L'AUDIZIONE SULLA LEGGE DI BILANCIO

Ance: senza copertura del caro materiali, salta la fiducia fra imprese e Stato e i cantieri si fermeranno

La presidente Brancaccio: “Prezzi superiori ancora del 30-40% a quelli di gara, in molti casi abbiamo cantieri appaltati anni fa, anche prima del Covid, che non possono beneficiare della revisione prezzi introdotta due anni fa dal codice appalti. Il 70% dei cantieri in corso ha costi più alti di quelli riconosciuti alle imprese e un terzo sono cantieri Pnrr”.

05 Nov 2025 di Giorgio Santilli

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Ance: senza copertura del caro materiali, salta la fiducia fra imprese e Stato e i cantieri si fermeranno

Federica Brancaccio, presidente Ance

Il tono e le parole di Federica Bracncaccio stavolta sono durissime. “Se le somme per la copertura del caro materiali non vengono trovate – dice – sono molti i cantieri che rischiano di interrompersi e viene meno la fiducia tra Stato e imprese”. L’audizione della presidente dell’Ance alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sulla manovra potrebbe finire qui, con queste trenta parole. Quelle prima e quelle dopo servono a spiegare come si è arrivati a questo ultimatum e anche a parlare degli aspetti positivi della manovra, come le misure spuntate fuori per il Piano casa nazionale e per la messa in sicurezza del territorio, “sebbene con risorse limitate e senza una chiara governance”. Ma sono contorno.

I termini veri della questione “caro materiali” sono stati chiariti senza più veli: i cantieri vanno avanti perché le imprese, sulla base di un rapporto di fiducia reciproca con lo Stato, hanno garantito una continuità dei lavori a dispetto di procedure farraginose (si pensi alle contabilità del Pnrr) e di pagamenti spesso in ritardo, sempre convinte che quel 30-40% di coperture di costi mancante sarebbe arrivato ex-post con un meccanismo, quello del decreto Aiuti, che finora ha funzionato, nonostante le molte incertezze e le risorse rese disponibili a singhiozzo. Di fronte al mancato rifinanziamento, che per la prima volta riguarda anche la competenza e anche dell’anno in corso (in passato era solo la cassa e sulle annualità successive), la situazione diventa a rischio eccessivo e quindi ingestibile. Salta la reciproca fiducia che la pezza a copertura dei costi si possa sempre mettere. Anche perché – questo è l’ultimo “non detto” – lo Stato si assicura di finire i cantieri Pnrr, e poi?

Siamo sul filo del non ritorno.  Per spiegarlo al meglio bisogna partire dall’atteggiamento dei costruttori, convinti più che mai di essere i protagonisti della parte buona del Pnrr, quella che ha viaggiato nei tempi, o quasi. Mentre le amministrazioni hanno sofferto e spesso rallentato, mentre la programmazione ha oscillato, mentre ci sono voluti molti decreti legge per semplificare le procedure e ridurre le rigidità delle regole contabili,  le imprese sono sempre state lì a lavorare, a portare avanti lo stato avanzamento lavori. Il decreto Aiuti è sempre stato il paracadute per proteggere questo volo rischioso.

Vediamolo, allora, il ragionamento che ha portato a quelle parole di Brancaccio. “L’Ance – ha detto la presidente – esprime forte preoccupazione per l’assenza nella manovra di misure relative al caro materiali; una problematica che, se non risolta, rischia di portare molti cantieri pubblici al collasso e rappresenta quindi una Spada di Damocle per le previsioni di crescita e occupazione formulate dal governo per il 2026. Il nodo del caro materiali continua a gravare sui cantieri pubblici. I prezzi sono ancora superiori del 30-40% ai prezzi di gara, anche per via delle tensioni internazionali e dell’aumento dell’incertezza a livello globale. In molti casi – ha continuato Brancaccio – abbiamo cantieri che sono stati appaltati anni fa, alcuni anche prima del Covid, e quindi non possono beneficiare della revisione prezzi introdotta due anni fa dal Codice Appalti. Parliamo di circa il 70% dei cantieri in Italia e un terzo sono cantieri PNRR che hanno ancora costi più alti di quelli che vengono riconosciuti alle imprese. Sappiamo che il tema è all’attenzione del Governo e del Parlamento ma desideriamo ribadire che è urgente rifinanziare la misura sul caro materiali – l’Ance ha calcolato che per saldare i lavori già eseguiti fino a maggio 2025 e quelli in corso fino a fine anno servono circa 2,5 miliardi di euro – e prorogarla al 2026. E’ un passaggio cruciale, soprattutto in una fase in cui il settore è impegnato a garantire il massimo sforzo per il completamento delle opere finanziate dal PNRR. Peraltro, la tempestiva realizzazione di queste opere deve contribuire in modo determinante al raggiungimento degli obiettivi di crescita fissati nel Documento programmatico di Finanza pubblica”.

Il ragionamento è chiaro: conviene al governo smetterla di far finta che il problema non esista. Gli conviene per completare il Pnrr e per raggiungere gli obiettivi di crescita previsti dal Dpf.

Il Piano casa: non bastano le case popolari, servono misure per il ceto medio

“La crisi abitativa – ha detto Brancaccio – è oggi una delle emergenze più gravi in Italia ed Europa. Il Governo ha riconosciuto questa emergenza intervenendo prioritariamente sull’edilizia pubblica attraverso l’utilizzo del Fondo Sociale per il Clima, lo strumento dell’Unione Europea istituito con l’obiettivo di attenuare gli impatti sociali della transizione energetica e climatica, che assegna all’Italia 7 miliardi di fondi europei. La norma va nel senso auspicato dall’Ance, che a luglio scorso aveva individuato nel Fondo Sociale per il Clima uno dei possibili canali di finanziamento di un Piano casa pluriennale da 15 miliardi nel quale convogliare fondi nazionali ed europei a vario titolo destinati all’emergenza abitativa. A valere sul Fondo, l’Associazione ha stimato un potenziale utilizzo di circa 3 miliardi di euro da destinare a misure per la casa e al contrasto del disagio abitativo. Parallelamente è in corso la revisione di medio termine della politica di coesione 2021-2027, che ha individuato nella casa una delle priorità strategiche sulle quali riprogrammate i fondi strutturali europei. Sulla base dei dati diffusi recentemente dal Ministro Foti, al 28 ottobre scorso circa 900 milioni sono stati riprogrammati per alloggi sostenibili e a prezzi accessibili”.

Fin qui i fatti. Poi la valutazione Ance, anche questa a doppia faccia. “La scelta del Governo di utilizzare risorse europee per la casa – ha detto Brancaccio – è apprezzata dall’Ance. Ma accanto alle prime risorse, serve individuare una governance efficace: oggi le competenze sono fortemente frammentate tra più di quaranta strutture centrali, regionali e locali, che impediscono una visione strategica unitaria. È quindi necessario individuare un luogo di coordinamento che consenta di orientare le politiche abitative in modo coerente e strategico”. Non solo, c’è anche un tema finanziario e di scelta del tipo di interventi. “Le prime misure finanziarie individuate in queste settimane – ha continuato Brancaccio – sono concentrate prevalentemente sulle case popolari e devono essere accompagnate dalla definizione di un Piano casa più ampio e strutturato che comprenda anche una risposta alle esigenze di famiglie della classe media che faticano a trovare una casa. Mancano inoltre strumenti finanziari e fiscali per favorire l’affitto e l’acquisto per le giovani coppie”.

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