L’incentivo nel Repower Eu occasione per tenere insieme efficienza energetica e questione abitativa
Le uniche notizie pubbliche a proposito vengono da una risposta del Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini a una interrogazione della capogruppo del Pd alla Camera, Chiara Braga, nella quale viene assicurato che la definizione delle modalità operative avverrà entro dicembre e che, in conformità con le indicazioni europee, il programma coinvolgerà operatori privati, quali le Esco, e soggetti istituzionali quali le Regioni, le aziende territoriali per l’edilizia residenziale e i Comuni titolari di edifici di residenza pubblica e sociale.
L’importanza di questo provvedimento è evidente per almeno tre ragioni. La prima è scontata: sarebbe criminale sprecare risorse di questa quantità a fondo perduto – non sono prestiti da rimborsare – per intervenire proprio sugli edifici su cui ha fallito il Superbonus, giustamente criticato per l’inefficacia nell’aiutare coloro che più avrebbero bisogno di un supporto nel ridurre consumi e spesa per l’energia. E in uno scenario di difficoltà per il settore per la riduzione degli investimenti e l’incertezza del quadro degli incentivi, nell’attesa del Piano previsto dalla direttiva Case Green, l’avvio di questi cantieri sarebbe un’ottima notizia.
La seconda ragione è che il coinvolgimento di operatori privati potrebbe essere l’occasione per avviare un progetto innovativo di intervento per la riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico. Le indicazioni della Commissione Ue su questo sono chiare: l’obiettivo è coinvolgere le imprese private nel realizzare gli interventi e gestire gli edifici nella logica dei contratti EPC (energy performance contract), in modo da garantire una compartecipazione nel finanziamento e nell’attenzione alle prestazioni energetiche da raggiungere. Il nostro Paese ha quanto mai bisogno di un cambio radicale rispetto a questi processi. I problemi e i ritardi nell’attuazione del PNRR hanno confermato che una stagione degli interventi pubblici in questo campo va chiusa. Quella per cui erano Enti Locali e Regioni a gestire tutte le fasi del processo: progettazione, fase di gara, gestione degli edifici post intervento. Di fronte a numeri rilevanti di intervento, come quelli di cui c’è bisogno, il sistema va in crisi. Come propone Bruxelles, ha molto più senso coinvolgere operatori privati – le cosiddette ESCO – nel portare avanti queste fasi e, soprattutto, sfidarle a ridurre al massimo i consumi energetici e ad autoprodurre l’energia attraverso il solare, in modo da recuperare margini per cofinanziare gli interventi. Mentre al pubblico spetta la responsabilità di fissare obiettivi e controllare, garantire un’efficace regia delle operazioni.
Nella risposta di Salvini si fa cenno a un’interlocuzione in corso con CDP e il GSE. E di sicuro sarà fondamentale prevedere il supporto agli Enti Locali di queste strutture, oltre a Invitalia, – come nelle migliori esperienze del Recovery Plan –, per arrivare a costruire meccanismi virtuosi di intervento e cofinanziamento, con l’accesso a prestiti a tassi calmierati e magari anche all’incentivo del Conto Termico, che fino ad oggi è stato pochissimo utilizzato per l’edilizia sociale. Anche perché se questo modello funzionerà, dal 2026 potrebbe essere utilizzato per attingere alle risorse del Fondo Sociale Clima che, sempre l’Europa, ha introdotto per supportare proprio questo tipo di progetti.
Infine, questo modello innovativo di intervento dovrebbe viaggiare in stretta sinergia con il ‘Piano Casa Italia’ che il Ministro delle infrastrutture ha annunciato per giugno 2025, con l’obiettivo di dare risposta al disagio abitativo. Perché il patrimonio di alloggi di edilizia sociale pubblica italiano ha da tempo un disperato bisogno di interventi di riqualificazione.
Nel nostro Paese sono presenti oltre 836mila alloggi gestiti da enti diversi, secondo le analisi di Federcasa, con circa un terzo in condizioni di degrado e un fabbisogno di almeno 250 mila alloggi che servirebbe per soddisfare la domanda di famiglie in difficoltà a pagare l’affitto o sotto sfratto, in particolare nelle grandi città. Ma sarebbe un errore se i due processi viaggiassero in parallelo, ossia da un lato la riqualificazione energetica di quelli esistenti e dall’altra la costruzione di nuovi alloggi. Dopo decenni di discussioni sulle periferie la sfida sta nella rigenerazione dei tessuti urbani, nei tanti edifici pubblici e privati da ripensare completamente, con intorno spazi degradati e immensi parcheggi di asfalto che diventano isole di calore urbano durante le sempre più torride estati. Tenere assieme queste sfide dentro un approccio innovativo alla mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici non è solo urgente, ma oggi anche un’opportunità perché le risorse europee andranno in questa direzione. Chissà che proprio un finanziamento a cui il Governo Meloni aveva guardato con fastidio, perché ortogonale alla narrazione contro la transizione energetica e le conseguenze per i più poveri, non aiuti a capire che è nell’interesse delle imprese, delle famiglie, come di tutti i livelli di governo, cogliere queste sfide.

Ecologista
Edoardo Zanchini è direttore dell’ufficio clima del Comune di Roma. È stato vicepresidente nazionale di Legambiente dal 2011 al 2022. Architetto, PhD in pianificazione urbanistica, ha insegnato nelle Università di Roma, Ferrara e Pescara (dove è stato ricercatore). È stato nei board dei network ambientalisti Transport and Environment, Renewables Grid Initiative, Worldwide carbon price, e di diversi comitati scientifici. Autore di saggi in materia di energia, clima, sostenibilità urbana.