Interventi

La casa è tornata di moda anche in politica. Ora, però, bisogna dare un’impronta organica al tentativo, vero o presunto, di ricostruire una politica abitativa dopo trent’anni di silenzio assoluto dello Stato sul tema. Bisogna capire se maggiorannza e opposizione, Governo centrale e Regioni  fanno sul serio, ognuno nel proprio ruolo nella ricostruzione di qualcosa che è patrimonio del Paese e deve essere impiantato per restare a lungo. Anche il ministero della Casa rischia di essere frainteso come un messaggio politico-propagandistico per piantare una bandierina elettorale, mentre siamo convinti che la proposta di Matteo Salvini nasca finalmente da buone intenzioni (dopo un lungo letargo) e vada nella direzione giusta.

Quello che conta è, però, uscire dalla propaganda e agire subito con proposte concrete lungo la strada segnata dalla storia importante di quel ministero: se l’Italia ha avuto per decenni una politica per la casa all’avanguardia lo si deve certamente ai contributi Gescal, ma anche al lavoro strategico e incessante del CER, il comitato per l’edilizia residenziale guidato prima da Maurizio Marcelloni e poi da Gateano Fontana. E poi anche della DICOTER, il dipartimento per il coordinamento territoriale, competente sulle politiche urbane. Quando parliamo di rigenerazione urbana parliamo ancora, mutatis mutandis, dei modelli di riqualificazione urbana messi in campo da Fontana: i Pru, i Prusst, i contratti di quartiere, eccetera. Non tutti riusciti, nessuno vuole mitizzare, ma ancora molto attuali già nei presupposti culturali di base. Anticipavano di venti anni i temi di oggi.

Da qui occorre ripartire oggi, ricostruendo al MIT una struttura che assorba le principali competenze di indirizzo in una materia che ormai è competenza soprattutto delle Regioni. Nella convinzione che deve maturare oltre ogni gelosia di competenze che il disimpegno dello Stato non è stato bene per nessuno. Bisogna ripartire coinvolgendo tutti, con determinazione. Perché quella è la strada giusta perché la politica abitativa torni patrimonio del Paese, dei cittadini, e trovi davvero soluzioni a esigenze che si vanno facendo esplosive.

DALLA NOSTRA CHAT "AMICI DI DIAC"

DALLA NOSTRA CHAT "AMICI DI DIAC"

Festeggiamo il primo compleanno di Diario DIAC aprendo questo nuovo spazio dedicato ai commenti presenti nella nostra chat “Amici di DIAC” che riterremo interessanti per una discussione pubblica (G.Sa.)

Condividuo appieno che la ristrutturazione dell’infrastruttura radiale delle consolari (si legga qui l’articolo sul lavoro svolto da in/Arch per Roma) è il presupposto strategico per una profonda trasformazione urbana della città di Roma. A tale proposito mi permetto solo di osservare, brevemente, che qualunque progetto di riqualificazione delle principali vie consolari della Capitale, in dialogo con il paesaggio e il sistema costruito, non può prescindere però da una attenta riorganizzazione del sistema urbano della mobilità. Riorganizzazione che dovrà in primis interessare il trasporto pubblico e, in secundis, il trasporto privato, prospettando quindi una nuova rete del trasporto pubblico su gomma e su rotaia, un nuovo sistema di regolazione della circolazione veicolare (impianti semaforici, sosta in superficie ed impianti di parcheggi sotterranei, carico e scarico delle merci, segnaletica verticale ed orizzontale, ecc.). È come se in una qualunque ristrutturazione/riqualificazione di una casa non fosse assolutamente necessario riprogettare prioritariamente gli impianti (elettrici ed idraulici). Questa è solo una mia prima e breve osservazione a caldo del pregevole documento che ho letto con molto interesse.

Tra l’esigenza di non discriminare forniture e servizi rispetto ai lavori e quella dell’assestamento della disciplina speciale introdotta per fronteggiare la straordinaria alterazione dei mercati generatasi tra il 2020 ed il 2023, la revisione prezzi, istituto necessario al contratto d’appalto, regolata ex novo in ambito pubblicistico dall’art. 60 del codice e aggiornata dal correttivo ancora inattuato per la parte lavori, non trova pace: il recente decreto legge 73, infatti, torna su di essa per risolvere alcune delle questioni aperte, peraltro diverse da quelle sorte a gennaio, subito dopo l’adozione del Dlgs 209, allora decisamente respinte dal governo in nome della stabilità della nuova disciplina.

I temi sul tappeto sono numerosi e tecnicamente complessi: vanno dai profili legati principalmente ai contratti di lavori, a questioni orizzontali, riconducibili soprattutto alla disciplina post correttivo, concernenti tutte le tipologie contrattuali, fino alle istanze di superamento del differente trattamento da ultimo riservato a servizi e forniture; il tutto in un contesto che, a cascata, si estende ai rapporti con subappaltatori e subcontraenti, cosa che renderebbe opportuno disporre di adeguati chiarimenti.

Fondamentale alla Biennale

PROGETTO CORALE

Esiste un luogo, a Modena, lontano dal marmo bianco dei monumenti UNESCO e dal rombante rosso delle Ferrari, in cui il tempo sembra sospeso e la dimensione dell’esplorazione e degli spazi di quiete sembra reimpossessarsi della città.

Siamo al Villaggio Artigiano di Modena ovest, poco più di un kilometro di distanza dal centro storico, lungo la via Emilia.

Il Villaggio ha una genesi peculiare, che lo ha trasformato in un caso-studio nazionale e nel “padre” di un modo, molto emiliano, di fare programmazione territoriale con e a sostegno della comunità locale.

Il villaggio artigiano Modena Ovest, primo in Italia, nasce infatti a partire dal 1949 per volontà del sindaco Alfeo Corassori, ex bracciante e militante del Partito comunista, e dell’Assessore ai Lavori Pubblici Mario Pucci, ingegnere professionalmente legato al mondo del rinnovamento urbanistico milanese.

In un periodo in cui ancora più del 50% della popolazione modenese viveva di agricoltura, l’urgenza a Modena era rappresentata dalla necessità di fornire casa e lavoro ai molti operai dell’industria siderurgica e meccanica, licenziati dopo la fine del “boom” dovuto alle necessità belliche. Al sindaco comunista, per far fronte agli oltre 30.000 disoccupati, con le casse comunali semivuote, viene allora un’idea coraggiosa quanto rischiosa, ovvero usare, in un periodo di grandi scontri ideologici, gli strumenti del mercato e le risorse dei privati per inventare una inedita via di sviluppo.

TRA ROMA E BRUXELLES/1

Giorgia Meloni da quando è a Palazzo Chigi si è più volte definita “pragmatica” e questo pragmatismo – che in politica è anche il nome elegante del compromesso – lo ha esibito in diverse occasioni, ultima delle quali il lungo faccia a faccia con Emmanuel Macron. Al di là delle differenze ideologiche, delle appartenenze politiche c’è anzitutto – per chi governa – la necessità di arrivare a risultati concreti o quantomeno evitare danni. E rinsaldare il rapporto tra Italia e Francia era ed è una priorità per entrambi i leader e per la stessa Europa. La guerra commerciale dichiarata da Donald Trump a suon di dazi impone una risposta collettiva e non solo perché il commercio è competenza esclusiva della Ue. Meloni ha indossato i panni della pontiera ma non può permettersi di non restare agganciata a Bruxelles e quindi a Germania e Francia, che da sempre ne sono il motore e che sono i Paesi con cui siamo maggiormente interconnessi anche dal punto di vista economico.

SICUREZZA E APPALTI/PERCHé VOTO SI

Per il settore delle costruzioni – ovvero il settore maggiormente colpito da infortuni e morti sul lavoro – e per le relative organizzazioni sindacali di categoria è di dirimente importanza il quarto quesito, che interviene in materia di salute, sicurezza e che riguarda il 4° comma dell’articolo 26 del Decreto Legislativo 81/2008.

 

SICUREZZA E APPALTI/PERCHé VOTO NO

L’8 e 9 giugno si voterà il referendum abrogativo che propone la cancellazione parziale dell’art. 26, comma 4, del D.Lgs. n. 81/2008, nella parte in cui esclude la responsabilità solidale del committente – da intendersi come l’appaltatore – per i danni derivanti da “rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici”.

 

Ciò di cui dobbiamo preoccuparci oggi è in che misura le azioni di riconfigurazione del settore avanzino in maniera singolare ed episodica e in che modo, al contrario, in vesti affatto differenti, ovviamente, esse possano essere abilitate da un lucido disegno strategico che si appoggi su diversi agenti.

Parlare, oggi, di rigenerazione urbana impone, anzitutto, una riflessione preliminare sulle caratteristiche del nostro impianto normativo in materia di pianificazione e attuazione urbanistica, parte di quella più ampia materia che la riforma costituzionale del 2001 ha definito “Governo del territorio”.

Tale impianto normativo, che ancora si incentra sulla legge urbanistica fondamentale, la 1150/1942, ha una chiara impostazione espansiva, nel senso di concepire l’assetto del territorio come regolazione dell’espansione dei nostri centri urbani. Idea che era certamente in linea con le esigenze dell’epoca nella quale la legge ha visto la luce. L’idea, invece, del riuso, del recupero (e, quindi, della rigenerazione) non era all’epoca neppure concepibile: si doveva costruire (o ricostruire, all’indomani degli eventi bellici), crescere, espandere.

Inevitabilmente correlato con questo paradigma espansivo è stato per decenni il consumo di nuovo suolo, per lo più agricolo, sino a quel momento inedificato. Ma anche questo, sempre all’epoca, non era percepito come un problema.

L’Einstein Telescope (ET) è un rilevatore di onde gravitazionali di nuova generazione e rappresenta una delle grandi infrastrutture di ricerca europee, attualmente nella fase preparatoria della Roadmap ESFRI, che prevedeva l’inizio della costruzione nel 2026 e l’operatività nel 2035 per circa 50 anni di vita (per maggiori informazioni si rimanda al sito ufficiale Einstein Telescop). A oggi, nonostante un allungamento dei tempi di realizzazione, è una delle iniziative scientifiche al centro della strategia comunitaria per l’innovazione e la ricerca avanzata: sarà il rivelatore di onde gravitazionali più grande e sensibile mai costruito, in grado di osservare fenomeni attesi mai finora rilevati, come l’emissione continua da stelle di neutroni, le esplosioni di supernovae e il fondo cosmologico/astrofisico delle onde gravitazionali.

Questa innovativa infrastruttura sarà principalmente sviluppata in sotterraneo, includendo un sistema di interferometri ospitati in oltre 30 chilometri di gallerie, connesse a grandi caverne e strutture di servizio in superficie. Gli investimenti previsti per la realizzazione dell’opera ammontano attualmente a quasi 2 miliardi di euro.

Il sito italiano proposto per ospitare ET è l’area adiacente all’ex miniera metallifera di Sos Enattos, nel nord-est della Sardegna, in provincia di Nuoro. Dal 2019, questa località accoglie il laboratorio SAR-GRAV e l’esperimento Archimedes, realizzati grazie al finanziamento della Regione Sardegna e alla collaborazione con l’Università di Sassari, l’INFN, l’INGV, l’Università di Cagliari e IGEA S.p.A. La zona si distingue per le sue eccellenti caratteristiche geologiche e geomorfologiche, la ridotta interferenza antropica e una buona accessibilità…

L’Ambiente di Condivisione dei Dati, previsto a proposito della Gestione Informativa Digitale dal Codice dei Contratti Pubblici a carico delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti, è una componente fondamentale dell’Ecosistema Digitale della Gestione del Contratto Pubblico, unitamente alla Piattaforma di Approvvigionamento Digitale. Esso è definito «ecosistema digitale di piattaforme interoperabili di raccolta organizzata e condivisione di dati relativi ad un intervento, gestiti attraverso specifici flussi di lavoro e strutturati in informazioni a supporto delle decisioni, basato su un’infrastruttura informatica la cui condivisione è regolata da specifici sistemi di sicurezza per l’accesso, di tracciabilità e successione storica delle variazioni apportate ai contenuti informativi, di conservazione nel tempo e relativa accessibilità del patrimonio informativo contenuto, di definizione delle responsabilità nell’elaborazione dei contenuti informativi e di tutela della proprietà intellettuale». In prospettiva, esso dovrebbe divenire interoperabile anche con i sistemi informativi di carattere economico-finanziario, previsionali e rendicontativi, oltre che con il sistema informativo relativo al controllo di gestione.

L'ARCHITETTURA VISTA DA LPP

Marcello Guido è un progettista atipico per almeno due ragioni. La prima per il suo stile fortemente espressivo. La seconda per il fatto che opera nel sud Italia, a  Cosenza e cioè in una realtà lontana dai circuiti ufficiali e, in particolare, dalle due aree dove è più fiorente la produzione di opere di architettura: la Lombardia, con epicentro a Milano, e l’Alto Adige con qualche punta verso il Veneto.

Marcello Guido, come ci racconta Antonietta Iolanda Lima, curatrice di un recente volume a lui dedicato, produce “forme che sembrano cadute lì per caso. Picconano la razionalità e per questo spiazzano: il rimando è alla tecnica del collage in uso tra i dadaisti”. Si pongono quindi in alternativa allo stile dominante in Italia oggi, quello che più volte abbiamo definito High Touch che, invece, persegue gli ideali opposti, del perfettamente finito, del grazioso e finanche dell’armonico. E, difatti, l’opera più nota di Guido è un intervento nel centro storico di Cosenza, in piazzetta A. Toscano, che ha scatenato il putiferio.

INTERVENTO

L’ambizioso disegno riformatore tracciato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha comportato una notevole attività normativa, volta a canalizzare in modo efficiente i fondi europei verso settori chiave dello sviluppo nazionale. Tra questi, l’istruzione universitaria occupa un posto centrale, con particolare attenzione alla creazione di nuovi alloggi per studenti.

Il Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) ha definito un piano operativo volto ad aumentare significativamente l’offerta di posti letto destinati agli studenti fuori sede, puntando su interventi rapidi e incentivi mirati. Tutti gli interventi dovranno concludersi entro una data precisa e vincolante: il 30 giugno 2026. A partire da quel momento, gli alloggi realizzati dovranno essere già disponibili e operativi.

Tratteremo qui gli aspetti principali della normativa, gli incentivi e gli sgravi per i soggetti gestori ed il ruolo del notaio in tali ambiti.

DIGITALIZZAZIONE APPALTI

In un contesto in cui la digitalizzazione dei processi di progettazione e gestione delle opere pubbliche rappresenta un obiettivo strategico per la modernizzazione della Pubblica Amministrazione, si fa sempre più pressante la necessità di chiarire il quadro normativo e regolamentare applicabile agli strumenti digitali impiegati. Tra questi, un ruolo centrale è occupato dall’Ambiente di Condivisione dei Dati (ACDat) o Common Data Environment (CDE), piattaforma digitale collaborativa utilizzata, in particolare, nell’ambito dell’adozione del Building Information Modeling (BIM) da parte delle stazioni appaltanti.

Il codice degli appalti, (Dlgs 36/2023) e il successivo correttivo (Dlgs 209/2024) stabiliscono nell’ Allegato I.9 Art. 1 comma 4 che le stazioni appaltanti pubbliche hanno l’obbligo di dotarsi di un Ambiente di Condivisione dei Dati.

Tale soluzione informatica costituisce il fulcro della gestione informativa durante tutto il ciclo di vita di un appalto pubblico, dal suo affidamento alla gestione del contratto. È la piattaforma informatica attraverso la quale la committenza e i fornitori si coordinano e scambiano le informazioni (materiale tecnico, contrattuale, modelli, elaborati grafici, informazioni di natura economico finanziaria ecc.) al fine di garantire che il procedimento si svolga secondo principi di trasparenza, in conformità alle clausole contrattuali stipulate ed alla salvaguardia e protezione dei dati scambiati.

IL LABIRINTO OSCURO DELL'EDILIZIA

Il disegno di legge 1372 Senato evidenzia l’ipotesi (non condivisibile) di andare in direzione di un abbandono della tutela da parte dello Stato, che rema contro la lettera e lo spirito dell’art. 9 della Costituzione.

La maggior devoluzione della tutela paesaggistica agli enti locali non sembra assolutamente idonea a ridurre i tempi di risposta, anche alla luce di una mancata garanzia di elevati livelli di protezione del paesaggio, proprio perché in molti enti locali mancano adeguate dotazioni di personale specializzato, che possano supportare scelte destinate a incidere in modo significativo sul contesto territoriale e paesaggistico.

Tali carenze appaiono già evidenti, laddove l’allungamento dei tempi di conclusione dei procedimenti paesaggistici non dipende solo dalle Soprintendenze, ma, da tardive trasmissioni degli Uffici competenti comunali (Edilizia, Urbanistica, Ambiente e Paesaggio) con delega di tutela del patrimonio paesaggistico (delega che evidenzia delle criticità con profili di incostituzionalità).

Con questa proposta di legge, si finirebbe con il sovraccaricare ulteriormente, il già gravoso carico di lavoro degli enti locali, con inevitabili ed ulteriori conseguenze nei ritardi nel rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche.

Occorre anche sottolineare come spesso i tempi delle autorizzazioni paesaggistiche siano resi inevitabilmente più lunghi dalla presentazione di progetti inadeguati e incompleti, che richiedono necessariamente integrazioni e approfondimenti sia da parte delle Soprintendenze che degli enti locali comunali, mentre sarebbe necessaria maggiore consapevolezza, professionalità e alta qualificazione sul tema ambientale/paesaggistico trattato dai proponenti.

IL LABIRINTO OSCURO DELL'EDILIZIA / 42

di Salvatore Di Bacco

L’articolo di questa settimana esplora la gentrificazione a Milano, un fenomeno complesso che si è radicato negli ultimi decenni attraverso percorsi urbanistici di rigenerazione urbana e city branding. Questa trasformazione ha portato ricchezza e attrattiva della città, come dimostrato dall’aumento vertiginoso dei prezzi immobiliari e in particolare degli affitti, parificando la città di Milano a metropoli globali come Parigi e New York. Tuttavia, tale processo ha “condotto” gradualmente ad una esclusione dei residenti originali dei quartieri da tali processi urbanizzativi che causa incremento dei costi e dei prezzi porta a disuguaglianze sociali, evidenziando come la nuova ricchezza non si ridistribuisca equamente.

L'architettura vista da LPP/21

di Luigi Prestinenza Puglisi

Vaccarini, la costiera Adriatica, la palazzina e l’abilità di relazionarsi con la tirannia dei linguaggi: luce e bellezza senza inseguire geometrie decostruttiviste

È da oltre trenta anni che l’architettura italiana sta vivendo una buona stagione. Probabilmente dal 1992 e grazie a Tangentopoli. Il vasto e inarrestabile fenomeno conosciuto come mani pulite ha messo infatti in crisi il vecchio e consolidato sistema di spartizione politica degli appalti. Mentre la così detta legge dei Sindaci, emanata l’anno successivo, nel 1993, ha stimolato le amministrazioni a puntare sull’architettura con opere significative. Certo, i tempi sono sempre più lunghi, la burocrazia opprimente, le norme sempre più indecifrabili e molti progetti rimangono sulla carta o sono realizzati solo dopo 10-15-20 anni. Ma ogni città bene o male ha promosso un  certo numero di concorsi che hanno lanciato giovani architetti i quali, negli anni delle spartizioni fatte col codice Cencelli alla mano, non avrebbero avuto occasioni per emergere.

L'intervento

DIARIO POLITICO

di Pol Diac

Per Giorgia Meloni sarà un agosto di riflessioni e di impegni. L’appuntamento con le Regionali in autunno (si comincia il 28 settembre con le Marche e poi a ottobre Veneto, Toscana, Campania, Puglia e ora anche Calabria) è certamente una scadenza importante, un test per saggiare lo stato di salute del Governo proprio mentre si discuterà della prossima legge di bilancio, ma anche del nuovo quadro finanziario europeo. Con più di un’incognita con cui fare i conti, a partire dall’effetto dazi che peserà non poco sul fronte di un crescita tornata allo zero virgola.

L'intervento

di Angelo Ciribini

Argomenti

Accedi