ISTAT
Industria, agosto: produzione a -2,4% mensile. Pesa l’incertezza
I dati dell’Istat sulla produzione industriale di agosto registrano un calo sia su base congiunturale, -2,4%, che interrompe due mesi di lieve rialzo, che tendenziale, -2,7%, dopo la ripresina di luglio che aveva interrotto la serie nera di cali da due anni a questa parte. Una conferma del clima di incertezza che pesa sul mondo produttivo, già evidenziato da Bankitalia e Csc.
IN SINTESI
Niente da fare, nessuna ripartenza per la produzione industriale. Le speranze di una ‘ripresina’, che a luglio aveva dato qualche segnale, sono state, per il momento, deluse dalla gelata di agosto. Il quadro tratteggiato dalle ultime rilevazioni dell’Istat (diffuse venerdì scorso) mostra, infatti, una flessione congiunturale dopo due mesi di lieve aumento e anche in termini tendenziali si registra il ritorno al segno meno. Si tratta di dati che confermano il clima di incertezza come attestano i più recenti report della Banca d’Italia e del Centro Studi di Confindustria.
Ma, ecco, nel dettaglio, la fotografia scattata dell’istituto di statistica ad agosto. L’indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito del 2,4% rispetto a luglio. Nella media del periodo giugno-agosto si registra una diminuzione del livello della produzione dello 0,6% rispetto ai tre mesi precedenti mentre negli otto mesi gennaio-agosto il calo è dell’1% rispetto allo stesso periodo del 2024. In tutti i comparti si registrano riduzioni congiunturali: energia (-0,6%), beni di consumo e i beni intermedi (-1,2% per entrambi i settori) e beni strumentali (-2,2%). Corretto per gli effetti di calendario, l’indice generale diminuisce in termini tendenziali del 2,7% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 20 contro i 21 di agosto 2024). Crescono i beni strumentali (+0,7%) e i beni intermedi (+0,2%); diminuiscono, invece, i beni di consumo (-2,3%) e in misura più marcata l’energia (-8,6%). I settori di attività economica che registrano gli incrementi tendenziali maggiori sono la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+16,1%), la fabbricazione di mezzi di trasporto (+9,9%) e la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+7,1%). La flessione più rilevante si riscontra, invece, nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-13,5%). Osservando le serie storiche dell’Istat, emerge, a livello congiunturale, che il calo di agosto non solo ha interrotto la mini serie positiva dei due mesi precedenti ma è stato anche quello più pesante da inizio anno (bisogna riandare a dicembre 2024 per ritrovare un arretramento di analoga entità). Anche su base tendenziale, ad agosto sì è registrato il calo più ampio dell’anno, che supera il -2,6% di febbraio. A luglio. l’aumento dello 0,9% aveva alimentato le speranze di un rimbalzo della produzione industriale, che in due anni ha visto solo due segni più, oltre ad agosto, si era registrato un risicato +0.1% ad aprile.
Indagine di Bankitalia: nel terzo trimestre i giudizi delle imprese rimangono sfavorevoli con un lieve miglioramento
La scorsa settimana la Banca d’Italia ha pubblicato l’indagine sulle aspettative di inflazione e crescita nel terzo trimestre dell’anno. La principale evidenza è che i giudizi delle imprese sulla situazione economica generale del Paese sono rimasti nel complesso sfavorevoli, sebbene il saldo negativo tra le valutazioni di miglioramento e quelle di peggioramento si sia nuovamente attenuato; continua a essere largamente prevalente la quota di aziende che ha espresso giudizi di stabilità. I saldi tra la quota di giudizi di miglioramento e di peggioramento delle vendite complessive e di quelle sui soli mercati esteri (scesi rispettivamente da 9 a 1 e da 7 a 1) indicano una sostanziale stabilità della domanda nel terzo trimestre. Questa stabilità sintetizza un ritmo di crescita meno intenso nei servizi e nelle costruzioni, dove il saldo si è attestato a 4 da 12 e a 19 da 24 rispettivamente, e una contrazione nell’industria a -5 da 3 (con un calo più forte tra le imprese con una maggiore incidenza delle esportazioni sulle vendite complessive). L’andamento della domanda estera avrebbe solo in parte risentito del recente apprezzamento dell’euro rispetto alle principali valute e dell’applicazione dei dazi sulle esportazioni verso gli Stati Uniti: il 42 per cento delle imprese industriali e il 17 di quelle dei servizi ritiene che questi fattori abbiano avuto un moderato impatto negativo sulla domanda; per l’8 e il 4 per cento, rispettivamente, l’effetto negativo sarebbe stato marcato. Per le imprese dell’industria in senso stretto e dei servizi, le attese sulla dinamica delle vendite nel trimestre successivo si sono deteriorate rispetto alla scorsa indagine: il saldo tra le previsioni di espansione e quelle di contrazione è sceso a circa 18 punti percentuali (da 25). Il saldo si è invece rafforzato nelle costruzioni (da 33 a 38). Anche le attese sulle esportazioni sono meno positive, soprattutto per via del peggioramento dei giudizi delle imprese dei servizi, dove il saldo, pur rimanendo positivo, si è ridotto di 15 punti percentuali (a 4); tra le imprese industriali invece, il saldo risulta stazionario a 18 punti percentuali. L’aumento atteso dell’occupazione si è ridimensionato rispetto a quanto prefigurato nella scorsa rilevazione, specialmente nel terziario. La percentuale di imprese che prevede un allargamento della compagine supera quella di chi ne anticipa una contrazione di 6 punti percentuali nell’industria (da 10), 7 nei servizi (da 18) e 14 nelle costruzioni (da 25).
Le prospettive delle imprese sulle proprie condizioni operative nei prossimi tre mesi risentono ancora dell’incertezza imputabile a fattori economici e politici e delle preoccupazioni sulle politiche legate agli scambi e agli investimenti internazionali: rispetto alla precedente rilevazione, il saldo negativo tra i giudizi di miglioramento e di peggioramento delle condizioni operative si è ampliato sia nell’industria in senso stretto (a -9 punti percentuali da -5) sia, in misura più contenuta, nei servizi (a -3 da -1). Per contro tra le imprese delle costruzioni le valutazioni si confermano positive e in miglioramento, anche grazie all’impulso fornito dai provvedimenti connessi con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), del quale circa il 60 per cento delle imprese si attende di beneficiare nel secondo semestre dell’anno.
Csc: la produzione sotto i livelli pre-pandemia
Anche l’ultimo rapporto del Centro Studi di Confindustria registra il clima di incertezza che pesa sul mondo produttivo .Dal lato dell’offerta, l’industria italiana, dopo la buona ripartenza del primo trimestre 2025 in termini di produzione, ha rallentato già nel secondo. Questi dati appena positivi vengono dopo il forte calo della produzione nel 2023-2024, che ha riportato l’industria sotto i livelli pre-pandemia. Nel 2025, il clima di forte incertezza pervade anche gli indicatori congiunturali, che danno segnali misti, tra i quali si coglie una marginale risalita degli ordini dall’interno delle imprese manifatturiere e il PMI tornato finalmente in zona espansiva. Segnali di lenta e parziale ripresa arrivano dal settore automotive, comparto chiave della manifattura italiana, che mostra un’inversione di tendenza (al rialzo) della produzione da inizio 2025, pur insufficiente a colmare il crollo del biennio precedente. Nello scenario del CSC, elaborato in termini di valore aggiunto, l’industria è prevista recuperare nel 2025 (+1,0%), ma rallentare il prossimo anno (+0,4%), quando si esauriranno gli effetti degli incentivi agli investimenti e si attenuerà l’impatto positivo dei minori tassi. Nella prima metà del 2025, il valore aggiunto totale in Italia è cresciuto grazie soprattutto al buon andamento delle costruzioni. Infatti, quelle di tipo abitaivo, che avevano risentito fortemente nel 2024 della riduzione degli incentivi, tra la fine dello scorso anno e la prima metà del 2025 hanno registrato un’inversione di tendenza al rialzo. Quelle di tipo non abitativo sono in forte espansione già da due anni e dovrebbero continuare a beneficiare delle risorse del PNRR e di prestiti bancari meno onerosi. Il valore aggiunto complessivo del settore delle costruzioni registrerà un ulteriore miglioramento nella seconda metà di quest’anno, crescendo in media del +3,1% nel 2025, per poi rallentare a +1,4% nel 2026.