesa delle Amministrazioni Pubbliche (AP). La variazione delle scorte ha contribuito positivamente alla variazione del Pil per 0,2 punti percentuali, mentre il contributo della domanda estera netta è risultato negativo di 0,7 punti percentuali. Nel terzo trimestre si registrano andamenti congiunturali negativi del valore aggiunto nel comparto dell’industria in senso stretto in calo dell’1%nei servizi di informazione e comunicazioni dello 0,9%, nelle attività immobiliari dello0,8%, nelle attività professionali dello 0,5%, nell’amministrazione pubblica, difesa, istruzione e sanità dello 0,1%,nelle attività artistiche, di intrattenimento e degli altri servizi dello 0,6%. Per contro, il valore aggiunto risulta in crescita nel comparto del commercio, riparazione di veicoli, trasporto, magazzinaggio, alloggio e ristorazione dell1,5%nelle attività finanziarie e assicurative dell0,7% e nelle costruzioni dello 0,3%. Stazionario l’andamento nel settore dell’agricoltura, silvicoltura e pesca

Nel raffronto con le principali economie europee, il dato italiano si conferma essere quello peggiore in termini congiunturali: in Francia si è registrato +0,4% e in Germania +0,2%, dato che allontana la recessione. In termini tendenziali, la Francia ha ha segnato un +1,3% mentre la debolezza della Germania determina un -0,2%. Nel complesso, il Pil dei Paesi dell’euro è cresciuto dello 0,4% rispetto al trimestre precedente e dello 0,9% rispetto allo stesso periodo del 2023. Negli USA, la crescita congiunturale ē stata dello 0,7% mentre quella tendenziale del 2,7%.

Intanto, ieri, l’Istat ha diffuso i dati sul mercato del lavoro di ottobre che vedono risalire l’occupazione, dopo il calo di settembre, e una disoccupazione ai minimi dal 2027 Il numero di occupati è tornato a crescere e, con 47mila unità in più, porta il numero di persone con un posto di lavoro a quota 24 milioni 92mila. Il tasso di occupazione sale al 62,5%. Un aumento che di riflesso vede anche il tasso di disoccupazione scendere nello stesso mese al 5,8%, un livello che non si riscontrava dall’aprile del 2007. Cala anche al 17,7% il tasso di disoccupati tra i giovani. Aumenta il tasso di inattivi, +0,2% pari a +28 mila unità tra le donne under 35 mentre diminuisce tra gli uomini e le altre classi di età.

 

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