IL FONDO MONETARIO
Pil mondiale a 3,2%, rischio inflazione. Italia, 2024 a + 0,7% e 2025 a +0,9%
E’ un quadro all’insegna di rischi e di incertezza quello che delinea il Word Economic Outlook aggiornato pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale. L’economia mondiale versa in una situazione difficile
17 luglio
IN SINTESI
Il Fondo monetario internazionale conferma la crescita dello 0,7% del PIL italiano nel 2024 e alza, di poco, l’asticella per il 2025 portandola a +0,9% rispetto alla precedente stima di aprile di +0,7%. E’ una lettura in linea con il ritmo moderato indicato dalle proiezioni della Banca d’Italia e più distante dagli obiettivi fissati dal Governo nel Def quella arrivata ieri da Washington, contenuta nel World Economic Outlook che aggiorna il rapporto pubblicato nello scorso aprile. Infatti, per l’istituto centrale italiano la crescita stimata per quest’anno viene indicata allo 0,6% (corretta per le giornate lavorative) ma, con gli aggiornamenti da parte dell’Istat dei conti economici trimestrali che rivedono leggermente al rialzo la crescita già acquisita, il dato aumenterebbe di un decimo di punto. Per il 2025, Bankitalia prevede un aumento dello 0,9%. I target del Governo, che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha definito giorni fa “alla nostra portata”, fissano all’1% la crescita del 2024 e 1,2% nel 2025.
L’economia mondiale è in una situazione difficile, l’inflazione dei servizi ostacola la discesa
A livello mondiale, le stime del Fmi confermano una crescita del +3,2% quest’anno, e rivedono al rialzo di un decimo di punto, al 3,3%, la crescita nel 2025. L’economia globale resta in “una situazione difficile”, in un “punto vischioso”. In qualche modo, spiega il Fmi, si è ridotta la divergenza nella produzione tra i vari Paesi nel momento in cui “i fattori ciclici diminuiscono e l’attività diventa più allineata al suo potenziale”. Anche il Fmi suona l’allarme sull’inflazione dei prezzi dei servizi che “sta ostacolando i passi in avanti sulla disinflazione” e questo, a sua volta, “sta complicando la normalizzazione della politica monetaria”. “I rischi al rialzo per l’inflazione sono in questo modo aumentati, rafforzando la prospettiva di tassi di interesse più alti per un periodo ancora più lungo, nel contesto di crescenti tensioni commerciali e di maggiore incertezza politica. Per gestire questi rischi e preservare la crescita, il policy mix dovrebbe essere scandito attentamente”.
Per l’area euro è prevista una crescita dello 0,9% nel 2024, la locomotiva è la Spagna con +2,4%
Le proiezioni del Fmi per le economie avanzate indicano per l’area euro una crescita del Pil dello 0,9%, con un aumento di un decimo di punto rispetto alla precedente stima, grazie a uno slancio più forte del previsto nei servizi e a un incremento delle esportazioni nette superiori alle attese. Rimane confermata la previsione dell’1,5% nel 2025, con la spinta di un aumento dei consumi sulla scia degli aumenti delle retribuzioni, oltre che da maggiori investimenti favoriti dall’allentamento della politica monetaria. La percentuale di crescita dell’eurozona sarebbe tra le più ampie delle economie avanzate. Nel Vecchio Continente, per la Germania è prevista una modesta crescita dello 0,2% quest’anno e un balzo al +1,3% nel 2025; la Francia crescerà quest’anno dello 0,9% e dell’1,3% il prossimo; la Spagna avrà la crescita più robusta con 2,4% nel 2024 e +2,1% nel 2o25.
L’Unione Europea ha un problema di produttività, dare impulso al venture capital
In un altro report, pubblicato il 15 luglio, il Fmi mette a fuoco uno dei principali problemi dell’economia europea, che è quello della produttività. I suoi abitanti producono quasi il 30% in meno per ora lavorata di quanto avrebbero fatto se la produzione reale per ora lavorata fosse aumentata in linea con quella degli Stati Uniti dal 2000. L’incapacità di trasformare sufficientemente le startup innovative in aziende “superstar” è uno dei motivi della scarsa crescita della produttività, spiega il Fondo. E, la frammentazione dell’economia e del sistema finanziario europeo è in parte alla base di questo problema. Senza un mercato unico, privo di attriti per beni, servizi, manodopera e capitale, è più costoso e difficile per le startup di successo espandersi. Anche i pool europei di capitale privato sono più piccoli e più frammentati rispetto agli Stati Uniti. Gli europei, sottolinea ancora il report, parcheggiano la maggior parte dei loro risparmi nei conti bancari piuttosto che nei mercati dei capitali. Gli americani hanno investito 4,60 dollari in azioni, fondi di investimento e fondi pensione o assicurativi per ogni dollaro investito in tali asset dagli europei nel 2022 e, al di là delle motivazioni, il risultato finale è la minore disponibilità di capitali per finanziare le imprese. La frammentazione dei mercati deriva in parte da leggi, regolamenti e tasse nazionali che ostacolano il consolidamento transfrontaliero, la raccolta di capitali e la condivisione del rischio. Molti investitori istituzionali preferiscono allocare capitale a società con sede nei propri paesi. Ciò vale spesso anche per gli investimenti in capitale di rischio, soprattutto nei fondi più piccoli. Maggiori investimenti in capitale di rischio potrebbero stimolare la produttività e rafforzare l’ecosistema dell’innovazione dell’UE. Ma le limitate riserve di capitale di rischio dell’Europa stanno privando di investimenti le startup innovative e rendendo più difficile stimolare la crescita economica e gli standard di vita. Come sostiene il Fmi, le misure per rafforzare i mercati del venture capital dell’UE e rimuovere gli attriti finanziari transfrontalieri per i fondi pensione e gli assicuratori che investono in venture capital potrebbero aumentare il flusso di finanziamenti verso startup promettenti e alimentare guadagni di produttività.
Per gli Usa prevista una crescita del 2,6%, per la Cina del 5% ma frenerà nel lungo periodo
Il monito del Fmi: no a gestioni fiscali spericolate che peggiorano la dinamica del debito
L’analisi del Fmi rimarca poi come “il potenziale per significative svolte nella politica economica come risultato delle tornate elettorali quest’anno, con ‘spillover’ negativi per il resto del mondo, ha aumentato l’incertezza di fondo”. Attenzione, avverte il Fondo, a possibili cambiamenti delle politiche economiche che innescano il rischio di “una gestione fiscale spericolata che peggiorerebbe le dinamiche del debito, incidendo negativamente sui rendimenti a lungo termine e inasprendo il protezionismo. I dazi commerciali, insieme all’incremento delle politiche industriali in tutto il mondo, possono generare dannose ricadute transfrontaliere e innescare ritorsioni, dando luogo a una corsa costosa al ribasso. Di contro, politiche che promuovono il multilateralismo e una più rapida attuazione delle riforme macro-strutturali potrebbero stimolare l’aumento dell’offerta, la produttività e la crescita, con ricadute positive in tutto il mondo”.
Red. Diac