La giornata

Al G7 SCONTRO Trump-Macron, Usa e Ue ancora lontani sui dazi

  • Lagarde: è il momento di un euro globale ma l’Europa deve rafforzarsi
  • Pnrr, Fitto: attuazione Rrf in ritardo, il 51% dei fondi totali deve ancora essere erogato
  • Giornata di disagi e ritardi sull’altà velocità, le opposizioni attaccano Salvini
  • FederlegnoArredo: nel primo trimestre vendite in lieve calo -0,7% ma il clima di incertezza taglia al ribasso le stime per il 2025
  • Siglato l’Accordo interconfederale sulla salute e sicurezza sul lavoro e per il rafforzamento della Rete della pariteticità artigiana

17 Giu 2025

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IN SINTESI

Le premesse della vigilia sono state confermate. Complicato dallo scenario che si è aperto con il nuovo conflitto tra Israele e Iran, il G7 in Canada è partito in salita ed è stato terreno di scontri e divisioni in un tourbillon di incontri plenari, bilaterali e anche di botta e risposta a distanza. I dossier sul tavolo non hanno registrato progressi: c’è la partita dei dazi Usa-Ue, ci sono le scintille tra il presidente Usa Donald Trump e quello francese Emmanuel Macron sull’Iran, la linea tedesca che appoggia le posizioni israeliane in Medio Oriente, gli interrogativi su un possibile coinvolgimento di Berlino e Washington nel conflitto. Ma non c’è solo la nuova guerra a dividere: a Kanankis, è arrivato il presidente ucraino Vlodomyr Zelensky che ha chiesto un maggior sostegno da parte degli alleati che però si dividono su un nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia. Un risultato raggiunto è stata la dichiarazione congiunta per chiedere una de-escalation tra Israele e Iran, firmata anche da Trump a sorpresa. Come a sorpresa, Trump ha poi lasciato il summit per riunire nella Situation Room il team di Sicurezza nazionale. Sull’Air Force One, Trump dichiara di  volere una «resa completa e incondizionata dell’Iran». Sui social ha più scritto che “Serve una vera fine del conflitto», «l’Iran deve arrendersi». A Kanankis, dopo una trattativa sul testo durata per giorni, con Washington che ha spinto perche’ il documento contenesse garanzie sulla posizione israeliana, la distanza e’ rimasta. “Se Trump ha cambiato idea io non sono responsabile, il presidente francese parla per la Francia. Ho detto che era una cosa positiva che andasse a discutere e non cambio idea, la Francia ha una posizione chiara da anni”, ha spiegato Macron ai giornalisti.  Il riferimento è a Trump dal quale, a stretto giro, è arrivata la replica: “Che lo faccia intenzionalmente o meno, Emmanuel sbaglia sempre”, ha attaccato Trump secondo il quale Macron è alla ricerca di visibilità perche’ aveva “erroneamente affermato che ho lasciato il vertice del G7 in Canada per tornare a Washington e lavorare a un ‘cessate il fuoco’”. Trump ha parlato di “resa incondizionata” e non ha escluso di usare asset militari Usa per colpire le strutture nucleari iraniane. Per il cancelliere tedesco Friederich Merz, Israele sta facendo “il lavoro sporco per tutti noi” in Iran, se Teheran “non fa marcia indietro, la completa distruzione del programma nucleare iraniano e’ all’ordine del giorno”. “Qualsiasi tentativo di cambiare il regime porterebbe al “caos”, è la convinzione di Macron. Prima di lasciare il vertice, Trump ha avuto un colloquio con la premier Giorgia Meloni, a margine del summit. Seduti su una panchina in legno nel parco del Pomeroy Kananaskis Mountain Lodge, Trump e Meloni hanno discusso della crisi iraniana e l’opportunità di riaprire uno spiraglio negoziale tra le parti. Nel corso dell’incontro, la presidente del Consiglio ha ribadito l’urgenza di lavorare a un cessate il fuoco a Gaza, facendosi promotrice di un’iniziativa che – secondo fonti italiane – avrebbe raccolto l’adesione degli altri partner Ue. La conversazione con Trump ha rappresentato anche un’occasione per Meloni di sottolineare l’importanza di arrivare a un’intesa sul negoziato commerciale tra Bruxelles e Washington.

Lagarde: è il momento di un euro globale ma l’Europa deve rafforzarsi

“Stiamo assistendo a un profondo cambiamento nell’ordine mondiale: i mercati aperti e le regole multilaterali si stanno sgretolando, e perfino il ruolo dominante del dollaro statunitense, pilastro del sistema, non e’ piu’ garantito. Al loro posto avanzano protezionismo, logiche a somma zero e giochi di potere bilaterali”. A scriverlo è la presidente della Bce Christine Lagarde in un editoriale pubblicato sul Financial Times.  “Questa incertezza danneggia l’economia europea, fortemente integrata nel sistema commerciale globale, con 30 milioni di posti di lavoro a rischio”. Al tempo stesso – sottolinea Lagarde – questo cambiamento rappresenta anche un’opportunità  per l’Europa di prendere maggiore controllo del proprio destino e per l’euro di acquisire un ruolo più rilevante a livello globale. “Attualmente, l’euro è la seconda valuta più  utilizzata al mondo, rappresentando il 20% delle riserve valutarie globali, contro il 58% del dollaro statunitense. Aumentare lo status globale dell’euro porterebbe vantaggi concreti: costi di finanziamento più bassi, minore esposizione alle fluttuazioni valutarie e protezione da sanzioni e pressioni coercitive. Ma questo passo verso una maggiore rilevanza internazionale della nostra valuta non avverra’ automaticamente: deve essere conquistato”. “Affinche’ l’euro possa raggiungere il suo pieno potenziale – sottolinea Lagarde – l’Europa deve rafforzare tre pilastri fondamentali: credibilità geopolitica, resilienza economica e integrità giuridica e istituzionale”.

Pnrr, Fitto: attuazione Rrf in ritardo, il 51% dei fondi totali deve ancora essere erogato

“Il dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf) ha cambiato le carte in tavola nella risposta dell’Europa agli effetti della pandemia. L’Rrf ha avuto un grande effetto stabilizzante sulle economie europee. Ha anche contribuito a promuovere l’attuazione di importanti riforme. Detto questo, l’attuazione è in ritardo. Nel complesso, il 51% dei fondi totali impegnati dal Rrf deve ancora essere erogato e il 68% delle tappe intermedie e degli obiettivi deve ancora essere valutato come raggiunto, anche se gli Stati membri hanno già segnalato che il 20% di essi è stato completato”. Lo ha detto Raffaele Fitto, vicepresidente esecutivo della Commissione europea con delega a Coesione e riforme, intervenendo nella plenaria di Strasburgo del Parlamento Ue per il dibattito sulla Relazione sull’attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza. “La Commissione – ha detto Fitto –  prende atto della richiesta contenuta nella relazione di attuazione – del dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf) – di prorogare di 18 mesi il termine per i progetti maturi nell’ambito dell’Rrf. Il dispositivo è stato creato come strumento di sostegno temporaneo. Il regolamento Rrf è esplicito riguardo al completamento di tutte le tappe fondamentali e degli obiettivi entro la fine di agosto 2026 e all’effettuazione degli ultimi pagamenti e dei relativi prestiti entro la fine di dicembre 2026. Tali scadenze non possono essere modificate senza una modifica del regolamento Rrf, del regolamento Euri e della decisione sulle risorse proprie. Come sapete, quest’ultima richiede l’unanimità in seno al Consiglio e la ratifica da parte di una serie di parlamenti nazionali. La Commissione dà priorità alla certezza giuridica, fornendo al contempo opzioni per accelerare l’attuazione e garantire il completamento entro la fine del dispositivo”.

 

Giornata di disagi e ritardi sull’altà velocità, le opposizioni attaccano Salvini

Giornata di caos  e disagi per i passaggeri, con ritardi fino a tre ore, sull’alta velocità. Sulla linea Roma-Napoli, ha fatto sapere Rfi, “nel corso della giornata si sono verificate disconnessioni saltuarie sulla rete di telecomunicazione di alcune postazioni periferiche deputate alla gestione in sicurezza del traffico ferroviario”. La circolazione ferroviaria è ripresa intorno alle 15 dopo l’intervento dei tecnici di Rete Ferroviaria Italiana. “La circolazione ferroviaria è sempre stata assicurata per tutti i treni già presenti sulla linea”, ha riferito la società. “L’anomalia – specifica Rfi – pur avendo causato rallentamenti e variazioni di percorso, non ha mai comportato l’interruzione del servizio. Le cause sono tuttora in fase di accertamento, trattandosi di un evento raro e complesso. I treni AV deviati sulla linea Roma-Cassino hanno subito ulteriori rallentamenti a causa di importanti eventi atmosferici nella stazione di Zagarolo che hanno inibito gli impianti di circolazione”. I disservizi hanno alimentato gli attacchi dell’opposizione rivolti al ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini. “Non ci sono più scuse, per i ritardi e i disagi delle ferrovie ad AltaVelocità. Non ci sono sabotaggi, complotti e scioperi che tengano. L’ennesima giornata da incubo degli utenti delle ferrovie italiane chiama in causa il disastro di un ministro dei Trasporti che si occupa di tutto tranne che del suo dicastero e di un sistema ferroviario veloce che ogni giorno che passa va sempre più alla deriva”, ha scritto sui social Antonio Misiani della segreteria del Partito Democratico. “Se il buongiorno si vede dal mattino, oggi abbiamo già un’idea chiara di come andrà l’estate per cittadini, pendolari e turisti. Altro che alta velocità: si prospettano vacanze sui binari, tra ritardi, guasti e disservizi continui. E Salvini? Impegnato a fare propaganda mentre il Paese si ferma. Da un ministro dei Trasporti ci si aspetta che risolva i problemi, non che li ignori”, ha detto sempre sui social la senatrice di Italia Viva Silvia Fregolent.

 

FederlegnoArredo: nel primo trimestre vendite in lieve calo -0,% ma il clima di incertezza taglia al ribasso le stime per il 2025

La filiera legno-arredo mostra segnali di tenuta nel primo scorcio dell’anno ma il clima di incertezza spinge le imprese a rivedere al ribasso le previsioni dell’intero 2025. Il primo trimestre risulta in linea con l’andamento del gennaio-marzo 2024, registrando uno scostamento pari a -0,7% complessivo, senza differenze sostanziali tra il mercato nazionale (-0,5%), che pesa poco meno del 56% e l’export (-1%). È quanto emerge dal Monitor realizzato dal Centro studi di FederlegnoArredo su un campione di circa 400 aziende che nel trimestre indagato hanno realizzato vendite per oltre 2,2 miliardi di euro. I segnali più negativi arrivano dal macrosistema arredamento, che rappresenta oltre il 60% delle vendite totali, e che chiude il primo trimestre 2025 con un -2%, determinato sia dalle esportazioni (-2,4%) che dal mercato interno ( -1,7%). Leggermente migliore è invece l’andamento del macrosistema legno: +1,9% il totale, +1,3% mercato interno e +3,2% l’export. Sono dati che “potremmo definire confortanti, stante la situazione internazionale e le ricadute che le scelte Oltreoceano stanno avendo sulle nostre imprese”, commenta il presidente di FederlegnoArredo, Claudio Feltrin.

FederlegnoArredo ha chiesto ai propri associati di azzardare anche una previsione per tutto il 2025, per quanto difficile, data l’incertezza del momento. “Chi ha comunque provato a quantificare la chiusura d’anno l’ha rivista al ribasso, rispetto alla precedente rilevazione, seppur mantenendo una chiusura d’anno positiva, guidata più dalle esportazioni che dal mercato interno (+2,8%). Se le previsioni fatte a inizio 2025 individuavano, per la filiera, una chiusura d’anno a +6,4%, adesso la percentuale scende a +4,7%, per il mercato interno si passa dal +4,7% al +2,8%, mentre per l’export dal +8,7 % al +7,1%”, riferisce Feltrin. E’ il  macrosistema arredamento a prevedere la contrazione maggiore con le vendite che passano da +6,7% a +4,4%. Il segmento, particolarmente votato all’estero, vede un ridimensionamento dell’export dal +8,8% di inizio anno al 6,5%; per l’Italia le stime passano da +4,6% a +2,1%. Per il macrosistema legno, le previsioni registrano variazioni di valori decimali: rispetto alle previsioni di inizio anno che prospettavano un incremento del 5,8%, ora si stima +5,6%. Migliorano le previsione per l’export da +8% a +8,7% mentre per l’Italia le imprese prevedono una riduzione da +4,8% a +4,3%. “Più che previsioni – puntualizza il presidente di FederlegnoArredo,tenderei a definirle speranze, consapevoli che, data la velocità con cui cambiano gli scenari geopolitici e con quale forza impattano da un giorno all’altro nel business delle aziende, sono sempre più spesso letture ‘di breve respiro’”.

Dal focus dedicato al tema dei dazi si evince che poco meno della metà delle imprese ritiene di poter subire un impatto, di questi circa la metà lo quantifica in un 5%; il 26% ritiene invece che avrà un impatto che può arrivare fino al 10%, e il restante 25%, dichiara oltre il 10%, ma c’è anche chi non è in grado di fare nessun tipo di previsione. “È questo – sottolinea Feltrin –  il dato a mio avviso più preoccupante che testimonia lo stato di confusione e totale incertezza che ha immobilizzato molte aziende, nell’attesa di avere un quadro stabile e decidere le strategie future, a partire dall’apertura verso nuovi mercati o la scoperta di potenziali. Nonostante ciò, uno spiraglio di ottimismo arriva dai dati della produzione industriale di aprile che vedono l’industria del mobile segnare un +7,1% rispetto aprile 2024 e quella del legno un +2,7%, mentre l’andamento generale della manifattura è stazionario (-0,1%). Aspettiamo almeno il primo semestre per capire davvero la direzione che sta prendendo l’anno in corso”.

Secondo i dati diffusi dal centro studi di FederlegnoArredo, l’export della filiera legno-arredo ha chiuso il 2024 con un calo del 2,1% sul 2023, attestandosi a circa 19,4 miliardi di euro. Un anno che ha visto alternarsi mesi con performance molto negative a mesi con performance molto positive, fino a chiudersi con un dicembre sostanzialmente stabile. Andamento che non ha consentito neanche di arrivare a un pareggio con il 2023. Il macrosistema arredamento ha comunque contenuto meglio le perdite con un -1,8%, raggiungendo un valore di 14,4 miliardi di euro.

 

Siglato l’Accordo interconfederale sulla salute e sicurezza sul lavoro e per il rafforzamento della Rete della pariteticità artigiana

È stato sottoscritto nella giornata di lunedì da Cgil, Cisl, Uil e dalle Associazioni di rappresentanza datoriale dell’artigianato il rinnovo dell’Accordo interconfederale in materia di salute e sicurezza sul lavoro (Ssl), che rafforza il ruolo della rete della pariteticità artigiana come strumento di prevenzione e presidio fondamentale per la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori del settore, rilanciando al contempo il numero e l’azione dei rappresentanti sindacali per la sicurezza sul territorio. Ad annunciarlo sono Cgil, Cisl e Uil. L’intesa aggiorna e rilancia il sistema della pariteticità artigiana in tema di sicurezza, con l’obiettivo di: rafforzare il coordinamento nazionale e territoriale delle strutture bilaterali paritetiche per garantire una maggiore efficacia degli interventi; promuovere la cultura della prevenzione, della formazione e dell’assistenza alle imprese e ai lavoratori; uniformare le modalità operative della rete, favorendo un approccio integrato e condiviso su tutto il territorio nazionale; valorizzare il ruolo dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS e RLST) nel sistema artigiano, favorendo la loro formazione e incrementandone il numero. Cgil, Cisl, Uil sottolineano il valore dell’accordo come esempio di responsabilità e partecipazione tra le parti sociali per costruire un sistema più efficace di prevenzione nei luoghi di lavoro, in un settore dove la presenza delle micro e piccole imprese rende ancora più essenziale il supporto delle strutture paritetiche. “Con questo accordo – dichiarano i segretari confederali – si compie un passo in avanti decisivo per rendere la sicurezza un diritto realmente esigibile anche nei contesti più fragili, dove è maggiore il rischio di infortuni e malattie professionali. È un impegno concreto per contrastare la strage silenziosa che ogni anno colpisce il mondo del lavoro.”

Ponte sullo Stretto, incontro tra Ignv e società: verso una collaborazione scientifica strategica

Si è svolto ieri presso la sede di Roma dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), un incontro istituzionale tra il Presidente dell’INGV, dr. Fabio Florindo, e l’Amministratore Delegato della società Stretto di Messina, Pietro Ciucci. L’incontro ha rappresentato un’importante occasione di dialogo e confronto tecnico-scientifico, con l’obiettivo di rafforzare la collaborazione tra l’Istituto di ricerca e la Società concessionaria incaricata della progettazione e realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. Al centro del colloquio, il ruolo cruciale della conoscenza geofisica e sismologica nella pianificazione e nella sicurezza di una delle opere infrastrutturali più rilevanti del Paese. L’INGV metterà a disposizione le proprie competenze e il proprio patrimonio di dati per i previsti ulteriori approfondimenti da effettuare in sede di progettazione esecutiva, con particolare riferimento al monitoraggio sismico e geodetico nell’area dello Stretto di Messina La sinergia tra ricerca scientifica e grandi opere pubbliche è un elemento strategico per garantire la realizzazione di infrastrutture moderne, sicure e rispettose del territorio. L’odierno incontro segna un ulteriore passo significativo in questa direzione.

Corporate governance, Consob: segnali d un ritorno di interesse degli investitori istituzionali nelle società quotate

Segnali di un ritorno d’interesse da parte degli investitori istituzionali per le società italiane quotate in Borsa. Il 2024, per la prima volta dal 2019, mostra un incremento (27% da 24% dell’anno prima) nella quota delle imprese in Piazza Affari che hanno nell’azionariato investitori istituzionali, in particolare esteri (21,5% società vs. 19% nel 2023). È uno dei dati che risultano dall’ultimo Rapporto sulla corporate governance delle società quotate italiane pubblicato oggi dalla Consob. Per la prima volta il Rapporto affronta, in un apposito Addendum, una mappatura dell’interazione avvenuta tra imprese, azionisti e altri stakeholder, che – sulla base di un’indagine condotta a campione – dà conto di un intenso dialogo con i vari portatori d’interesse. Il Rapporto conferma, tra l’altro, anche la crescente attenzione dei Consigli di amministrazione verso i temi Esg sulla sostenibilità ambientale, sociale e di governo delle imprese. A fine 2023 i comitati di sostenibilità risultano presenti nel 68% delle imprese a fronte del 61% del 2022 e del 20% nel 2017. Lo studio evidenzia, inoltre, che la presenza delle donne negli organi sociali delle quotate si attesta al 43% delle posizioni, al di sopra quindi della soglia minima fissata per legge (40%). È in crescita rispetto agli anni precedenti la percentuale di società in cui il genere femminile è ugualmente o più rappresentato rispetto a quello maschile nell’organo di amministrazione (19% dei Cda, rispetto al 15% del 2023). Tuttavia, le donne continuano a ricoprire raramente il ruolo di amministratore delegato o di presidente dell’organo di amministrazione (rispettivamente 2,2% e 3,5% degli incarichi ricoperti da donne). La titolarità di incarichi di amministrazione in più di un emittente quotato (interlocking) riguarda il 27,6% delle donne. Il dato femminile è superiore a quello degli uomini, come nelle rilevazioni precedenti, ma mostra una graduale e continua riduzione iniziata negli anni più recenti dopo il valore massimo del 34,9% raggiunto nel 2019.Gli emittenti che hanno introdotto in statuto il voto maggiorato sono 72 (vs. 74 nel 2023), pari al 14,7% del valore totale di mercato. Tra questi, 10 emittenti hanno previsto un voto maggiorato rafforzato.

 

Sicurezza marittima, Rixi presiede la riunione del Cism: obiettivo tutela sicurezza del naviglio commerciale

Di fronte all’acuirsi della crisi in Medio Oriente, si è riunito ieri il Comitato interministeriale per la sicurezza marittima (Cism), presieduto dal vice ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Edoardo Rixi. Alla riunione, coordinata dalla Guardia Costiera, hanno preso parte anche i rappresentanti dei ministeri coinvolti, tra cui Difesa ed Esteri, e le principali associazioni dell’armamento nazionale. Il Comitato si attiva in via straordinaria nei momenti di crisi per garantire agli armatori le migliori condizioni di sicurezza nei diversi quadranti strategici. Durante l’incontro sono state valutate le misure da adottare alla luce del quadro attuale, con l’obiettivo di tutelare la sicurezza del naviglio commerciale. Il Governo conferma il proprio impegno nel presidiare le rotte marittime vitali per il Paese e per l’Europa.

 

Porti, Salvini nomina Mastro commissario straordinario per l’Adsp Mare Adriatico Meridionale

Il vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha firmato il decreto di nomina dell’avvocato Francesco Mastro quale Commissario Straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale, che comprende i porti di Bari, Brindisi, Barletta, Manfredonia, Monopoli e Termoli. Il provvedimento, adottato secondo quanto previsto dalla normativa vigente, avrà efficacia a partire dal 30 giugno 2025. Il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ringrazia il Commissario uscente, ammiraglio Vincenzo Leone, per l’attività svolta finora e rivolge i migliori auguri di buon lavoro al nuovo Commissario.

Crisi idrica, consegnati in tempi record i primi dissalatori mobili in Sicilia

La lotta alla crisi idrica in Sicilia ottiene un ulteriore importante risultato grazie a una efficace azione di sistema. Regione Siciliana, Commissario regionale e nazionale per la scarsità idrica, Siciliacque e Acciona Agua (leader mondiale nel trattamento delle acque) annunciano la consegna dei tre dissalatori mobili per i siti di Porto Empedocle (AG), Gela (CL) e Trapani. Realizzati in 120 giorni, rappresentano un modello virtuoso di collaborazione pubblico-privato.
I primi 18 container sono già arrivati a Porto Empedocle e Gela, mentre ieri sono stati consegnati i moduli per Trapani  Ai tre dissalatori si aggiungerà successivamente anche il revamping dell’impianto fisso di Porto Empedocle. Gli interventi complessivi sono stati finanziati dalla Regione con 100 milioni di euro e comprendono anche le opere di allaccio a terra e a mare. Il coordinamento delle attività è stato affidato al commissario Dell’Acqua, su richiesta della Regione. Siciliacque, società partecipata da Italgas (75%) e Regione Siciliana (25%), soggetto attuatore del progetto relativo ai dissalatori, sta ultimando i lavori propedeutici ad accogliere gli impianti, l’installazione delle condotte di collegamento alla rete idrica e le altre opere connesse al funzionamento delle apparecchiature. Parallelamente, in veste di gestore del servizio idrico di sovrambito, sta portando avanti un importante piano di investimenti pluriennale per oltre 250 milioni di euro per migliorare la resilienza delle grandi “dorsali” idriche regionali. I dissalatori mobili produrranno 96 litri di acqua al secondo ciascuno, con tecnologie a osmosi inversa e filtri avanzati, assicurando acqua potabile di qualità nel rispetto dell’ambiente. Un passo decisivo verso la sicurezza idrica della Sicilia.

Renato Schifani, presidente della Regione Siciliana, ha dichiarato: “La consegna in tempi record è il frutto di una precisa scelta politica e amministrativa della Regione: abbiamo stanziato le risorse e deciso di affidarci alla Struttura del commissario nazionale e a Siciliacque – che ringrazio per la preziosa collaborazione – per garantire rapidità, efficacia e trasparenza. È una risposta concreta a un’emergenza senza precedenti, che stiamo affrontando con una visione strategica. Voglio però essere chiaro: questi impianti non sono l’unica soluzione. Si inseriscono in un piano più ampio che la Regione ha già avviato, con oltre 200 interventi su pozzi, sorgenti, impianti di sollevamento, acquedotti e reti idriche, per un investimento complessivo che supera i 100 milioni di euro. Il nostro obiettivo è costruire una Sicilia più resiliente e sicura sul fronte idrico, con interventi strutturali, duraturi e coordinati, mai realizzati. Questa è la direzione che abbiamo scelto e che continueremo a percorrere con determinazione”. Stefano Mereu, Amministratore delegato di Siciliacque, ha commentato: “Stiamo affrontando la crisi idrica affiancando al nostro piano pluriennale degli investimenti, pari ad oltre 250 milioni di euro, anche la realizzazione del sistema dei dissalatori. Da mesi lavoriamo senza sosta affinché l’Isola sia dotata di impianti in grado di soddisfare un’esigenza primaria come quella del servizio idrico. I dissalatori rientrano in un piano più ampio che comprende anche la realizzazione di nuove fonti e interconnessioni, di nuove tratte di acquedotto, manutenzione straordinaria e sostituzione sulle tratte esistenti a partire da Ancipa, Blufi, Garcia e Fanaco, digitalizzazione dell’intero sistema di reti ed impianti ed il revamping delle centrali per efficientamento energetico. Il rinnovamento della compagine societaria di Siciliacque, avvenuto alla fine del 2023 con l’ingresso di Italgas, ha permesso di elaborare una nuova strategia di sviluppo basata su approccio di sistema e sull’introduzione di tecnologie innovative con l’obiettivo di rendere la rete idrica di sovrambito efficiente in ogni sua componente”. Pietro Tota, Direttore della succursale italiana di Acciona Agua, ha dichiarato: “Siamo orgogliosi di aver messo a disposizione il nostro know-how di leader mondiale nella dissalazione anche per questa causa
prioritaria. Realizzare e consegnare tre impianti di dissalazione completi in 120 giorni è stata una sfida ingegneristica e logistica notevole, superata grazie alla nostra esperienza e a un dialogo costante con Siciliacque e la Struttura commissariale. Forniamo una soluzione ‘chiavi in mano’ che non solo è rapida da
installare, ma è anche sostenibile, grazie a tecnologie ad alta efficienza che minimizzano il consumo energetico e l’impatto ambientale”.

Sic e Investindustrial siglano un accordo strategico per la crescita industriale in Arabia Saudita

Sic, Saudi Industrial Development Fund Investment Company, società controllata dal governo saudita e istituita per promuovere lo sviluppo del settore privato, e Investindustrial hanno annunciato una partnership strategica per attrarre nuovi investimenti industriali nel Regno. L’annuncio è avvenuto ieri a Riad, nel corso di una cerimonia ufficiale alla presenza di rappresentanti istituzionali, tra cui l’Ambasciatore d’Italia in Arabia Saudita Carlo Baldocci. Si tratta del primo investimento di SIC in un fondo di private equity internazionale, con l’obiettivo di convogliare capitali istituzionali globali e know-how industriale nel Regno. L’iniziativa si inserisce nella cornice della strategia industriale nazionale e della Vision 2030, il piano che mira a trasformare l’Arabia Saudita in un hub manifatturiero e logistico di riferimento su scala globale. L’accordo stimolerà nuovi investimenti industriali in Arabia Saudita, favorendo lo sviluppo della manifattura avanzata e l’integrazione delle PMI saudite nella catena del valore di Investindustrial. I settori interessati da questa partnership includono quelli dell’automazione, dei macchinari e delle attrezzature, dei dispositivi medici e dei prodotti di consumo, puntando sul valore aggiunto locale e sull’innovazione industriale del Regno. L’accordo consolida la presenza di Investindustrial in Medio Oriente, promuovendo la crescita regionale e attirando imprese ad alto potenziale. La recente apertura di una nuova sede ad Abu Dhabi, con un team di professionisti dedicati, ha rappresentato un passo strategico per cogliere ulteriori opportunità di crescita, anche per le società in portafoglio di Investindustrial già attive nella regione. Inoltre, questa nuova partnership sottolinea l’impegno del Gruppo nel proseguire il percorso di collaborazione con gli imprenditori locali per guidare investimenti sostenibili e di lungo termine. “Questo accordo rappresenta un nuovo capitolo per SIC – ha dichiarato Fahad Al-Naeem, ceo di SIC – Grazie alla partnership con Investindustrial integreremo la portata globale, la profondità operativa e la specializzazione industriale nel nostro ecosistema, posizionando l’Arabia Saudita come piattaforma per la crescita manifatturiera regionale e internazionale. SIC utilizzerà la sua esperienza nel mercato locale per aprire la strada ai produttori globali affinché possano affermarsi in Arabia Saudita e connettersi con la supply chain internazionale, beneficiando della posizione competitiva del Paese”. Andrea C. Bonomi, presidente dell’Advisory Board di Investindustrial, ha dichiarato: “Il Regno dell’Arabia Saudita rappresenta per Investindustrial una regione strategica chiave per la crescita delle nostre società in portafoglio. Molti dei nostri investimenti sono allineati con gli obiettivi della Vision 2030, creando sinergie forti e naturali per una solida creazione di valore a lungo termine. La partnership con SIC segna una tappa significativa nel nostro impegno a supporto della diversificazione economica e dello sviluppo industriale del Regno. Siamo entusiasti di collaborare con SIC e pronti a lavorare fianco a fianco per promuovere la crescita sostenibile del settore industriale saudita”.

L’accordo consolida la presenza di Investindustrial in Medio Oriente, promuovendo la crescita regionale e attirando imprese ad alto potenziale. La recente apertura di una nuova sede ad Abu Dhabi, con un team di professionisti dedicati, ha rappresentato un passo strategico per cogliere ulteriori opportunità di crescita, anche per le società in portafoglio di Investindustrial già attive nella regione. Inoltre, questa nuova partnership sottolinea l’impegno del Gruppo nel proseguire il percorso di collaborazione con gli imprenditori locali per guidare investimenti sostenibili e di lungo termine.

Eni e Petronas siglano un accordo quadro per unire le attività in Malesia e Indonesia

Eni e Petronas hanno firmato ieri a Kuala Lumpur un Accordo Quadro che pone le basi per la creazione della nuova Società a partecipazione congiunta, che gestirà gli asset in Indonesia e Malesia attraverso una business combination. Questo accordo si basa sul Memorandum d’intesa esclusivo firmato di recente dalle due società e include i principi chiave dell’accordo tra azionisti. La nuova Società sarà costituita e gestita come un’entità finanziariamente autosufficiente e le parti hanno concordato le valutazioni degli asset da conferire alla nuova Società, con una proporzione di 50:50. La nuova business combination sarà strategicamente allineata al modello satellitare di Eni e segue quanto già raggiunto con le attività Upstream in Norvegia e Angola con la creazione di Var Energy e Azule. Questa firma rappresenta una tappa fondamentale e segna l’allineamento finale raggiunto da Eni e Petronas sulla valutazione dei rispettivi asset e costituirà la base per gli accordi finali che Eni e Petronas prevedono di firmare entro la fine del quarto trimestre 2025, in seguito al completamento della due diligence finanziaria. La nuova società garantirà nel medio termine una produzione sostenibile di 500 kboepd, principalmente di gas, e potrà fare leva su riserve complessive pari a circa 3 miliardi di barili di olio equivalente (boe) con un potenziale esplorativo di 10 miliardi di boe. Sia Eni che Petronas hanno informato il governo indonesiano e quello malese dei progressi dell’operazione. La transazione finale sarà soggetta alle approvazioni governative, normative e dei partner. Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, ha commentato: “Questo è un altro passo significativo verso la nuova Società che Eni e PETRONAS hanno concordato di creare in Indonesia e Malesia, generando sinergie in termini di asset, competenze e capacità finanziarie, in un modello di trasformazione che rafforza ulteriormente l’enorme potenziale dei due Paesi. La nuova Società avrà un forte impatto locale sulla produzione di gas, portando ulteriore energia, infrastrutture e occupazione a beneficio sia dell’Indonesia che della Malesia. La nuova Società avrà anche l’opportunità di valorizzare ulteriormente un incredibile portafoglio combinato di circa 1.400 miliardi di metri cubi di potenziale esplorativo aggiuntivo a basso rischio”.

 

Nextchem (Maire) e newcleo firmano l’accordo per a costituzione della joint venture Nextcleo

La controllata del gruppo Maire Nextchem e newcleo SA hanno firmato un accordo vincolante per la costituzione di Nextcleo, una joint venture tra le due società, con l’obiettivo di sviluppare la Conventional Island e la Balance of Plant di impianti nucleari di nuova generazione su scala commerciale basati sul reattore modulare avanzato (AMR) da 200 MWe di newcleo. Il 60% del capitale sociale di Nextcleo sarà detenuto da Nextchem e il restante 40% da newcleo. Nextcleo sarà consolidata integralmente da Nextchem, che manterrà il controllo operativo. Gli accordi vincolanti prevedono anche che Nextchem riceva una partecipazione iniziale di circa l’1,25% di azioni di newcleo, che aumenterà fino a circa il 5% alla valutazione attuale pre-money di newcleo, al raggiungimento di alcune milestone. L’accordo prevede un periodo di lock-up di 7 anni dalla firma del relativo shareholder agreement, che non si applicherà alla partecipazione concessa da newcleo a NextChem. Dopo il periodo di lock-up, verrà concessa una prelazione a favore dell’altra parte. Il perfezionamento è previsto nel corso del secondo semestre del 2025 ed è soggetto alle condizioni standard per transazioni di questa natura, inclusa l’autorizzazione ai sensi della normativa italiana del Golden Power. Nextcleo sfrutterà l’esperienza di entrambi gli azionisti e svilupperà il proprio IP. In particolare, newcleo svilupperà la Nuclear Island basata sulla propria tecnologia LFR (Lead-cooled Fast Reactor)-AS-200, mentre Nextchem apporterà il suo know-how distintivo per lo sviluppo dell’ingegneria di base avanzata e fornirà attrezzature proprietarie associate alla Conventional Island e Balance of Plant dell’impianto nucleare, così come i servizi di project management e integrazione per newcleo. Conventional Island e Balance of Plant sono essenziali per convertire l’energia nucleare del reattore in energia elettrica da immettere nella rete o da utilizzare per servire i distretti chimici secondo il modello della e-Factory di Nextchem, contribuendo così alla decarbonizzazione dell’industria chimica tramite la produzione di prodotti a basso contenuto carbonico e carburanti sintetici. Nextcleo fornirà anche servizi di integrazione ad altri fornitori di tecnologia SMR (Small Modular Reactor) e AMR. A Tecnimont verrà assegnato lo status di partner privilegiato per la realizzazione dei progetti, anche grazie all’innovativo approccio modulare volto ad ottimizzare lo sviluppo e la costruzione, con conseguente riduzione di tempi e costi. Il piano di newcleo prevede che il primo prototipo simulatore (cd. pre-cursor prototype) di un AMR sia realizzato entro il 2026 in Italia e che il primo reattore entri in attività entro la fine del 2031 in Francia, mentre la decisione finale di investimento per il primo impianto di scala commerciale è prevista intorno al 2029. La tecnologia LFR-AS-200 (Lead-cooled Fast Reactor) di newcleo, offre energia nucleare sicura combinata con un modello di economia circolare che riprocessa e ricicla le scorie nucleari in linea con il modello di circolarità di NEXTCHEM. Nextcleo faciliterà e accelererà lo sviluppo e la commercializzazione del “LFR-AS-200”, grazie alle competenze sinergiche dei due azionisti nel settore energetico.

Alessandro Bernini, ceo di Maire, ha commentato: “Siamo molto entusiasti di unire le forze con newcleo per stabilire un nuovo standard nel campo della transizione energetica. Con Nextcleo iniziamo un nuovo percorso per industrializzare modelli di chimica a zero emissioni di carbonio basati su una fornitura di energia sicura, affidabile e competitiva.” Stefano Buono, ceo e fondatore di newcleo, ha detto: “Siamo orgogliosi di avere MAIRE, tramite NEXTCHEM, tra i nostri azionisti grazie ad una partnership, a lungo termine, che unirà l’esperienza di entrambe le aziende per creare soluzioni innovative per l’industria nucleare. Questa collaborazione sfrutterà il comprovato track record di MAIRE nei progetti industriali complessi, accelerando la commercializzazione della nostra tecnologia del reattore veloce raffreddato a piombo. Oggi il nostro progetto sta facendo un ulteriore passo avanti per trasformare la visione in realtà”.

I-Com: con IA nelle pmi fatturato doppio al 2030

L’Intelligenza Artificiale si conferma una leva decisiva per la competitività delle piccole e medie imprese italiane. Secondo una nuova ricerca condotta dall’Istituto per la Competitività (I-Com) in collaborazione con TeamSystem – tech & IA company italiana leader nello sviluppo di piattaforme digitali per la gestione del business di imprese e professionisti –, se il 60% delle oltre 246.000 imprese italiane con più di 10 addetti adottasse almeno una tecnologia di Intelligenza Artificiale entro il 2030, si potrebbero generare ricavi aggiuntivi pari a circa 1.300 miliardi di euro, che equivale a raddoppiare la crescita di fatturato media degli ultimi 5 anni. Un potenziale ancora in gran parte inespresso, che evidenzia l’urgenza di accelerare sul fronte della trasformazione digitale e dell’innovazione. Nel 2024, infatti, solo l’8,2% delle imprese italiane di media e grande dimensione ha integrato l’IA nei propri processi – un dato in miglioramento rispetto al 5% del 2023, ma ancora distante dalla media UE (13,5%) e soprattutto dal target del 60% previsto dalla strategia europea “Decade Digitale”. Eppure, l’impatto dell’adozione di queste tecnologie è già misurabile: a parità di settore, dimensione aziendale e area geografica le imprese che nel 2024 hanno adottato l’IA hanno registrato in media il 12% in più di ricavi rispetto a quelle che non lo hanno fatto. A guidare l’adozione sono soprattutto le imprese di media dimensione e i settori dell’informatica, della produzione audiovisiva e delle telecomunicazioni. Cresce anche la propensione all’investimento: un quinto delle imprese italiane prevede di destinare risorse all’AI nel prossimo biennio. Tuttavia, lo studio mostra uno stato della digitalizzazione delle imprese italiane nel 2024 ancora disomogeneo e caratterizzato da ritardi strutturali, con un forte il divario in termini di competenze digitali. La carenza di skill interne è indicata come ostacolo principale all’adozione dell’IA dal 67,4% delle aziende che già la utilizzano, a conferma di una difficoltà ancora ampiamente condivisa. Solo il 2,2%, infatti, dichiara di avere un livello di competenze “molto buono”, mentre oltre la metà si posiziona su livelli che definisce “scarsi” o “molto scarsi”. Oltre a fornire un quadro aggiornato sul livello di adozione dell’IA, la ricerca evidenzia l’importanza di politiche pubbliche mirate – inclusi incentivi fiscali e programmi di accompagnamento – per supportare le PMI nel percorso di digitalizzazione. Tra le misure ritenute più urgenti: la semplificazione delle agevolazioni legate al Piano Transizione 5.0, l’introduzione di incentivi coerenti con il modello as a service semplici e pienamente accessibili anche per le PMI, il miglioramento dell’alfabetizzazione digitale dei decisori aziendali attraverso incentivi alla formazione e la consulenza di centri di competenza e dei Digital Innovation Hub. Stefano da Empoli, Presidente dell’Istituto per la Competitività (I-Com) ha sottolineato che «lo studio che abbiamo realizzato nell’ambito dell’iniziativa condotta insieme a TeamSystem mostra come sia senz’altro in aumento l’interesse e la sperimentazione dell’IA a livello aziendale ma d’altro canto, agli attuali ritmi, non riusciremo a raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati al 2030 nell’ambito della strategia digitale europea. E questo significherebbe precludere alle imprese italiane e in particolare a quelle sotto i cinquanta dipendenti, che costituiscono più del 90% della platea aziendale nazionale, un’opportunità storica di sviluppo, per sé stesse e per il nostro Paese. Per dare un’accelerazione al percorso di adozione dell’IA da parte del nostro sistema produttivo servono incentivi pubblici dedicati ma sono almeno altrettanto necessari percorsi di accompagnamento e formazione rivolti in primis ai piccoli imprenditori».

Eurostat, nel 2024 76 miliardi nella tutela ambientale

Eurostat stima che nel 2024 i paesi dell’Ue abbiano investito circa 76 miliardi di euro in attività essenziali per la fornitura di servizi di protezione ambientale. Questi servizi includono impianti di trattamento delle acque reflue, veicoli per il trasporto dei rifiuti, acquisizioni di terreni per la creazione di riserve naturali e attrezzature più pulite per la produzione. Le aziende hanno speso quasi 47 miliardi di euro (il 61,4% degli investimenti totali per la tutela ambientale) per acquistare tecnologie e attrezzature volte a ridurre le pressioni ambientali derivanti dai loro processi produttivi (ad esempio, attrezzature per la riduzione delle emissioni atmosferiche). Il restante 38,6% degli investimenti è stato sostenuto dalla Pubblica Amministrazione e dal settore non profit. Nel 2024 gli investimenti nella tutela ambientale hanno rappresentato il 2,0% degli investimenti totali. La maggior parte degli investimenti è stata destinata ai servizi di gestione delle acque reflue e dei rifiuti: rispettivamente il 38,2% e il 24,8% degli investimenti totali in tutela ambientale. La protezione dalle radiazioni, la ricerca e sviluppo e altre attività di tutela ambientale hanno rappresentato il 14,0%, mentre la tutela dell’aria e del clima l’11,2%. La tutela del suolo e delle acque sotterranee ha rappresentato il 5,6%, la tutela della biodiversità e del paesaggio il 5,2% e la riduzione del rumore il restante 1,0%.

Aree idonee, Enel Green Power: problema da risolvere, 135GW di progetti in attesa di ok

“Il problema delle aree idonee andrà risolto, ma ci sono già in tutte le amministrazioni centrali e periferiche 135 gw di progetti in iter autorizzativo che stanno lì e che vanno portati a termine”. Lo ha detto l’amministratore delegato di Enel green power, Salvatore Bernabei, In audizione davanti all’ufficio di presidenza integrato della commissione Ambiente del Senato nell’ambito dell’Affare assegnato “Promozione delle energie rinnovabili e aumento della loro quota nel mix”. “L’obiettivo di incrementare di 9 gw all’anno, da qui al 2030, la capacità installata di energia da fonti rinnovabile, al fine di raggiungere il target Pniec di 131 gw al 2030, è a rischio, a meno che non si creino le condizioni per poterlo realizzare”. Lo ha detto l’amministratore delegato di Enel Green Power, Salvatore Bernabei, In audizione davanti all’ufficio di presidenza integrato della commissione Ambiente del Senato nell’ambito dell’Affare assegnato “Promozione delle energie rinnovabili e aumento della loro quota nel mix”. “Per farlo – ha proseguito – serve un grande salto: nel 2024 l’Italia ha installato 8 gw di capacità aggiuntiva, soprattutto al livello residenziale, e soprattutto grazie agli incentivi, per cui è lecito aspettarsi che nel 2025, venuto meno l’incentivo, questa crescita di 8 gw regredirà”. L’incremento della generazione di energia da fonti rinnovabili richiede una maggiore flessibilità del sistema elettrico, in grado di garantire in ogni momento l’equilibrio tra domanda e offerta, e i sistemi di accumulo, come le batterie e i pompaggi idroelettrici rappresentano una soluzione chiave. Lo ha spiegato l’amministratore delegato di Enel Green Power, Salvatore Bernabei, In audizione davanti all’ufficio di presidenza integrato della commissione Ambiente del Senato nell’ambito dell’Affare assegnato “Promozione delle energie rinnovabili e aumento della loro quota nel mix”. Oltre a questo, “bisogna investire nelle reti”, ha aggiunto Bernabei, sottolineando che “nel frattempo che tutto ciò avviene e che arrivi magari il nucleare, resta fondamentale il ruolo del gas”.

Gas, Ue: ufficiale stop import da Russia al 2027

L’Ue interromperà gradualmente le importazioni di gas e petrolio dalla Russia entro la fine del 2027. Lo prevede il regolamento attuativo della tabella di marcia per porre fine alle importazioni di gas e petrolio dalla Russia, proposto oggi dalla Commissione europea. Il regolamento sarà adesso esaminato dal Parlamento e dal Consiglio Ue. L’adozione in seno al Consiglio richiederà la maggioranza qualificata. Il regolamento ha infatti come base legale l’articolo 207 del Trattato sul funzionamento dell’Ue, per le misure commerciali, e l’articolo 194 per le misure sull’energia. “La proposta odierna è stata concepita per preservare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Ue, limitando al contempo qualsiasi impatto sui prezzi e sui mercati”, evidenzia la Commissione europea in una nota, sottolineando come i volumi di gas russo rimanenti possono essere eliminati gradualmente senza un impatto economico significativo o rischi per la sicurezza dell’approvvigionamento, “grazie alla disponibilità di fornitori alternativi sufficienti sul mercato mondiale del gas, a un mercato del gas dell’Unione ben interconnesso e alla disponibilità di infrastrutture di importazione sufficienti nell’Ue”. Nel dettaglio, la proposta prevede un divieto di stipula di nuovi contratti di approvvigionamento di gas (anche gnl) firmati con la Russia. La data spartiacque sarà oggi: le importazioni per contratti firmati da qui alla fine dell’anno dovranno comunque cessare al 1 gennaio 2026. Le importazioni per contratti a breve termine firmati in precedenza dovranno essere interrotte entro il 17 giugno 2026. Una eccezione è prevista per le importazioni via gasdotto fornito a paesi senza sbocco sul mare e collegati a contratti a lungo termine, che saranno consentite fino alla fine del 2027. (Ungheria e Slovacchia). Stessa scadenza per i contratti a lungo termine già firmati: entro il 1 gennaio 2028 anche queste importazioni dovranno cessare. Gli Stati membri saranno tenuti a presentare piani di diversificazione con misure precise e tappe intermedie per l’eliminazione graduale delle importazioni di gas e petrolio russi. I primi piani dovranno essere presentati entro il 1 marzo 2026. Sui contratti a lungo termine per servizi di terminali Gnl per clienti russi o controllati da imprese russe, il regolamento prevede un divieto di fornire servizi a lungo termine nei terminali Gnl dell’Ue a partire dal 1 gennaio 2026, con data ultima 1 gennaio 2028.

La Commissione sosterrà gli Stati membri durante l’intero processo. Insieme all’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione dei regolatori dell’energia (Acer), monitorerà attentamente i progressi e gli effetti della graduale eliminazione delle importazioni di gas e petrolio dalla Russia. Qualora la sicurezza dell’approvvigionamento di uno o più Stati membri fosse minacciata, la Commissione potrà autorizzare temporaneamente uno o più Stati membri a non applicare i divieti di importazione di gas naturale o Gnl. A norma del regolamento proposto, le imprese titolari di contratti di fornitura di gas russo dovranno fornire informazioni riguardanti la provenienza del gas e le quantità di gas importato (ma non i prezzi) alla Commissione e alle autorità doganali. Il regolamento presenta anche misure volte a facilitare la cessazione completa delle importazioni di petrolio russo entro la fine del 2027.
Il regolamento per lo stop delle importazioni di gas russo “è una legislazione con una base legale condivisa tra commercio e energia. Questo significa che al Consiglio la proposta verrà approvata a maggioranza qualificata e che nessun Paese può porre il veto. Il che significa anche che se un paese non applica” il regolamento “ci saranno conseguenze legali, come per ogni altra legislazione dell’Ue”. Lo ha detto il commissario Ue all’Energia, Dan Jorgensen, durante la conferenza stampa di presentazione del regolamento per lo stop alle importazioni di gas e petrolio dalla Russia, rispondendo a una domanda sulla contrarietà di paesi come la Slovacchia e l’Ungheria. Il riferimento è alle procedure di infrazione per il mancato recepimento della normativa europea. Il commissario ha comunque evidenziato la volontà di cooperare con tutti i Paesi per l’implementazione della normativa.
Il divieto di importazioni di gas russo “non è una sanzione collegata al conflitto in Ucraina. È un divieto che introduciamo perché la Russia ha strumentalizzato l’energia contro di noi, ci ha ricattato e non è un partner commerciale su cui poter riporre fiducia”. Lo ha detto il commissario Ue all’Energia, Dan Jorgensen, durante la conferenza stampa di presentazione del regolamento per lo stop alle importazioni di gas e petrolio dalla Russia, ribadendo che il divieto resterà in vigore anche in caso di pace tra Ucraina e Russia.

Transizione verde, 9 pmi su 10 in Ue accelerano

La transizione ecologica è ormai di fondamentale importanza per l’ampia maggioranza delle aziende europee di medie dimensioni intervistate: è quanto emerge dalla terza edizione del barometro Argos x Boston Consulting Group (BCG). Il barometro ha incluso per la prima volta il Regno Unito e ha coinvolto 700 aziende di medie dimensioni in sette paesi europei. I risultati mostrano inoltre che l’85% delle aziende intervistate (18 punti in più rispetto al 2024) considera la decarbonizzazione un’opportunità strategica e sta strutturando di conseguenza le proprie strategie per ridurre le emissioni. Spinti dalla domanda dei clienti e dai requisiti normativi, le aziende intervistate affermano che i vincoli finanziari rappresentano il principale ostacolo ad intraprendere azioni per favorire la transizione ecologica.
Cresce il consenso sull’importanza critica della transizione ecologica – La transizione climatica è una priorità assoluta per le aziende di medie dimensioni: l’88% la considera “importante” o “critica”. I loro obiettivi principali riguardano la riduzione delle emissioni di gas serra (GHG), la prevenzione dell’inquinamento e lo sviluppo dell’economia circolare. Per l’85% delle aziende, la riduzione delle emissioni di GHG rappresenta un’opportunità strategica, con un aumento di 18 punti percentuali rispetto al 2024. Questa percentuale è aumentata in tutti i settori, comprese le aziende del settore agricolo e agroalimentare, dove ha raggiunto l’80% nel 2025, rispetto a un mero 50% nel 2024. Il livello di commitment non diminuisce nonostante il contesto politico ed economico incerto – Nel 2025, l’88% delle aziende europee di medie dimensioni sta adottando misure a sostegno della transizione ecologica nonostante l’instabilità del contesto politico e quasi la metà di esse (48%) sta investendo nella decarbonizzazione. Il loro approccio ha raggiunto un nuovo livello di maturità, con il 32% che investe secondo un piano strutturato e predispone roadmap chiare – un dato tre volte superiore rispetto al 2023. Lo slancio sta crescendo, anche tra le aziende che non hanno ancora investito nella decarbonizzazione, con il 65% che prevede di valutare la propria impronta di carbonio nei prossimi tre anni. La transizione ecologica è più di una semplice questione di compliance: è un vero e proprio motore strategico di performance per le aziende, che sta già offrendo benefici tangibili in termini di potenziale commerciale ed efficienza operativa. Tuttavia, il 62% di esse cita ancora i vincoli finanziari come un ostacolo agli investimenti.
Le iniziative sono motivate principalmente dalla pressione dei clienti – Tra i principali fattori trainanti della decarbonizzazione, il 63% delle aziende menziona il conseguente aumento dell’attrattività per i clienti, soprattutto nel mercato B2B. Il 29% considera la decarbonizzazione un vantaggio competitivo e oltre la metà (53%) si aspetta che diventi un fattore distintivo chiave, aprendo le porte a nuovi mercati e aiutando a conquistare quote di mercato. Dopo la domanda dei clienti, le normative continuano a essere il principale fattore trainante della decarbonizzazione, con il 70% delle aziende che le considerano una leva chiave per strutturare la propria strategia di decarbonizzazione. Tuttavia, metà degli intervistati ritiene che la complessità delle nuove politiche e la loro mancanza di chiarezza rappresentino un ostacolo all’adozione di misure.

Ue, Ocean Act entro il 2027

Nell’ambito del Patto per gli oceani, “proporremo un Ocean Act entro il 2027 che farà in modo che gli obiettivi legati agli oceani siano identificabili. Questo dovrebbe facilitare la loro attuazione efficace e coerente, diminuendo nel contempo l’onere amministrativo”. Lo ha detto Costas Kadis, commissario per la Pesca, intervenendo nella plenaria di Strasburgo del Parlamento Ue per il dibattito sul Patto per gli oceani.

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