DOPO IL VOTO DEL PARLAMENTO

Dual use civile-militare con corsia preferenziale. Non solo infrastrutture: per la Ue anche scuole, parchi e centri culturali

Negli emendamenti approvati da Strasburgo alla riforma di mid-term della politica di coesione acquisiscono un’importanza prioritaria (anche per i finanziamenti) le strutture che supportano attività sociali, economiche e culturali in tempo di pace e possono essere convertite rapidamente in rifugi, centri di coordinamento o hubs logistici in tempi di crisi. Criteri più larghi di quelli NATO per classificare le spese rientranti nel target del 5%. Corsia preferenziale anche alla cybersecurity. La questione del Ponte sullo Stretto.

 

11 Set 2025 di Giorgio Santilli

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Dual use civile-militare con corsia preferenziale. Non solo infrastrutture: per la Ue anche scuole, parchi e centri culturali

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Il clima di guerra effettiva e latente in cui ci tocca vivere in questi anni si ripercuote pesantemente anche sulle priorità europee e nazionali in campo infrastrutturale. In questa fase la priorità e la corsia preferenziale sono riservate alle strutture dual use, quelle strutture fisiche, cioè, che vengono abitualmente utilizzate per scopi e attività civili ma, in caso di emergenza, si prestano a essere utilizzate anche per scopi militari. Lo ha confermato il Parlamento europeo votando la revisione di mid-term delle politiche di coesione (riforma Fitto).

Questo approccio nuovo alla questione infrastrutturale/territoriale apre una serie di interrogativi che in passato si sono posti soprattutto per alcuni prodotti industriali (cui sono stati imposti forti limiti all’esportazione/importazione) ma mai hanno riguardato pezzi di territorio. La prima domanda è: fino a che punto è utile cercare la faccia militare, nascosta e latente, in una struttura fisica civile di qualunque tipo? A seguire il dibattito del Parlamento europeo dei giorni scorsi si direbbe che l’area della preoccupazione è talmente vasta che la ricerca del dual use potrebbe riguardare qualisasi territorio. E che il concetto di priorità e di attenzione a questa caratteristica duale riguardi qualunque area geografica. La priorità, in altri termini, è assoluta.

La seconda domanda chiarisce ancora meglio il filo del discorso. A quali opere si può applicare il concetto di dual use? Qual è il perimetro delle infrastrutture classificabili in questo modo?

Qui la sorpresa è massima. Se appare scontato che un’autostrada, una ferrovia, un porto – in caso di crisi bellica – si prestano immediatamente a un uso militare – e quindi possano essere oggetto in tempo di pace di un investimento aggiuntivo che le renda immediatamente “commutabili” – la risposta data dal Parlamento europeo è sorprendente. L’emendamento numero 4 approvato dal Parlamento a larghissima maggioranza alla riforma Fitto dice anzitutto che i fondi della politica di coesione possono essere destinati a “determinati investimenti in infrastrutture dual use e resilienti alle crisi” e che queste infrastrutture “possono servire sia a scopi civili che di difesa, in questo modo contribuendo alla coesione territoriale, alla resilienza regionale e alla preparazione/prontezza dell’Unione”. Quindi: la civile coesione e la resilienza territoriale oggi sono date dalla prontezza – anche infrastrutturale – ad affrontare una crisi militare. Un criterio di priorità che finop a poco tempo fa non avremmo mai incluso fra quelli utili a selezionare le opere da finanziare con fondi pubblici.

Ma veniamo alla risposta più sorprendente alla domanda di quale sia il perimetro di queste infrastrutture dual use. cosa ci può stare dentro. “Questo tipo di infrastrutture – dispone l’emendamento approvato – includono spazi e servizi pubblici, come centri di comunità, istituzioni didattiche, parcheggi, parchi ed aree ricreative, che supportino attività sociali, economiche e culturali in tempo di pace e possano essere convertite rapidamente in rifugi, centri di coordinamento o hubs logistici in tempi di crisi”. Vengono poi ricomprese le infrastrutture critiche, i sistemi di comunicazione, i sistemi di sorveglianza e rilevamento di minacce, gli edifici pubblici e gli hub di trasporto. E, trasversale a tutto campo, la cybersecurity.

Stando a questo elenco non solo la lista delle aree e degli edifici candidabili ai finanziamenti è praticamente infinita, ma – rovesciando il discorso – l’azione infrastrutturale necessaria per rendere dual use vaste porzione di territorio, infrastrutture, edifici deve essere massiccia.

Non è chiaro se la riforma Fitto prima e altri provvedimenti europei attinenti al tema infrastrutturale si incaricheranno di precisare meglio questo vasto perimetro e di mirare meglio le priorità. Certamente questi criteri “larghi” sono diversi da quelli che utilizza la NATO per classificare le spese per la difesa rientranti nel target del 5% del Pil posto per gli Stati membri. La querelle sul Ponte sullo Stretto, escluso da questo tipo di spese, ne è stato l’esempio più eclatante. La NATO – che ha tutto l’interesse a verificare che le spese classificate siano effettivamente utili a scopi militari – ragiona anzitutto in termini geografici, considerando prioritario questo tipo di interventi dual use nelle aree di effettivo rischio, quindi i confini orientali dell’Unione europea e le aree di Paesi non confinanti che tuttavia sono territorialmente e infrastrutturalmente collegate (per esempio il Friuli e il porto di Trieste). Criteri molto più restrittivi, dunque. Che tuttavia sono utilizzati meramente a fini di contabilità Nato. Mentre i criteri “larghi” della nuova politica di coesione europea – e di chissà quali altri provvedimenti futuri – sono finalizzati al finanziamento pubblico di progetti pubblici e privati. Si apre un capitolo di incentivazione alla trasformazione infrastrutturale e territoriale i cui confini dovranno essere definiti con più chiarezza.

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