UNIONCAMERE-TAGLIACARNE
Digitale, la SPINTA del Sud: il 35% delle imprese investirà in 4.0 entro il 2027
Incide il fattore efficienza, prevalgono le realtà manifatturiere e quelle di grandi dimensioni. Ma le imprese femminili faticano. “Le imprese del nostro Paese devono recuperare un gap sul fronte dell’innovazione e del digitale. In questo quadro i segnali di recupero provengono dal Mezzogiorno e sono molto importanti e certamente di buon auspicio per il futuro”, sottolinea il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli.
Il vento del Sud soffierà forte. In particolare sulla digitalizzazione. E’ quanto emerge dal rapporto pubblicato ieri da Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne su un campione di 4.500 imprese con addetti tra 5 e 499 unità. Il 35% delle imprese meridionali ha, infatti, in programma di realizzare investimenti 4.0 nei prossimi tre anni per colmare il gap digitale, contro il 32,8% della media dell’intero Paese. Più difficoltà a recuperare terreno sulla digitalizzazione mostrano, invece, le imprese femminili delle quali appena il 30% punta ad investire in queste tecnologie entro il 2027. A pianificare nuovi investimenti 4.0 sono soprattutto le imprese manifatturiere (40,6%) e, più in generale, le realtà produttive di grandi dimensioni (67,6%). Aumentare l’efficienza interna e/o ridurre i costi è il principale obiettivo che spinge oltre la metà delle aziende ad investire in questa direzione. Tuttavia, la carenza di competenze interne aziendali costituisce per il 27,7% delle imprese il principale ostacolo ad introdurre tecnologie 4.0.
Scendendo nel dettaglio si nota come il 56% delle imprese investe in digitale spinto dalla volontà di aumentare l’efficienza interna e/o di ridurre i costi, con picchi del 63,2% tra le grandi imprese con più di 50 addetti. A seguire, tra le principali motivazioni ad investire in queste tecnologie troviamo anche il miglioramento dei livelli qualitativi della produzione segnalato dal 21,9% delle imprese, una quota che sale al 23% per quelle di piccole dimensioni. Mentre il 12,3% investe nella transizione digitale spinto dagli incentivi, anche in questo caso la quota appare più elevata nel caso delle piccole imprese (14,3%).
Di contro, sottolinea la ricerca, tra i principali ostacoli alla digitalizzazione c’è la carenza di competenze sufficienti dichiarato dal 27,7% delle imprese che faticano anche a gestire i rapporti con università o centri di ricerca e seguire le procedure necessarie ad ottenere gli incentivi. Seguono tra le principali barriere segnalate la mancanza di risorse finanziarie interne (25,9%), più avvertita in particolare dalle piccole imprese (28,2%), e i costi delle tecnologie troppo elevati (18,4%).
Guardando, invece, ai settori più in voga della transizione blu ci sono: la simulazione tra macchine connesse; la robotica e la cybersicurezza. In particolare, la prima coinvolge il 29,4% delle imprese che investe in simulazione per aumentare l’efficienza dei processi produttivi. Seguono gli investimenti in robotica (24,8%) ed in cyber security (22,8%).
Infine, le aziende si attendono un importante ritorno da questo percorso. Secondo lo studio, l’impatto delle tecnologie 4.0 riguarda principalmente l’innovazione organizzativa interna all’impresa secondo il 66,6% delle imprese che investono nel digitale. Mentre per quasi la metà delle aziende (48%) le tecnologie cambieranno radicalmente l’assetto tecnologico dei processi produttivi. Meno rilevanti invece sono gli effetti attesi su innovazione di marketing e vendita dei prodotti (23,5%) e sui rapporti esterni con fornitori e clienti (19,3%).
“Le imprese del nostro Paese devono recuperare un gap sul fronte dell’innovazione e del digitale. In questo quadro i segnali di recupero provengono dal Mezzogiorno e sono molto importanti e certamente di buon auspicio per il futuro”, sottolinea il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli. “L’impegno delle Camere di commercio si concentra nel raccogliere le esigenze di innovazione delle imprese e nel fare da collegamento tra Centri di ricerca e sistemi produttivi per fornire risposte adeguate ai bisogni delle aziende”. Tutto il resto, invece, non è noia ma transizione digitale. E va accelerata.