L'INAZIONE PESA 2,2MLD/ANNO
Aree naturali, Italia INDIETRO: 58 su 85 sono in uno stato sfavorevole
Secondo il rapporto del Nature Positive Network, il nostro Paese è nettamente al di sotto delle medie europee anche sulle aree protette a terra e a mare. Serve maggior attenzione anche da parte delle imprese nel rapporto con gli ecosistemi, beneficiando in possibilità di accesso al credito, riduzione dei costi assicurativi, miglioramento della stabilità della supply chain, aiuto a raggiungere gli obiettivi climatici.
Italia poco nature positive. Il nostro Paese è fortemente indietro sulla protezione degli ecosistemi rispetto ai parametri europei. Secondo il Nature Positive Network, su un totale di 85 diversi ecosistemi classificati, ben 58 si trovano in uno stato di conservazione sfavorevole. Solo il 9,9 % dei 132 habitat d’interesse comunitario segnalati gode di uno stato di conservazione “favorevole”, a fronte di una media Ue pari al 14,7 %. E il 46,3% della superficie di ecosistemi naturali è a rischio. Con la zona padana in testa alla black list. Le aree protette a terra sono pari al 21,7 % della superficie complessiva, quelle a mare si fermano all’11,6 %. Numeri che si traducono in un allarme tanto ambientale quanto economico e produttivo calcolato dall’Unione Europea in danni da 2,2 miliardi annui fino a toccare un picco di circa 60 miliardi al 2050 (per l’Ue: 57 miliardi annui e 1.200 entro metà secolo). Al contrario, investire nella nature restoration avrebbe un costo di 261 milioni e un ritorno di 2,4 milioni di euro.
Altri dati snocciolati riguardano il suolo consumato in Italia, che copre adesso il 7,16 % del territorio nazionale con una maggiore intensità in pianura Padana e in particolar modo lungo la via Emilia e la direttrice Milano-Venezia. Anche la qualità delle acque mostra forti elementi di criticità: solo il 47% dei corpi idrici superficiali ha raggiunto lo stato ecologico “buono” o “elevato”.

Eppure, l’Italia ha una strategia nazionale per la biodiversità e lavora al piano nazionale di ripristino della natura per mettere la rigenerazione degli ecosistemi al centro delle politiche per l’adattamento climatico, la gestione delle acque e la resilienza territoriale, richiedendo un forte coordinamento multilivello e un monitoraggio trasparente dei risultati. Ad oggi, però, siamo indietro e il monito per colmare i gap è rivolto tanto alla politica quanto alle imprese, chiamate anch’esse a porre maggiore attenzione al loro rapporto con i sistemi naturali, realizzando adeguate valutazioni degli impatti e delle dipendenze. Questo aiuta a minimizzare i numerosi rischi fisici e quelli di transizione. Tra i benefici, verrebbe ampliato l’accesso al credito, ridotti i costi assicurativi, migliorata la stabilità della supply chain, agevolato il raggiungimento degli obiettivi climatici. Il tutto, accrescendo i rendimenti con moltiplicatori economici e occupazionali. Al momento, il nostro Paese registra un marcato divario tra le risorse finanziarie mobilitate a favore della natura e quelle necessarie per arrestare e invertire il suo deterioramento. Il gap finanziario è di circa 0,91 miliardi di euro all’anno, pari allo 0,05 % del pil. Per colmarlo, secondo il Npn, è necessario migliorare l’utilizzo delle risorse pubbliche, ad esempio riducendo sensibilmente l’ammontare dei sussidi dannosi nei confronti della biodiversità e attivando strumenti in grado di ridurre i rischi – operativi, regolatori e di mercato – che oggi frenano gli investimenti privati in progetti per la natura.
Sul fronte bancario, spiega poi il rapporto, quasi il 75 % dei prestiti bancari a imprese nell’area dell’euro vengono concessi ad aziende con un’elevata dipendenza da almeno un servizio ecosistemico. Dunque, occorre invertire il trend di degrado degli ecosistemi sia per evitare danni anche alle aziende, sia per le banche in relazione ad un rischio concreto di stabilità dei propri portafogli creditizi.
“Non muoversi rapidamente verso un modello produttivo in equilibrio con le capacità rigenerative del Capitale Naturale rischia di compromettere irreversibilmente le prospettive di sicurezza economica e di benessere sociale. Rigenerare la natura è un fattore imprescindibile per contrastare la crisi climatica ed ecologica che minaccia la stabilità della nostra economia”, ha detto Edo Ronchi (Presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile). “L’Unione Europea nel suo bilancio 2021-2027 prevede per la biodiversità 115 miliardi di euro, oltre a fondi dedicati. Per riuscire a centrare questo cambio di paradigma sarà necessario affiancare a queste risorse quelle nazionali, regionali e private, coinvolgendo anche il mondo produttivo e le comunità locali”, ha ricordato infine Giuseppe Dodaro coordinatore del Nature positive network.