EFFICIENZA ENERGETICA

Italia a metà dell’opera: servono 115 miliardi per gli obiettivi Ue

I lavori di ristrutturazione e di efficientamento energetico realizzati tra il 2020 e il 2024 sul parco immobiliare residenziale italiano hanno ridotto il consumo di energia del 7,4%, raggiungendo la metà dell’obiettivo della Direttiva Epbd (16%).
Per poter raggiungere l’obiettivo di efficientamento energetico e riduzione di emissioni di CO2 entro il 2030, è necessaria la riqualificazione di circa 1,7 milioni di edifici residenziali obsoleti in quattro anni. Lo studio di Nomisma per Rockwool.

29 Lug 2025 di Giusy Iorlano

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La transizione energetica corre in Italia, ma non come dovrebbe. Il patrimonio residenziale italiano ha, infatti, già ridotto i consumi del 7,4% tra il 2020 e il 2024, con un risparmio pari a 31.530 GWh annui. A dare man forte a questo risultato sono stati, neanche a dirlo, gli incentivi fiscali degli ultimi anni, che hanno posizionato il nostro Paese a metà strada rispetto all’obiettivo del 16% di riduzione dei consumi entro il 2030, come stabilito dalla Direttiva Epbd (Energy Performance of Buildings Directive). Ma la vera sfida ora è quella di intervenire su circa 1,7 milioni di edifici residenziali obsoleti, pari a quasi il 14% del patrimonio nazionale, per colmare il divario residuo dell’8,6% e raggiungere il target del 16% entro il 2030. Un obiettivo non di poco conto: si stima un investimento complessivo di 115,3 miliardi di euro nel quadriennio 2027-2030, ovvero circa 28,8 miliardi all’anno. Un piano, questo, he permetterebbe di completare il percorso di abbattimento delle emissioni in soli quattro anni.

A fare i calcoli è stato lo studio “Efficienza energetica del patrimonio abitativo – Scenari e strumenti alla luce della Direttiva Ue”, commissionato da Rockwool a Nomisma. Lo studio fornisce un’analisi indipendente sullo stato degli edifici residenziali italiani, le opportunità generate dagli interventi di efficientamento energetico e le soluzioni finanziarie più efficaci per il raggiungimento degli obiettivi europei.

Due categorie di interventi

Gli interventi di riqualificazione sono stati suddivisi in due categorie dallo studio: gli interventi ‘hard’, cioè più invasivi, che prevedono la sostituzione di impianti e involucro degli edifici, generando un aumento medio del 14,8% del valore dell’immobile.

A questi, poi, si aggiungono gli interventi ‘soft’, quelli, cioè, che prevedono la sola sostituzione degli impianti più obsoleti, con incrementi medi del valore immobiliare attorno al 4,8%.

L’investimento medio per abitazione è stimato in 24 mila euro, destinato prevalentemente agli interventi “hard” per i maggiori benefici in termini di risparmio energetico e crescita del valore dell’immobile. Ogni euro investito nella riqualificazione di un’unità abitativa genera un ritorno economico superiore al 23%, con un effetto moltiplicatore pari a 1,23.

Più Valore per gli immobili

Gli interventi di riqualificazione energetica stimati dallo studio potrebbero generare un incremento di valore immobiliare per il patrimonio residenziale italiano pari a 68,9 miliardi di euro. L’incremento di valore è tanto più elevato quanto più significativo è il salto di classe energetica. In media, si registra un aumento di 14.500 euro per abitazione (+10,1%), con picchi fino al 31% nelle zone più fredde o in caso di passaggio dalla classe G alla A. Ad esempio, un intervento ‘hard’ su un immobile in zona climatica E che passa dalla classe G alla B può ottenere un incremento di valore del 22,4%, mentre un intervento ‘soft’ nella stessa condizione, con un salto di due classi, consente un aumento di valore inferiore, pari all’8%.

Gli effetti positivi sul sistema Paese

L’implementazione di questo piano di riqualificazione avrebbe effetti positivi sull’intero sistema Paese. Si prevede un incremento annuo del valore aggiunto pari a 21,3 miliardi di euro, ripartiti tra effetti diretti (10,5 miliardi), indiretti (4 miliardi) e indotti (6,8 miliardi). Il settore delle costruzioni riceverebbe il beneficio principale (37% del totale), ma le ricadute positive interesserebbero anche consulenza, servizi immobiliari, commercio, trasporto e logistica.

Inoltre, gli interventi attiverebbero circa 370 mila unità di lavoro all’anno dal 2027 al 2030, pari all’1,5% del totale nazionale. Di queste, il 47% sarebbe impiegato nel settore delle costruzioni (circa 175.000 unità).

Impatto economico – valore aggiunto totale

Risparmio sulle bollette e decarbonizzazione

L’efficientamento energetico porterebbe anche importanti vantaggi diretti per le famiglie, traducendosi in un risparmio medio annuo sulle bollette del 36%, pari a circa 645 euro per famiglia. Nelle zone climatiche più fredde, questo risparmio potrebbe sfiorare i 1.300 euro. A ciò si aggiunge una stimata decarbonizzazione di 4,6 milioni di tonnellate di all’anno, equivalenti al 10% delle emissioni del comparto residenziale.

Scenari finanziari flessibili per una transizione inclusiva

Per attivare gli investimenti necessari, stimati in 28,8 miliardi di euro all’anno, sarebbe necessaria una forma di sostegno finanziario annuo di circa 17,3 miliardi. I capitali privati potrebbero coprire la restante quota di 11,5 miliardi. Questa stima è in linea con gli investimenti medi annui registrati tra il 2014 e il 2020 per interventi di manutenzione straordinaria, veicolati attraverso incentivi fiscali statali, che si attestavano a 28,4 miliardi di euro, con una quota pubblica pari a 14,4 miliardi (aliquota media del 50,8%).

Lo studio propone tre scenari di finanziamento, intesi come spunti di riflessione, basati su un caso studio di un condominio di medie dimensioni (28 unità abitative, costruito prima del 1970) che prevede un intervento “hard” in grado di garantire un salto di sei classi energetiche (dalla G alla A1) e un risparmio del 60%. I modelli prevedono un coinvolgimento modulabile di Stato, famiglie, imprese e operatori finanziari. Gli strumenti ipotizzati includono crediti d’imposta differenziati, incentivi diretti per famiglie a basso reddito, prestiti agevolati con garanzia pubblica, meccanismi ‘pay-as-you-save’, il ruolo attivo delle Esco e l’utilizzo di fondi europei specifici.

La quota di sostegno pubblico ipotizzata varia dal 50% al 65% dell’investimento complessivo, con un impegno effettivo per lo Stato tra 4,9 e 8,6 miliardi di euro all’anno dal 2027 al 2030, al netto dei maggiori gettiti fiscali generati dagli investimenti. La sostenibilità economica viene valutata non solo in base al contributo pubblico, ma anche al valore aggiunto generato, al ritorno occupazionale e al coinvolgimento di capitali privati.

Per assicurare l’efficacia di qualsiasi soluzione, è fondamentale una programmazione pluriennale, massima trasparenza delle regole, controlli rigorosi e una governance collaborativa tra Stato, attori finanziari, imprese e cittadini. Proseguire verso il target europeo richiede uno sforzo condiviso per massimizzare le risorse disponibili, supportare le famiglie più bisognose e promuovere un’edilizia sicura, moderna e sostenibile. Solo attraverso la collaborazione attiva e l’adozione di modelli flessibili e inclusivi, conclude lo studio, sarà possibile completare con successo la transizione energetica del patrimonio abitativo nazionale.

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