L'INDAGINE ANNUALE SUGLI INVESTIMENTI

La Bei promuove le aziende europee: “In linea con la transizione”. Ma indietro su IA e manodopera qualificata

15 Ott 2025 di Mauro Giansante

Condividi:
La Bei promuove le aziende europee: “In linea con la transizione”. Ma indietro su IA e manodopera qualificata

NADIA CALVINO INVESTIMENT BANK

Gli investimenti nel panorama europeo sono in calo, dice il nuovo rapporto annuale pubblicato ieri dalla Bei (Banca europea degli investimenti), ma al netto degli shock globali le imprese (13mila quelle analizzate contro le 800 Usa) stanno tenendo la rotta sulla transizione e pian piano riducendo qualche gap rispetto ai cugini americani. Anche se soprattutto sull’uso di intelligenza artificiale e impiego di manodopera qualificata il divario resta evidente.

Ripartendo con ordine, dice la Bei, il freno principale alla svolta europea negli investimenti è legato all’effetto dazi da oltreoceano e alle ripercussioni geopolitiche derivanti dai conflitti russo-ucraini e israelo-palestinese. Eppure, la parola chiave è resilienza. Seppur con cautela. Infatti, l’86% delle aziende dell’Ue prevede ancora di investire, rispetto all’87% dell’indagine del 2024, sebbene la loro propensione si sia leggermente indebolita. Aumentano le aziende che vogliono aumentare, addirittura, gli investimenti. La cui crescita, però, è calante. E negli Stati Uniti la tendenza è sostanzialmente simile. Le differenze Usa-Ue si riscontrano, piuttosto, sulla destinazione degli investimenti. Al di qua dell’oceano, prevale la sostituzione degli asset produttivi. Al di là, l’ampliamento della capacità. Alcuni numeri: nell’Unione Europea, le aziende hanno dedicato una parte significativa dei loro investimenti (35%) a beni immateriali come ricerca e sviluppo, formazione e software, investendo meno in terreni, edifici e infrastrutture rispetto alle aziende statunitensi (17% contro 22%). E da qui al 2028-29, le aziende europee continueranno a dare priorità agli investimenti volti a sostituire piuttosto che ad ampliare la capacità produttiva (solo il 26%), mentre le aziende statunitensi ne svilupperanno di nuova (37%).

Anche nei commerci vige la resilienza europea. Solo il 7% delle aziende importatrici dell’Unione Europea ha ridotto le importazioni di beni e servizi, mentre il 19% sta diversificando o aumentando il numero di paesi da cui importa. A pagare di più l’effetto dazi, insomma, sono state le imprese americane. Più preoccupate per i cambiamenti doganali e tariffari rispetto alle aziende dell’Ue (77% contro 48%). Anche se hanno reagito alle nuove pressioni politiche e ai dazi aumentando le scorte prima che i prezzi aumentassero, ma anche sostituendo i fornitori esteri con quelli nazionali e diversificando i paesi da cui importano. 

Veniamo al tasto verde. Quello della transizione. Qui, più che resilienza, la parola chiave è consapevolezza. E appartiene sempre alle aziende europee: secondo la Bei, sono appunto “più consapevoli” delle conseguenze della decarbonizzazione e della transizione verso l’energia verde rispetto alle loro controparti americane. Quando si considerano i rischi della transizione, le aziende dell’Europa orientale e di alcuni paesi dell’Europa centrale sono particolarmente consapevoli dei rischi associati, mentre le aziende dell’Europa settentrionale sono più attente alle opportunità. Alcuni numeri:

  • Il 36% delle aziende dell’UE ritiene che la transizione verso standard e normative climatiche più rigorose rappresenti un rischio nei prossimi cinque anni, rispetto al 27% delle aziende statunitensi.
  • Il 27% delle aziende dell’UE considera la transizione un’opportunità, rispetto al 23% di quelle statunitensi.
  • Le grandi aziende sono più propense rispetto alle piccole e medie imprese a considerare la transizione sia come un rischio che come un’opportunità.

Inoltre, aggiunge la Bei, le aziende Ue sono state più proattive nel ridurre le proprie emissioni di gas serra. Una percentuale maggiore di esse, il 92%, ha adottato misure per ridurre tali emissioni. E sono anche più propense a investire in trasporti sostenibili, energie rinnovabili e altre misure ambientali, come la riduzione dei rifiuti, il riciclaggio e il trasporto sostenibile. Consapevolezza maggiore si riscontra anche sui rischi fisici associati al cambiamento climatico. Il che porta le imprese europee ad agire concretamente sull’adattamento: ad ora, sono al 55% in Usa e al 53% in Ue quelle che intervengono già. Anche perché, fa notare il rapporto della Banca europea degli investimenti, entrambe le sponde dell’Atlantico, la quota di aziende che deve sostenere costi derivanti da eventi climatici estremi è elevata: il 68% in Europa e il 64% negli Stati Uniti.

Tutto bene, allora, per le aziende europee? No. I divari con gli Stati Uniti d’America restano. C’è quello digitale che si sta riducendo: infatti, il tasso di adozione delle tecnologie digitali ha raggiunto il 77% eguagliando il 78% americano. Eppure, ammonisce la Bei, le aziende statunitensi che utilizzano big data o tecnologie di intelligenza artificiale tendono ad applicarle a più aree di business rispetto alle loro controparti europee. Le aziende europee devono quindi ancora sfruttare appieno i vantaggi offerti dall’intelligenza artificiale. Ad oggi, però, sì Usa e Ue sono pari (37-36%) sulla quota di aziende che utilizza Ia. Ma l’81% delle aziende statunitensi lo fa in più di due attività, rispetto al 55% delle aziende europee.

L’Eibis 2025 citato dalla Bei “mostra inoltre che permangono difficoltà di investimento in Europa. Ad esempio, l’83% delle imprese dell’Ue ha citato l’incertezza e il 79% di esse ha identificato la carenza di manodopera qualificata come principali ostacoli agli investimenti. Inoltre, i costi energetici rappresentano un ostacolo per il 75% delle imprese europee, a dimostrazione dell’importanza di accelerare la diffusione delle energie rinnovabili come motore della competitività dell’Ue”.

Infine, altri campi dove l’Ue deve ancora recuperare terreno sono: la semplificazione delle procedure e lo sviluppo del mercato unico. Da un lato, il tempo impiegato per soddisfare i requisiti normativi è significativo per le imprese dell’Ue, con un costo stimato pari all’1,1% del fatturato e che può arrivare fino all’1,8% tra le piccole e medie imprese. Dall’altro, per il 62% delle aziende europee il mercato continentale è troppo frammentato. Per aumentare la competitività e stimolare maggior crescita inserire questi due tasselli nel puzzle diventa sempre più indispensabile.

 

 

Argomenti

Argomenti

Accedi