Il volume di Astrid

Costa: “Superare l’obsolescenza tecnica e geografica ‘INVENTANDO’ il futuro delle infrastrutture. Riprendere la strada maestra della pianificazione strategica per recuperare il gap di prosperità”

Per recuperare competitività e per ridurre il gap di prosperità rispetto sia alle altre economie avanzate ma anche emergenti, l’Italia deve superare l’obsolescenza tecnologica e geografica. Lo può fare “inventando e codeterminando il futuro” delle sistema delle infrastrutture di trasporto. Serve un radicale ripensamento guardando alla futura geografia dei mercati mondiali e dei luoghi nazionali di produzione, puntando allo scenario preferibile tra quelli possibili. Valichi, porti, riorganizzazione delle città possono essere le porte d’accesso a questo futuro

13 Mag 2025 di Maria Cristina Carlini

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Costa: “Superare l’obsolescenza tecnica e geografica ‘INVENTANDO’ il futuro delle infrastrutture. Riprendere la strada maestra della pianificazione strategica per recuperare il gap di prosperità”

“Di quali infrastrutture di trasporto avrà (potrebbe avere bisogno) l’Italia nel 2030, 2040, 2050?”. Parte da questa domanda la ricerca  che ha dato vita al rapporto di Astrid con l’obiettivo di offrire un contributo alla definizione di una politica industriale delle infrastrutture sostenibili dopo un lungo periodo in cui i vincoli di bilancio hanno determinato un rallentamento agli investimenti pubblici nel nostro Paese. Da dove ripartire, dunque, e su cosa puntare in vista delle tre date (non scelte a caso) che sono quelle alle quali l’Unione Europea ha già traguardato la realizzazione cadenzata delle reti di trasporto transeuropee, che costituiranno la spina dorsale del mercato interno europeo? Punta a rispondere e a raccogliere la sfida posta da questi interrogativi il libro dal titolo “Italia, un futuro da inventare. Le infrastrutture di trasporto sostenibili”, curato da Paolo Costa, docente e rettore emerito della Ca’ Foscari e già ministro dei Lavori Pubblici, ed edito da Il Mulino, presentato ieri nel corso di un convegno a Roma, presieduto da Franco Bassanini, presidente di Astrid.

“Il patrimonio delle infrastrutture di trasporto che abbiamo è ricco ma obsoleto sia dal punto di vista tecnologico che geografico”, ha detto Costa aprendo i lavori del convegno e indicando subito i due gravi problemi che affliggono il sistema italiano delle infrastrutture. L’obsolescenza tecnica richiede massicci interventi di ammodernamento, di ristrutturazione e manutenzione mentre l’obsolescenza geografica è l’effetto della scala dei mercati che demografia planetaria e tecnologie produttive e di trasporto spingono sempre di più verso l’Asia ma, in prospettiva, anche verso l’Africa. Superare l’obsolescenza tecnica e geografica è una passaggio fondamentale, ha avvertito Costa, “se vogliamo ridurre il gap di prosperità del nostro Paese, preso alla leggera, che si è aperto da oltre un decennio nei confronti delle altre economie sviluppate ma anche di quelle emergenti”. Recuperare questo gap significa “rimanere ed essere competititivi sui mercati internazionali”. Di qui la necessità di adeguare le reti di trasporto nazionali alla futura geografia dei mercati mondiali e dei luoghi nazionali di produzione. “Abbiamo bisogno di identificare se ci sono infrastrutture di trasporto capaci di far scattare un salto nel Paese”, ha sottolineato. E’ difficile sicuramente prevedere questo futuro ma, scrive Costa nell’introduzione al volume, “si può ridurre l’incertezza solo ‘inventandolo’, codeterminandolo con atti espliciti di pianificazione guidati da uno scenario ‘preferibile’ per il futuro dell’Italia, tutto da scegliere tra quelli probabili perché plausibili tra i possibili”. Pianificazione, dunque, torna ad essere la via maestra in una logica di “decide and provide”. “Pianificazione che è diversa dalla programmazione del Pnrr, che è un ottimo programma ma non è detto che risponda agli obiettivi”, ha rimarcato Costa. “Non possiamo aspettare, fermi si rischia di sbagliare”, ha avvertito ancora.

Ridare competitività al Paese vuol dire dare priorità alle infrastrutture di trasporto che permettano di raggiungere in modo efficiente i principali mercati di importazione-esportazione dei beni agri-manifatturieri della produzione italiana. Di qui la centralità stratergica dei valichi per le destinazioni europee di oggi, la vecchia Europa a 27, e di domani, la nuova Europa dei Balcani occidentali o di Ucraina e Moldavia. Ma la grande sfida è soprattutto il potenziamento dei porti. “E’ necessario dare ai nostri porti quella dimensione di scala e di efficienza che non abbiamo per rendere più accessibili le destinazioni extraeuropee”, ha detto Costa. Porti e valichi che dovranno essere collegati ai luoghi di produzione agro-manifatturiera di oggi (Centro Nord)  quanto a creare le condizioni anche infrastrutturali di rilocalizzazione delle stesse produzioni nel Mezzogiorno, che i porti del Sud proietteranno sui mercati mediterranei  ma anche oltre Suez e Gibilterra. Altra priorità è quella delle infrastrutture necessarie ad accogliere i flussi turistici internazionali e a rendere sostenibile la mobilità interna, soprattutto verso le grandi città d’arte. Priorità anche alle infrastrutture necessarie a rendere più attrattivi i luoghi di potenziale concentrazione della nuova economia della conoscenza: “in primis le 14 aree metropolitane italiane, riparametrate in senso funzionale”, città da riorganizzare per farle diventare motori dello sviluppo dell’economia dei servizi e dell’industria innovativa.

Insomma, il futuro delle infrastrutture di trasporto chiede visione e pianificazione. Nella prefazione del volume, Bassanini richiama la necessità di riprendere la strada della pianificazione strategica e “impostarla correttamente in funzione dello scenario preferibile e auspicabile”. “La storia della pianificazione strategica delle infrastrutture in Italia è ricca di insegnamenti che vanno raccolti. Non mi riferisco solo al recente abbandono a priori dell’ottica di pianificazione (con il Codice degli appalti) o all’incapacità di cogliere le opportunità di utilizzare risorse finanziarie significative potenzialmente allocabili in una logica di programmazione(da ultimo il Pnrr e il connesso Piano nazionale complementare). Ma anche alle sorti dei vari strumenti di pianificazione rimasti in buona parte inattuati”.

Di visione e pianificazione anche in relazione al nuovo Codice degli appalti si è parlato nel dibattito del convegno. “La carenza, la debolezza della capacità di pianificazione non è di oggi. Ma, con questo Governo, la revisione del codice degli appalti è una rinuncia alla pianficazione di lungo periodo”, ha attaccato Chiara Braga, capogruppo del Pd alla Camera, che parla di una vera e propria abdicazione. “Si è deciso di non pianificare per scegliere la strategia del caso per caso. E’ un punto di profonda debolezza, manca una visione di sistema”, ha detto.  La richiesta che si leva dalle imprese è quella di avere un quadro di stabilità e certezze. Lo ha chiesto l’amministratore delegato di Webuild, Pietro Salini. “Parlare di infrastrutture è importante ma soprattutto le dobbiamo realizzare: oggi abbiamo dei metodi di realizzazione che sono affidati al codice degli appalti. Ora, dopo le moltissime variazioni, questo governo gli ha dato una certa forma. Spero che questo Codice sia stabile: le correzioni degli errori o delle cose che possono essere migliorate è sempre un bene che si facciano, ma con dolcezza, cioè senza andare a cambiare la sostanza delle cose”. Di stabilità delle regole con il nuovo Correttivo e della necessità di “pianificazione e di una visione del futuro che vogliamo realizzare”  ha parlato Angelica Kristle Donati, vicepresidente di Ance. Il viceministro delle Infrastrutture e Trasporti, Edoardo Rixi, ha evidenziato quel carattere “divisivo” che connota le infrastrutture e che, così, “blocca il Paese”: “le infrastrutture non hanno un colore politico, dovrebbero essere un patrimonio del Paese” e “i loro tempi non sono quelli del consenso elettorale”.

 

 

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