LA VALUTAZIONE SUL PNIEC
Di Mambro (Ecco): Resta un piano d’intenti, deludente sulla strategia per la mobilità
Intervista a Chiara Di Mambro, responsabile Politiche per la decarbonizzazione del think tank Ecco Climate
19 luglio 2024

Chiara Di Mambro, Ecco Climate
		
	
Quale giudizio tecnico e politico date al Pniec italiano definitivo?
Il principale problema è che il Pniec non ha una forza attuativa. Lo scorso anno il governo aveva promesso di lavorare a un piano realistico, il che avrebbe fatto pensare a una strategia per l’attuazione di politiche concrete, ma la versione finale resta una dichiarazione d’intenti. Le norme approvate nell’arco di questo anno non sono molto coerenti con le linee guida del piano stesso. Un’altra carenza risiede nel fatto che si insiste su tecnologie di medio-lungo periodo anziché puntare su quelle già disponibili con un quadro regolatorio ad hoc. Gli obiettivi restano sfidanti ma, ad esempio nel settore civile, a fronte di un lavoro svolto rispetto alla versione 2023 manca una traduzione in norme operative. Sui trasporti, invece, si continua a rincorrere soluzioni che aumentano le emissioni del settore. Insomma, manca un chiaro indirizzo, soprattutto per le cose da fare oggi. Infine, sulle rinnovabili, il decreto aree idonee frammenta a livello regionale l’azione del governo anziché direzionarla in maniera più precisa.
Le risorse economiche necessarie ad attuare il piano sono in linea con il nuovo Patto di stabilità?
Avrebbero potuto esserlo, anche in maniera “intelligente”. Il piano prevede, infatti, un fabbisogno finanziario di oltre 100 miliardi all’anno, in linea con le stime complessive (investimenti pubblici e privati) sulla transizione. Ma il Pniec non indica nulla su queste risorse: se esistono, da dove arrivano e come il governo ha intenzione di indirizzarle. I proventi dai sistemi Ets non sono tracciati e manca una quantificazione esatta dei soldi pubblici e privati disponibili. Anche la Corte dei Conti europea aveva già avvisato sul rischio del mancato raggiungimento degli obiettivi senza un piano economico.
Dobbiamo aspettarci nuove reprimende o raccomandazioni anche dalla nuova Commissione Ue?
Le richieste europee restano quelle inviate già lo scorso anno, quello che può accadere è di dover elaborare dei piani di rientro per le emissioni visto che gli obblighi per i settori non Ets sono in capo ai singoli Stati membri. Superare i limiti implica incorrere in procedure d’infrazione e colmare i gap tramite misure interne o l’acquisto di quote da altri Paesi. Ad oggi, però, c’è grande scarsità di quote, i prezzi al 2030 sono intorno ai 150 euro a tonnellata e l’Italia ha un ammanco stimato di circa 10 milioni di tonnellate l’anno. Questo significa che non raggiungere gli obiettivi peserà sulle casse dello Stato in maniera molto importante. Come si rientra? Manca sia un’analisi finanziaria sia una valutazione costi/benefici e restare nella retroguardia rispetto alle altre economie mondiali farà male al nostro sistema.
Il vulnus principale quindi è che il Pniec resta un piano troppo generico e non vincolante.
Esatto. In Italia non c’è una legge clima, la nostra governance si basa su quella europea. E’ vero, c’è una riforma costituzionale che dal 2022 ha inserito nella Carta fondamentale la tutela dei diritti delle future generazioni senza tuttavia risvolti concreti. Servirebbe un’azione congiunta e coordinata tra i ministeri: un po’ era stato fatto durante il governo Draghi, è stato creato il comitato per la transizione energetica ma questo non ha alcun ruolo operativo rispetto al Pniec. Il Piano e la sua attuazione, invece, dovrebbero essere incardinati presso la Presidenza del Consiglio, mediante il Cite o il Cipess.
Venendo ai singoli settori, sugli edifici cosa è migliorato rispetto al piano 2023?
E’ positivo l’inizio di uno sguardo organico alla riforma delle detrazioni fiscali. Adesso c’è un orizzonte lungo e, in contraddizione con quanto sentiamo dire, il Pniec italiano si basa molto sulla direttiva europea Epbd. C’è inoltre una modulazione delle detrazioni sul risparmio conseguito. Ciò che ancora manca, invece, è la componente emissiva: efficientare gli edifici non significa necessariamente ridurre le emissioni del settore. Queste dipendono dalla fonte di approvvigionamento energetico delle nostre case, se continuiamo ad avere le caldaie a gas le emissioni non scenderanno mai. Quindi, serve una fortissima spinta all’elettrificazione unitamente al riequilibrio delle tariffe tra gas ed elettrico. E’ una questione complessa che coinvolge anche il settore industriale. Infine, cosa succede senza la cessione del credito? Va capito anche in vista del Fondo sociale per il clima che dovrebbe essere concepito per il prossimo anno.
Sulle Case green servirà un fondo specifico per attuare la direttiva?
Sì ma, ripeto, nel Pniec manca una stima delle risorse necessarie ad attuare la direttiva europea e così diventa difficile anche capire il “chi paga cosa” degli interventi richiesti dalla Epbd. Occorre riequilibrare le tariffe gas-elettrico e riflettere sull’utilizzo delle risorse dell’Ets 2, il settore civile necessita un’alta percentuale di investimenti pubblici.
Sui trasporti qual è la vostra valutazione del Pniec?
E’ molto negativa: il Dpcm del 20 maggio 2024 alloca meno di un terzo dei 920 milioni di euro stanziati per le auto elettriche pure, il resto va a quelle tradizionali e le ibride plug-in che non hanno un effetto significativo sulla riduzione delle emissioni. Sui finanziamenti manca un riordino dei sussidi ambientalmente dannosi mentre sulle tecnologie si punta sui biocombustibili ottenuti da oli di scarto che hanno noti problemi di approvvigionamento.
Cos’altro avreste voluto leggere nel piano e che invece manca?
Anzitutto, un capitolo sull’industria manufatturiera. Ci si continua a focalizzare sui settori Ets quando esistono tante Pmi che non hanno un indirizzo chiaro da seguire per la necessaria elettrificazione, le catene del valore sono fortemente impattate dalla transizione e dalle norme sul commercio a livello nazionale e globale. Manca una strategia di decarbonizzazione che nel resto del mondo è presente. Infine, non c’è nulla sul phase out dai combustibili fossili e l’uscita dal carbone è programmato per il 2028. Restiamo in attesa.