ANALISI DELLA MAPPA ANCI
Digitale ancora INCOMPLETO nel 65% dei servizi comunali
“Stiamo rafforzando la nostra maturità digitale e rendendo le nostre infrastrutture più moderne e funzionali. Il Pnrr ha dato una spinta decisiva, ma occorre continuare a investire in infrastrutture e, soprattutto, nella formazione e nella crescita delle competenze del nostro personale affinché ci sia una vera transizione digitale, completa e duratura per il bene delle nostre comunità”, ha detto ieri il sindaco di Napoli e presidente dell’Anci Gaetano Manfredi.
E’ stato bello ma non sarà per sempre, anzi. Una delle spinte maggiori arrivate dal Pnrr italiano ha riguardato la digitalizzazione dei Comuni ma come per tutti i settori l’orizzonte è vicino, 2026. Urge allora guardare oltre e attrezzarsi. La base, e anche qualcosa in più, è stata posta: oltre un miliardo di fondi del piano di ripresa e resilienza hanno permesso a nove amministrazioni locali su dieci di sbarcare nel cloud e abbandonare l’unicità delle “scartoffie”. I numeri emersi dalla prima mappatura svelata ieri da Anci e Dipartimento per la trasformazione digitale dicono che sono già 56mila i progetti avviati nei Comuni e gli obiettivi Pnrr sono stati raggiunti, peraltro in maniera piuttosto omogenea in tutto il territorio. Insomma, la maturità digitale c’è. Basta? No.
Si pensi alla digitalizzazione dei servizi quali edilizia, urbanistica, scuola e demografia per i quali è vero che in oltre un terzo dei Comuni è stato innovato sia il front che il back office (parte amministrativa e parte legata ai cittadini) ma per più del 40% è stato modernizzato solo il front office e nel 21-25% nessuno dei due ambiti. Dunque, il percorso è ancora lungo: per rafforzare il back office serve rivedere i processi interni e diffondere una cultura dell’innovazione nelle amministrazioni comunali.
Un altro lato oscuro o quantomeno opaco della digitalizzazione riguarda il fronte delle risorse e delle competenze. “Stiamo rafforzando la nostra maturità digitale e rendendo le nostre infrastrutture più moderne e funzionali. Il Pnrr ha dato una spinta decisiva, ma occorre continuare a investire in infrastrutture e, soprattutto, nella formazione e nella crescita delle competenze del nostro personale affinché ci sia una vera transizione digitale, completa e duratura per il bene delle nostre comunità”, ha detto ieri il sindaco di Napoli e presidente dell’Anci Gaetano Manfredi.
Il capitolo governance e innovazione del rapporto, in questo senso, parla chiaro: la gestione dell’Ict risulta essere principalmente affidata a fornitori esterni (per il 75%) e molte delle figure chiave previste negli organigrammi degli enti (Rtd e/o responsabile Ict) hanno per lo più profili amministrativi (nei piccoli comuni si tratta del 66%). Ancora, tra le barriere principali percepite dai comuni rispetto alla trasformazione digitale ci sono la carenza di risorse economiche e umane per gestire processi di cambiamento, anche nei grandi comuni. Per non parlare della bassa strategicità percepita dai Comuni (56-70%) su temi quali l’intelligenza artificiale, smart-room e ambienti digitali, implementazione di tecnologie blockchain. Dunque, servono nuove leve sia tecniche-umane (specializzate, esclusive per il settore digital) che finanziarie.

Anche perché, innovare e aumentare i servizi avrà dei costi sempre maggiori per le amministrazioni. Qui la chiave sarà passare a “una logica manageriale pubblica, che superi la logica del singolo campanile”, per dirla con le parole del presidente Uncem Marco Bussone. Unire gli uffici comunali prossimi tra loro per ammortizzare le spese della digitalizzazione, creare alleanze tra enti e gemellaggi digitali, insomma presidiare al meglio i territori e dare il segnale che più amministrazioni lavorano insieme è la strada da perseguire. Altrimenti, scavallare la deadline del prossimo anno sembrerà davvero come andare a sbattere contro le colonne d’Ercole.