STORIE DI IMPRESE
Infrastrutture, Calamani (Aisico): “Noi leader, ma l’Ue aggiorni le norme”
La rivoluzione digitale impatta e come anche sulle infrastrutture. Ponti, strade, viadotti, cavalcavia e barriere sono strategici per i collegamenti e la viabilità, protagonisti di trasformazioni urbane ma anche oggetti vulnerabili degli effetti del cambiamento climatico. Insomma, vanno controllati sempre meglio. Per capirne di più, Diario Diac ha intervistato Ottavia Calamani ceo dal 2024 di Aisico, azienda italiana che vanta oltre trent’anni di esperienza nel campo della sicurezza stradale a 360° e che ha fatto dei crash test il cuore della propria attività, tanto che ad essere analizzate e testate non sono solo le autovetture, ma anche tutto ciò che riguarda le infrastrutture stradali, dai pali di illuminazione ai guardrail, comprendendo tutti i sistemi di sicurezza e protezione per gli utenti.
Aisico, accreditata dal 2023 dalla Fédération Internationale de l’Automobile, ha sede a Pereto, L’Aquila. Qui ha un laboratorio di prove crash valido anche per l’omologazione di attrezzature da utilizzare all’interno di circuiti per attività sportive. E sulle infrastrutture applica strumenti come BeSafe, piattaforma integrata per la gestione e la valutazione della sicurezza di un’opera d’arte, che utilizza intelligenza artificiale, Digital Twin, modello Bim e modello Fem per la completa digitalizzazione dell’infrastruttura. Oppure Retim, acronimo di Real Time Inclination Measurement, per monitorare da remoto con rete Iot e misurare in tempo reale le deformazioni di elementi strutturali come barriere antirumore, pali di illuminazione, barriere frangivento, segnaletica verticale e portali. Ancora: Momas, Mobile Mapping System, un veicolo progettato interamente dal dipartimento R&D, dotato delle più moderne attrezzature per il rilievo stradale che consente di acquisire ad alto rendimento le informazioni necessarie per una conoscenza puntuale dell’infrastruttura. E Ares, acronimo di Assessment Road Equipment Safety, che consente di determinare le effettive performance dei dispositivi di ritenuta presenti lungo la rete stradale, attraverso analisi tecniche specialistiche, rilievi con veicoli dedicati e algoritmi di Machine Learning.
Ma sulle infrastrutture stradali, Aisico utilizza anche i droni come strumento d’ispezione. “Per quanto riguarda le barriere di sicurezza stradale – come guard-rail, barriere salva-motociclista o attenuatori d’urto – Aisico effettua crash test, analisi dei materiali, misurazioni di contenimento, test virtuali e valutazioni secondo normativa”, aggiunge Calamani. Che racconta a Diac come “le tecnologie stanno assumendo un ruolo sempre più centrale nel supportare e integrare il lavoro umano, soprattutto nei contesti legati alla sicurezza e alla sperimentazione”. Tutto per migliorare l’analisi di queste infrastrutture, migliorare l’efficienza dei processi di testing e ridurre i rischi per gli operatori. “Mantenendo però al centro la competenza e l’esperienza umana, elementi imprescindibili per interpretare i dati e garantire la qualità dei risultati”. Tra i progetti in lavorazione, Aisico sta sviluppando Everest, che utilizza modelli virtuali e intelligenza artificiale per simulazioni avanzate di crash test, e il progetto Dipm, dedicato alla manutenzione predittiva delle infrastrutture attraverso sistemi multi sensore e analisi dati.
Nel panorama europeo, ci dice Ottavia Calamani, “l’Italia sta giocando un ruolo sempre più attivo” insieme a Belgio e Spagna tra gli altri, grazie a un approccio che si distingue “per l’attenzione alla qualità dei test, alla sostenibilità dei materiali e all’integrazione tra competenza tecnica e innovazione, in linea con gli standard e le strategie europee per una mobilità più sicura e intelligente”. Ma? Ma “a livello europeo – aggiunge la ceo di Aisico – è sicuramente necessario un aggiornamento del quadro normativo che regola la sicurezza dei dispositivi di ritenuta. Le norme oggi in vigore, risalenti agli anni Novanta, non rispecchiano l’evoluzione del mondo dell’automotive: le auto sono sempre più tecnologicamente e strutturalmente avanzate, mentre le barriere e i dispositivi di sicurezza restano spesso fermi a logiche superate”. Barriere obsolete, sottodimensionate o tecnicamente inadeguate rispetto agli standard di sicurezza attuali non sono così rare in Italia. Inoltre, “le normative europee e italiane non obbligano alla sostituzione di quelle già esistenti, creando un vuoto normativo che espone gestori e utenti a rischi concreti”. Un immobilismo che rischia di essere dannoso. Ecco perché, già a fine 2024, l’Ansfisa (Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali) ha emesso una circolare diretta ad Anas, Comuni, Regioni e Province per chiedere di garantire il controllo dell’efficienza tecnica delle barriere di sicurezza avviando attività di manutenzione, adeguamento e verifica dell’efficienza dei dispositivi. E ha imposto l’obbligo di effettuare un censimento delle barriere stradali presenti sul proprio territorio, con l’indicazione delle priorità di intervento in base allo stato di conservazione e al rischio potenziale. “Rappresenta un passo avanti verso una maggiore consapevolezza”, commenta Calamani. Ricordando che “nel 2023 abbiamo contribuito alla costituzione di IntOroadS – International Organization for Road Safety, associazione no profit nata in collaborazione con il Politecnico di Milano, con l’obiettivo di elevare gli standard di sicurezza delle infrastrutture di trasporto e promuovere l’aggiornamento delle normative in linea con l’evoluzione del settore automotive e della mobilità”.
Nel 2024, secondo Aci-Istat, sulle strade italiane si sono registrati più incidenti rispetto a un anno prima (173.364 contro 166.525), con un aumento dei feriti ma un lieve calo del numero dei morti (3.030 totali). In aumento dello 0,7% sul 2019, anno scelto dalla Commissione Europea come riferimento per l’obiettivo 2030 (dimezzamento del numero di vittime e feriti gravi). Le autostrade italiane risalgono al ventennio 1960-1980 e risalgono quindi a un’epoca distante dai 40 milioni di veicoli circolanti oggi, più pesanti di allora. Così come, rispetto agli altri grandi Paesi europei, nel nostro ponti, viadotti e gallerie contano un totale di 1.700 chilometri. Tutti, o comunque molti, potenzialmente da conformare agli standard minimi di sicurezza.
Dalla relazione presentata da Ansfisa al Senato, si legge che i diversi “provvedimenti normativi di riallocazione delle competenze sulle strade hanno determinato numerose criticità riguardanti la gestione delle infrastrutture stradali. La molteplicità dei centri di responsabilità, i continui passaggi di competenze e le modifiche istituzionali degli enti gestori hanno determinato, tra l’altro, un elemento di incertezza nella esatta quantificazione della consistenza della rete di competenza di ogni singolo gestore, complicando ulteriormente la già complessa attività di censimento e classificazione di tutte le infrastrutture stradali insistenti sul territorio nazionale”. Per la modernizzazione di ponti, strade e viadotti, insomma, le nuove tecnologie saranno (e sono già) fondamentali ma il lavoro umano sarà decisivo sia per gestire il monitoraggio sia per dare al mondo delle infrastrutture regole all’avanguardia. Mancare uno di questi tasselli renderà, è il caso di dirlo, l’opera incompiuta.