Il “quinto d’obbligo” rimane confermato nelle prescrizioni del Codice mentre non compare nel Correttivo appena approvato
Completamente ignorato dal Correttivo di cui al Decreto legislativo n. 209/2024, nonostante le modifiche proposte da alcune iniziative parlamentari che lo hanno preceduto, il cosiddetto “quinto d’obbligo” è rimasto confermato nelle prescrizioni contenute nel comma 9 dell’articolo 120 del Codice. Ciononostante, continua a creare qualche dubbio operativo alle stazioni appaltanti.
Vediamo, quindi, di cosa si tratta e cosa comporta effettivamente.
Cos’è il quinto d’obbligo? È la misura massima, pari al 20 per cento dell’importo del contratto, entro la quale la prestazione in appalto può aumentare o diminuire in corso di esecuzione, obbligando di fatto l’appaltatore ad adeguarsi mantenendo ferme le condizioni contrattuali e senza poter ricorrere alla risoluzione contrattuale. Da qui, appunto, l’espressione “quinto d’obbligo”, la cui previsione e disciplina sono contenute nel comma 9 dell’articolo 120 del Codice 36, a mente del quale “Nei documenti di gara iniziali può essere stabilito che, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell’importo del contratto, la stazione appaltante possa imporre all’appaltatore l’esecuzione alle condizioni originariamente previste.
In tal caso l’appaltatore non può fare valere il diritto alla risoluzione del contratto”. La norma, quindi, non indica né tipizza i casi che possono determinare una siffatta variazione legittimante l’attivazione del quinto d’obbligo, ma si limita solo a precisare che, in ogni caso, per poter ricorrere ad esso, è necessario che sia stato previsto nei documenti di gara iniziali. Dunque, una previsione facoltativa, ma necessaria laddove si voglia attivare il quinto d’obbligo. Proprio in questa precisazione l’attuale disciplina dell’istituto si distingue da quella contenuta nel previgente Codice 50, nel quale, invece, tutto era rimesso all’esercizio di un diritto potestativo dell’Amministrazione, che le consentiva di imporre all’appaltatore, anche senza un “preavviso” in sede di gara, l’esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario e questi non poteva far valere il diritto alla risoluzione del contratto, seppure fino a concorrenza del quinto, in aumento o in diminuzione.
Nel Codice 50, infatti, il quinto d’obbligo era contemplato nell’articolo 106, comma 12, a mente del quale “La stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell’importo del contratto, può imporre all’appaltatore l’esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario. In tal caso l’appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto”. Come incide ai fini della richiesta del CIG? Come ribadito in maniera chiara dal MIT con i Pareri n. 2713 e n. 2714 del 21 giugno 2024, il “quinto d’obbligo” può essere attivato non solo se espressamente previsto nei documenti di gara iniziali (come abbiamo già visto), ma anche se ricompreso nel valore complessivo dell’appalto ai fini della richiesta del codice CIG, esattamente come la proroga. E ciò, come si legge nella relazione introduttiva al Codice 36, al fine di rendere la nuova previsione del richiamato articolo 120, comma 9, compatibile con le fattispecie di modifica consentite dalla direttiva 2014/24/UE, nelle quali, quindi, viene fatto rientrare anche il quinto d’obbligo. Ed, infatti, nella Relazione illustrativa del Bando tipo n. 1/2023, l’ANAC ha sua volta ribadito di aver concepito la clausola del quinto d’obbligo quale tipizzazione delle clausole di cui all’articolo 120, comma 1, lett. a), ossia di quelle clausole “chiare, precise e inequivocabili” contenute appunto nei documenti di gara iniziali, che possono consistere anche in clausole di opzione e che consentono di modificare i contratti di appalto senza una nuova procedura di affidamento sempre che, nonostante le modifiche, la struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa possano ritenersi inalterate.
Da qui, conseguentemente, l’inserimento dell’“Importo massimo del quinto d’obbligo, in caso di variazioni in aumento” nel valore globale stimato dell’appalto nel Bando tipo n. 1/2023 e la sua inclusione nel valore stimato dell’appalto ex articolo 14, comma 4, del D. Lgs. n. 36/2023, fermo restando che – secondo il Parere del MIT n. 2455 del 21/06/2024 – è coerente con la previsione di cui all’articolo 120, comma 9, l’indicazione da parte della stazione appaltante di un valore inferiore al quinto dell’importo del contratto, vincolandosi così ad un utilizzo per un importo minore di quello previsto. Si segnala, tuttavia, che il medesimo MIT, discostandosi in parte da quanto affermato in maniera netta nei suddetti Pareri nn. 2713 e 2714, con il più recente Parere n. 3116 del 06/12/2024, nell’indicare la sezione del Quadro Economico in cui riportare il quinto d’obbligo, ha ritenuto che l’applicazione dell’articolo 120, comma 9, è di fatto rimessa alla lex specialis di gara, non essendovi una sola metodologia di applicazione di detta norma. Infatti: – laddove la lex specialis di gara prevede l’applicazione della norma come forma di opzione (a norma dell’articolo 120, comma 1, lett. a) del Codice), in base all’articolo 14, comma 4, del Codice (come fa il bando tipo ANAC n. 1/2023), detto importo va computato nel valore della procedura, da inserire nel quadro A del quadro economico, pur non necessitando da subito di copertura economica; – laddove, invece, la lex specialis di gara prevede l’applicazione della norma solo come vincolo per l’appaltatore in caso di modifiche contrattuali e/o variante in corso d’opera non previste al momento di gara (non già comprese in clausole opzionali), detto importo non è da conteggiare nell’importo della procedura e non trova corrispondenza esplicita nel quadro economico (rientrando di fatto nella voce imprevisti).
Cosa bisogna fare in caso di sua attivazione? Una volta che viene attivato il quinto d’obbligo, fermo restando che l’esecutore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto, va redatta una perizia suppletiva accompagnata da un atto di sottomissione, che l’esecutore è tenuto a sottoscrivere in segno di accettazione. Laddove l’esecutore non accetti i nuovi prezzi così determinati e approvati, la stazione appaltante può ingiungergli l’esecuzione delle prestazioni sulla base di detti prezzi, rimanendo salvo il diritto dell’esecutore che non accetta, di iscrivere riserva negli atti contabili. Può essere utilizzato per rimediare ad errori di valutazione della stazione appaltante? Come detto al primo punto, il dato testuale della norma, sia quella del previgente Codice 50 sia quella dell’attuale Codice 36, non indica casi specifici di variazione delle prestazioni legittimanti il quinto d’obbligo, che, quindi sarebbe consentito sempre alle condizioni fissate dalla norma vigente, come visto sopra. Ciò ha indotto la giurisprudenza ad affermare, sotto la vigenza del Codice previgente, che “la fattispecie prevista dal comma 12 (dell’articolo 106 del Codice 50)”, in quanto derogatoria della “generale regola della gara, consentendo all’Amministrazione di ampliare sotto il profilo quantitativo l’oggetto del contratto, fino a concorrenza del quinto dell’importo, mediante affidamento diretto di ulteriori prestazioni all’appaltatore”, andava interpretata in senso restrittivo nel senso di ritenerla applicabile alle “sole circostanze imprevedibili e sopravvenute nel corso dell’esecuzione del rapporto e (che) giammai … (potesse) essere utilizzata per rimediare ad errori originari compiuti dalla stazione appaltante in sede di valutazione del fabbisogno ovvero per eludere gli obblighi discendenti dal rispetto delle procedure ad evidenza pubblica attraverso un artificioso frazionamento del contenuto delle prestazioni, come accaduto nel caso di specie”.
Più di recente ed in vista dell’approvazione del correttivo al Codice vigente, anche ben due risoluzioni parlamentari (la n. e 7/00220 del 03/05/2024 e la n. 7/00234 del 21/06/2024) assegnate alla VIII Commissione della Camera – Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici, recependo la suddetta giurisprudenza e le istanze di aziende piccole e medie, hanno suggerito modifiche alla norma, anche esse al fine di limitare la portata derogatoria dell’istituto del “quinto d’obbligo”, affinché fosse effettivamente attivabile solo in caso di circostanze imprevedibili e sopravvenute nel corso dell’esecuzione del contratto e non per rimediare a errori originari compiuti dalla stazione appaltante ovvero per eludere gli obblighi discendenti dal rispetto delle procedure a evidenza pubblica attraverso un artificioso frazionamento del contenuto delle prestazioni, e per evitare che l’appaltatore dovesse farsi carico di un possibile aumento delle prestazioni, contrattualmente sottoscritte, che inevitabilmente incidono sulla voce «costi» in un mercato fortemente condizionato dalla volatilità dei prezzi. Richieste, queste, che – come detto in apertura – non hanno tuttavia trovato riscontro nel correttivo.
Può essere utilizzato anche nell’affidamento diretto? Sebbene il richiamo ai “documenti di gara iniziali” induca a ritenere l’affidamento diretto escluso dall’ambito di applicazione della norma, tuttavia, per il disposto del comma 4 dell’art. 48 (“Ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano, se non derogate dalla presente Parte, le disposizioni del codice”), deve ritenersi che anche all’affidamento diretto si applichi l’istituto del “quinto d’obbligo”, indicando evidentemente all’atto della consultazione degli operatori economici (richiesta di preventivo) l’intenzione di farvi ricorso nella misura massima o inferiore scelta dall’amministrazione, che ne terrà conto nella richiesta del CIG .
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