COSA C'E' NEL DL AGRICOLTURA

Agrivoltaico: più limiti ai pannelli, investimenti SALVI se in corso di autorizzazione

Alla fine, si è rivelato un successo principalmente del ministro Lollobrigida

4 luglio

 

 

 

04 Lug 2024 di Mauro Giansante

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Agrivoltaico: più limiti ai pannelli, investimenti SALVI se in corso di autorizzazione

Anche l’iter del Dl Agricoltura ha superato le fasi cruciali: il testo è stato chiuso ieri in Commissione al Senato ed è stato discusso a Palazzo Madama. Oggi dalle 10 si voterà la fiducia annunciata già da qualche giorno dal governo, poi andrà alla Camera e entro il 14 luglio il decreto dovrà essere convertito in legge. Alla fine, quello che doveva essere – e da alcuni fronti è stato raccontato come tale – un compromesso paritario tra i due ministeri coinvolti, Mase e Masaf, si è rivelato un successo principalmente del ministro Lollobrigida e del mondo agricolo. Dai numerosissimi, 115, emendamenti presentati sul famigerato articolo 5 riguardante l’installazione dei pannelli fotovoltaici a terra su suolo agricolo alla fine ne sono passati 4 fortemente rappresentativi della linea di maggioranza.

Come cambia il Dl Agricoltura (art.5)

Via, anzitutto, la specifica di riferimento soltanto agli interventi “che, anche se consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, mediante la sostituzione dei moduli e degli altri componenti e mediante la modifica del layout dell’impianto, comportano una variazione dell’altezza massima dal suolo non superiore al 50 per cento” (art. 6 bis Dlgs 3 marzo 2011, n. 28, dichiarazione inizio lavori asseverata).

Un intervento estensivo, invece, riguarda l’inclusione delle installazioni in “cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati”. Un altro, che va a chiarire il secondo comma della precedente versione del decreto, spiega che il divieto di apposizione del fotovoltaico sul suolo agricolo “non si applica ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all’ottenimento dei titoli per la costruzione e l’esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi”.

Quanto ai contratti di concessione, invece, grazie a una modifica della proposta del senatore forzista Adriano Paroli è stato aggiunto un comma 2-bis che sancisce un diritto di superficie con formula sei anni + sei. “La durata dei contratti, anche preliminari, di concessione del diritto di superficie su terreni ricadenti nelle aree di cui all’articolo 20, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, per l’installazione e l’esercizio di impianti da fonti rinnovabili non può essere inferiore a sei anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di ulteriori sei anni. Alla seconda scadenza del contratto, salva diversa pattuizione delle parti, ciascuna parte ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all’altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. La parte interpellata deve rispondere a mezzo lettera raccomandata entro sessanta giorni dalla data di ricezione della raccomandata di cui al secondo periodo. In mancanza di risposta o di accordo il contratto si intende scaduto alla data di cessazione. In mancanza della comunicazione di cui al secondo periodo, il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni. Se le parti hanno determinato una durata inferiore o hanno convenuto il diritto di superficie senza determinazione di tempo, la durata si intende convenuta per sei anni. Le disposizioni del presente comma si applicano anche ai contratti non ancora scaduti, fatta salva la facoltà di recesso da esercitare con le modalità previste dal secondo periodo nel termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

Lollobrigida rivendica il decreto

“Abbiamo lavorato sul fotovoltaico, triplicando la previsione di energia solare del governo precedente, preservando i terreni agricoli”, ha rivendicato il ministro dell’Agricoltura ieri in Aula durante la discussione sul nuovo testo.

Respinte le questioni pregiudiziali

Per le opposizioni, invece, il decreto è inaccettabile perché incostituzionale. “Il provvedimento non ha le caratteristiche che dovrebbe avere, secondo la Costituzione, un decreto legge. Il testo è stato imbottito di norme eterogenee, che nulla hanno a che vedere con l’agricoltura. È un decreto omnibus, un malloppo che è in palese violazione degli articoli 76 e 77 della Costituzione, che non ha nessun carattere di urgenza, e che serve a coprire le inadempienze del governo stesso, come sulla concorrenza”, ha detto ieri il senatore di Italia Viva Ivan Scalfarotto nel dibattito sulle pregiudiziali presentate da Avs, Pd, M5S, Azione, Italia Viva e Autonomie. “Ci sono norme sull’Ilva, messe lì per coprire il pateracchio fatto dal ministro Urso su quell’impianto che, è ormai evidente, va verso la chiusura. E poi si parla di siccità, delle malattie degli animali, appunto della concorrenza, che dovremmo affrontare con una legge, che invece non è stata fatta. Così non può andare – conclude Scalfarotto – è giusto denunciare questo sistema e continueremo a farlo”.

“Questo decreto è un omnibus con dentro parecchie questioni che meriterebbero una discussione – ha detto il senatore di Avs Tino Magni –. Ancora, è un decreto eterogeneo che disciplina cose molto diverse da loro. Non ci stiamo allo svilimento delle prerogative del Parlamento attraverso la decretazione di urgenza, questo va contro il principio della Costituzionalità. Poi ci sono ragioni specifiche sul decreto stesso, come l’articolo 4 sul contrasto alle pratiche sleali dove è inopportuno il ricorso alla decretazione di urgenza. Anche sulla questione Ilva, che è una azienda strategica – ha concluso Magni – è necessario fare una discussione vera sull’acciaio del nostro paese, su come si affronta la questione della bonifica e non un decreto di urgenza. Capisco che volete modificare la Costituzione ma oggi non potete farlo, il Parlamento è centrale nella discussione”.

Ovviamente, le suddette questioni pregiudiziali sono state respinte.

Le proteste delle associazioni (anche agricole)

Dunque, i passi indietro per favorire evidenti smorzamenti al divieto di installazione di pannelli su suolo agricolo non sono arrivati, seppur con le estensioni concesse viste. Nelle ore e giorni immediatamente antecedenti la chiusura del decreto in Commissione, Alleanza per il fotovoltaico ma anche Confagricoltura avevano espresso forti preoccupazioni. “Senza modifiche sostanziali e strutturali, verrà certificato un provvedimento destinato a danneggiare in modo irreversibile le rinnovabili e in particolare il fotovoltaico”, aveva ammonito in una nota Apf. “Significherebbe, inoltre, vanificare gli sforzi profusi dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (Mase), soprattutto in relazione al DM Aree Idonee. Se il provvedimento dovesse venire confermato, si registrerebbe una bocciatura senza appello per la sicurezza energetica in Italia. Allo stesso tempo, scomparirebbero migliaia di imprese e i relativi posti di lavoro. Un prezzo che non possiamo permetterci di pagare”.

E dalla Confederazione: “Il Decreto legge Agricoltura ha limitato drasticamente il fotovoltaico a terra nelle aree marginali e abbandonate, creando incertezze anche sullo sviluppo dell’agrivoltaico non legato al Pnrr; inoltre, ha anche ridotto le possibilità di investimento per gli imprenditori agricoli di diversificare le proprie produzioni e rafforzare l’autoconsumo. L’ulteriore proposta emendativa che mira a escludere i piccoli impianti fotovoltaici a terra delle imprese agricole dalle attività connesse ai sensi dell’articolo 2135, terzo comma, del codice civile e dal considerarli produttivi di reddito agrario è un freno allo sviluppo delle agroenergie. È importante non disperdere quello che è stato fatto in questi anni in termini di diversificazione dei redditi aziendali, permettendo alle imprese agricole di proseguire l’attività, e di rafforzamento dei processi di autoconsumo dell’energia. Gli investimenti richiedono coerenza e garanzie di sviluppo”.

Martedì si è anche svolto il convegno del Coordinamento Free con Coldiretti e Cia oltre Confagricoltura ma anche Enea, Crea e Agea, Italia Solare, Legambiente, Elettricità Futura e Kyoto Club. Al netto dei tanti tavoli e occasioni di confronto, però, le modifiche sostanziali e soprattutto estensive per le aree idonee ai pannelli agricoli non sono state altrettanto numerose e rivoluzionarie.

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