IL PAPER sulla riforma del Dpr 380/2001

Astrid: nel testo unico dell’edilizia esplicitare i principi fondamentali non derogabili dalle Regioni

È l’antidoto allo spezzatino regionale di cui soffre oggi la disciplina. Un’altra categoria di norme che va distinta è quella che definisce i livelli essenziali delle prestazioni, come la CILA e la SCIA o l’edilizia libera: potranno essere derogate dalle Regioni solo se prevedono trattamenti più favorevoli per cittadini e imprese. Si crea così una tripartizione di norme: principi fondamentali, LEP e norme statali cedevoli. La riforma del TU è “necessaria e urgente” per perseguire i nuovi obiettivi di riduzione del consumo del suolo, rigenerazione urbana, recupero del patrimonio edilizio esistente ed efficientamento energetico degli edifici. “Continuare con il TU il lavoro avviato dal salva-casa di regolarizzazione del patrimonio edilizio”. Avanti con le semplificazioni, chiudere i vecchi condoni. La questione per la politica: riforma del Dpr 380 o nuovo codice?

14 Mar 2025 di Giorgio Santilli

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Astrid: nel testo unico dell’edilizia esplicitare i principi fondamentali non derogabili dalle Regioni

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Franco Bassanini, presidente di Astrid

Astrid torna in campo nella lunga battaglia per il riordino del testo unico dell’edilizia con un paper pesantissimo che annovera fra le firme che lo hanno redatto quelle di protagonisti di primo piano delle riforme di semplificazione legislativa e amministrativa degli anni passati: Franco Bassanini, Silvia Paparo e Vincenzo Cerulli Irelli. Il paper – che Diario DIAC è in grado di anticipare – recupera la proposta di legge delega al governo già predisposta da Astrid nel gennaio 2024 e ora aggiornata con “minime modifiche”, soprattutto per tener conto del decreto salva-casa. La relazione che introduce e spiega il testo di legge proposto diventa una vera bussola per il dibattito in corso in questi giorni, a uso soprattutto del ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, che sta chiudendo una consultazione online con una sessantina di stakeholder e, nel giro di qualche settimana, dovrebbe sfornare la sua proposta.

Riforma urgente e necessaria, sono cambiate le priorità

Tre premesse sono utili per presentare al meglio le proposte contenute nel paper. La prima è anche l’introduzione del paper stesso ed evidenzia le ragioni della necessità e dell’urgenza di una riforma profonda del Dpr 380/2001. Anzitutto, sono cambiate le finalità dell’intervento edilizio e sono quindi necessarie regole e procedure che esaltino la capacità di realizzazione di questi nuovi interventi. Gli obiettivi che giustificano un cambiamento radicale di regime sono “la riduzione del consumo del suolo, la rigenerazione urbana, il recupero del patrimonio edilizio esistente e l’efficientamento energetico degli edifici: obiettivi cruciali per la transizione energetica, per lo sviluppo sostenibile e per il futuro stesso del nostro Paese”. Nel 2001 eravamo ancora a “un’edilizia orientata all’espansione più che al recupero del patrimonio esistente”. Occorre voltare pagina.

Il valore delle semplificazioni prodotte “a strappi”

La seconda premessa è che gli autori riconoscono una seconda ragione della necessità e urgenza della riforma nelle “diffuse e gravi criticità nell’applicazione del Testo unico”, denunciate incessantemente e da tempo ormai da operatori economici, amministrazioni pubbliche, ordini professionali. Al primo posto dell’elenco delle criticità c’è quella stessa che oggi  tutti gli operatori individuano come la principale: la grande difficoltà a orientarsi nel complesso quadro normativo e a individuare la tipologia di intervento, la relativa qualificazione e il corrispondente titolo abilitativo. Seguono altre criticità: la scarsa chiarezza e la farraginosità delle procedure autorizzative e la persistenza di norme e procedure che ostacolano l’attestazione dello stato legittimo di edifici risalenti.

Come in altre analisi di studiosi e stakeholder questo periodo, Astrid affaccia l’idea che il difficile funzionamento delle disposizioni vigenti sia in buona parte dovuto al rincorrersi disordinato delle correzioni e delle integrazioni apportate al TU negli ultimi dieci anni, quasi sempre parziali e quindi poco efficaci. Viene citato il decreto salva-casa come caso esemplare. Viene ancora una volta riconosciuto da Astrid (che aveva dedicato al decreto di Salvini un paper ad hoc) che gli obiettivi dichiarati del salva-casa di “rimuovere gli ostacoli, ricorrenti nella prassi, che determinano lo stallo delle compravendite a causa di irregolarità formali” siano “finalità di incontestabile importanza”. Ma – rileva Astrid – “pare evidente che esse non potranno essere pienamente conseguite” da queste “disposizioni urgenti di carattere puntuale, che non hanno dato vita (e non avrebbero comunque potuto dar vita, dati i limiti costituzionali propri della decretazione d’urgenza) a una disciplina organica in grado di rispondere efficacemente alle nuove esigenze”.

Questa rappresentazione potrebbe essere estesa a molte altre criticità del TU e tuttavia – qui è il punto che si voleva segnalare – il paper riconosce a gran parte delle norme introdotte nell’ultimo decennio al TU, in gran parte per decreto legge, un obiettivo di semplificazione delle procedure positivo. “Si pensi, solo per fare qualche esempio, alla introduzione della SCIA, della CILA e della SCIA di agibilità, agli ampliamenti del perimetro della cosiddetta attività edilizia libera, alle semplificazioni in materia di Conferenza di servizi, di edilizia sismica, di demolizione e ricostruzione”. Bassanini (che per altro fu uno dei protagonisti dell’approvazione del Dpr 380/2001 da ministro della Funzione pubblica del governo Amato) e gli altri firmatari del paper non concordano – e certo non poteva essere così per storia politica e professionale – con una certa critica, in questo momento molto diffusa fra associazioni imprenditoriali e ordini professionali, alla politica delle semplificazioni fatte “a strappi” senza una ricostruzione del contesto normativo in cui incidono.

Resta però, proprio per le criticità prodotte da questi “strappi” (l’espressione è nostra, non del paper), la necessità di una riforma radicale del Testo unico. E qui c’è la terza premessa del paper perché Astrid ha il coraggio di porre sul tavolo una rilevantissima questione preliminare “che spetta alla politica risolvere”: se si debba procedere con una revisione del Testo unico o con un nuovo Testo o Codice.

Revisione del testo attuale o nuovo codice?

Astrid dice di aver incontrato questa questione nelle sue interlocuzioni con studiosi, esperti e operatori del settore e riconosce piena legittimità a entrambe le ipotesi. Ecco la conclusione: “Nell’istruttoria condotta da Astrid numerosi studiosi ed esperti hanno manifestato una netta preferenza a favore della prima opzione, mentre l’ANCI si è espressa a favore di una razionalizzazione e innovazione integrale della disciplina delle costruzioni. In realtà la distanza tra le due opzioni sembra meno rilevante di quanto possa apparire a prima vista, in quanto entrambe hanno come finalità una revisione organica della materia in funzione dei nuovi obiettivi” imposti dalla duplice transizione ambientale e digitale. Astrid condivide anche la segnalazione fatta dall’Ance che sia “comunque necessario prevedere anche una adeguata disciplina transitoria per scongiurare i rischi di un effetto indesiderato di ‘rallentamento’ delle procedure edilizie, connesso al mutamento delle regole e dei procedimenti”.

Le proposte contenute nei 29 principi e criteri di delega

Ma entriamo ora nel vivo delle proposte di Astrid che si articolano, sostanzialmente, nei 29 criteri di delega contenuti nella proposta di legge. Le lettere a) e b) dei principi e criteri di delega sono dedicate agli obiettivi della disciplina come già ricordati: recupero del patrimonio edilizio, efficienza degli interventi, sicurezza antisismica, efficientamento energetico degli edifici, riduzione delle emissioni climalteranti, della rigenerazione urbana e contenimento del consumo di suolo. Si aggiungono poi certezza delle regole ed effettivo rispetto dei principi di semplificazione dell’attività amministrativa, con particolare riguardo alla riduzione degli adempimenti gravanti sui cittadini e sulle imprese.

I principi fondamentali, antidoto allo “spezzatino regionale”

Un aspetto originale della proposta di Astrid ma effettivamente decisivo ai fini della riuscita della riforma è la proposta di un’architettura legislativa che contribuisca a rendere più chiare e definite le competenze dello Stato, delle Regioni e degli enti locali. Una tripartizione delle norme che è anche un antidoto allo spezzatino regionale di cui oggi soffre questa disciplina. In primis questo avviene attraverso una distinzione chiara e ancora più esplicita di quanto avvenga nel TU attuale “tra disposizioni legislative statali applicabili a tutte le Regioni a statuto ordinario senza termini, limiti o condizioni (perché stabiliscono principi fondamentali o norme generali della disciplina della materia edilizia) e disposizioni statali di dettaglio cedevoli, destinate ad applicarsi solo fino a che ciascuna Regione non abbia emanato la normativa di dettaglio di sua competenza nel rispetto dei principi fondamentali”.

I livelli essenziali delle prestazioni

Inoltre, “accanto ai principi fondamentali, il decreto delegato dovrebbe tuttavia individuare anche le altre disposizioni statali che, definendo livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell’art. 117, comma 2, lettera m), della Costituzione, possono essere derogati dal legislatore regionale solo in melius, cioè mediante disposizioni più favorevoli all’esercizio dei diritti dei cittadini e alle loro iniziative e attività nonché alle attività delle imprese”. Fra i livelli essenziali non derogabili, il paper ricorda “la SCIA, il silenzio assenso, le modalità di presentazione delle istanze e la disciplina dei procedimenti davanti alla Conferenza di servizi” e, ancora, i regimi amministrativi delle attività edilizie elencati nella tabella A-Sezione II-Edilizia, e infine “l’adozione di modulistica unificata e di modelli procedimentali omogenei da adottare tramite intese e accordi tra Governo, Regioni ed enti locali, che costituiscono livello essenziale delle prestazioni”.

La lettera c) della proposta prevede dunque che il legislatore delegato individui e definisca i principi fondamentali della disciplina riservata al legislatore statale, mentre la lettera d) prevede l’espressa indicazione delle disposizioni che determinano i livelli essenziali delle prestazioni. La lettera e), infine, prevede che si proceda, attraverso previ accordi e intese in sede di Conferenza unificata, alla definizione e all’aggiornamento di modelli procedimentali uniformi e standardizzati per la presentazione delle istanze, delle segnalazioni e comunicazioni, nonché per la gestione dell’attività edilizia.

La scarsa chiarezza delle categorie di interventi

La criticità più rilevante è “la scarsa chiarezza e l’eccessiva complessità, anche a seguito delle numerose modifiche intervenute, della disciplina delle categorie di intervento in edilizia, cui corrispondono i titoli abilitativi e, di conseguenza, l’applicazione del sistema sanzionatorio e delle disposizioni fiscali. Queste criticità – dice il paper – hanno determinato notevoli incertezze applicative per tecnici e amministrazioni e un ampio contenzioso.

Il criterio di cui alla lettera f) risponde, quindi, all’obiettivo di razionalizzare e semplificare le disposizioni concernenti le diverse tipologie degli interventi edilizi; e di semplificare le descrizioni degli interventi medesimi in modo da ricondurle a sintetiche definizioni di fattispecie generali, assicurandone la coerente ed univoca applicazione, senza prevedere eccezioni in funzione di discipline settoriali, ferma restando l’osservanza dell’eventuale regime autorizzatorio previsto da tali discipline”.

Strettamente connessa la lettera g), che prevede di individuare gli ambiti di applicabilità dei diversi regimi amministrativi con precisa definizione per categorie generali degli interventi per i quali è necessaria l’autorizzazione espressa (permesso di costruire), degli interventi sottoposti ai diversi procedimenti autodichiarativi, quali la SCIA e la CILA, degli interventi del tutto liberi. Le priorità direttive cui dovranno attenersi le norme delegate sono: a) la valorizzazione del ricorso a titoli convenzionati e in deroga; b) l’ampliamento degli interventi liberi e degli interventi sottoposti a procedimenti autodichiarativi; c) la valorizzazione e semplificazione di quelli finalizzati al risparmio energetico, alla rigenerazione urbana e alla riduzione o contenimento del consumo di suolo. Si esclude, infine, la possibilità di introdurre eccezioni a livello locale.

Il paper non trascura il nodo del coordinamento con le altre discipline di settore che incidono sulla disciplina edilizia (lettera i). Da un punto di vista dell’organizzazione dell’amministrazione comunale, si prevede l’unificazione tra SUAP e SUE e la digitalizzazione delle procedure e degli archivi (lettere l ed m). Vengono rafforzate le norme sulla trasparenza – con l’introduzione del principio di pubblicità – e i controlli ex post (che potranno essere programmati).

Continuare il lavoro del salva-casa sulla regolarizzazione del patrimonio edilizio

Un capitolo davvero rilevante – che dovrebbe continuare il lavoro avviato con il salva-casa – è la strumentazione normativa per favorire la regolarizzazione del patrimonio edilizio esistente: tolleranze costruttive, difformità minori, attestazione di conformità, legittimo affidamento dei privati. Il paper ricorda che, sulla base di una indagine del Consiglio nazionale degli ingegneri, oltre il 70% degli immobili presenta modeste irregolarità. Serve, quindi, una disciplina organica e la riforma del TU edilizia è la sede giusta per introdurla. Il paper si dilunga molto su questo aspetto, proponendo misure innovative che dovrebbero contribuire a superare la straordinarietà e la temporaneità delle misure atte a favorire le regolarizzazioni.

Chiudere i condoni edilizi rimasti pendenti

In questo senso va anche un altro aspetto della proposta di legge: una soluzione definitiva, in tempi ragionevole, alle centinaia di migliaia di condoni pendenti da molti anni. Una situazione che “rappresenta un ostacolo al processo di recupero del patrimonio edilizio”. Previsto il rilascio di un provvedimento espresso in tutti i casi in cui non si sia formato il silenzio assenso. La norma delegata dovrebbe anche fornire criteri e indicazioni per la chiusura delle relative istruttorie, coinvolgendo anche le amministrazioni preposte alla tutela del vincolo esistente all’epoca della presentazione della domanda.
Ultima raccomandazione, la partecipazione delle istituzioni territoriali, delle associazioni imprenditoriali, degli ordini professionali, alla definizione della delega e delle norme delegate. Un ampio processo partecipativo che dovrebbe dare un consenso largo a una riforma decisiva per il Paese, contemplando ovviamente il parere delle commissioni parlamentari e della Conferenza unificata.

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