IN SETTIMANA LA PROPOSTA DI REVISIONE DEFINITIVA A BRUXELLES
I supplementari Pnrr: le risorse non spese a un fondo unico, finanzierà investimenti post-2026 (casa, studentati, treni)
Tensione tra Foti e Giorgetti per chi gestirà le risorse, se Palazzo Chigi o Mef, c’è addirittura l’ipotesi di uno sdoppiamento. I fondi andranno a misure concordate con Bruxelles e contenute nella revisione conclusiva generale. La cifra totale sarebbe di almeno 10 miliardi e comprenderebbe anche i capitoli dell’energia e della competitività (imprese). L’incognita Difesa. Lo schema sarà simile per tutte le misure prescelte con un accordo entro giugno 2026 che definisca obiettivi, cofinanziamenti di Cdp o privati, veicoli societari o finanziari, tempi di realizzazione e consegna che scavalleranno il 2026 per andare ai mesi successivi.

CAMERA, AULA, DISCUSSIONE SULLE COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO IN VISTA DELLA RIUNIONE DEL CONSIGLIO EUROPEO
IN SINTESI
Partirà in settimana – salvo clamorosi ritardi – la proposta italiana di revisione del Pnrr che deve definire come percorrere l’ultimo miglio del Piano fino a fine 2026, ma anche come aprire i tempi supplementari che si proietteranno oltre il 2026. A quel punto non più come Pnrr – la commissione Ue non vuole saperne di contabilizzare alcunché classificato Pnrr oltre il 31 dicembre 2026 – ma come “Piano post-Pnrr” che si concretizzerà in un fondone in cui finiranno tutte le risorse Pnrr non spese per essere riutilizzate in misure concordate con Bruxelles.
Il fondone e le otto opzioni della comunicazione Fitto
Le stime di quanto a fine periodo non sarà stato speso (rispetto alle misure contenute nell’attuale versione del Pnrr) oscillano fra i 20-25 e i 40 miliardi sui 194 complessivi. Molto dipenderà da quanto si riuscirà ad accelerare le opere in corso. La revisione finale vuole riassorbire queste risorse con vari strumenti, in modo da poter sostenere, a fine Pnrr, che la somma non spesa è stata azzerata e tutte le risorse sono state investite. Lo strumento principale sarà il fondone. Prima di arrivare a questo trasferimento di risorse, però, saranno attivate le otto opzioni offerte dalla comunicazione Fitto del 4 giugno “La strada verso il 2026” (si legga qui l’articolo sulle opzioni della comunicazione). Fra queste, lo spostamento di risorse aggiuntive sulle misure Pnrr che stanno tirando, il recupero di finanziamenti parziali a opere che si sarebbero dovute stralciare e invece saranno finanziate per la sola parte realizzata (come il Terzo valico), il dirottamento delle risorse Pnrr verso piani finanziati dai fondi di coesione, lo spostamento di risorse verso nuovi piani definiti da Cdp in favore della competitività oppure verso progetti di difesa, satelliti, InvestEu. Sottratte tutte queste risorse potrebbero restare una decina di miliardi destinati al fondo. C’è anche però l’ipotesi che le risorse destinate ad alcune di queste opzioni della comunciazione Fitto riconfluiscano dentro lo tesso fondone: l’importo in questo caso crescerebbe.
Lo schema di gioco dei supplementari Pnrr
Lo schema di gioco per collegare Pnrr (risorse non spese) e post-Pnrr (fondone) sarà lo stesso per tutte le nuove misure ammesse al finanziamento. Entro giugno 2026 dovranno essere sottoscritti accordi che vincolino i soggetti attuatori (ministeri, società pubbliche, agenzie, Cdp, enti locali) e i soggetti realizzatori al rispetto dei parametri fondamentali della misura finanziata: numero degli “oggetti” da realizzare (alloggi Erp, posti letto per gli studentati, materiale rotabile, linee ferroviarie, impianti di energie rinnovabili, ecc.), finanziamenti Pnrr dirottati, riforme collegate, eventuali cofinanziamenti di Cdp e di soggetti privati, costituzione di veicoli societari o finanziari specifici, target e milestones (proprio come nel Pnrr), tempi di realizzazione e consegna che scavalleranno il 2026 per andare ai mesi successivi.
A tenere insieme in un tutto organico l’attuazione di queste misure post-Pnrr sarà, appunto, il fondone da cui le singole misure attingeranno nel rispetto degli accordi sottoscritti con la commissione Ue (tramite l’approvazione della revisione finale al Pnrr). Il fondone è però anche l’ultimo elemento su cui non c’è intesa dentro il governo italiano: dovrebbe essere istituito e governato dal Mef, proprio perché prevale l’aspetto finanziario-contabile, ma il ministro al Pnrr, Tommaso Foti, quindi Palazzo Chigi, rivendica il ruolo decisivo nell’attuazione e nel coordinamento di quello che resta pur sempre uno spezzone di Pnrr.
Nelle ultime ore si è affacciata addirittura l’ipotesi che i fondi potrebbero essere due. Soluzione inverosimile e poco gradita a Bruxelles che vuole comunque ricevere la proposta in settimana, secondo gli impegni che il governo italiano ha assunto durante la missione a Roma di Céline Gauer, direttrice della task force europea sull’attuazione di Next Generation EU.
Per la commissione è fondamentale, nella sostanza e negli annunci che saranno fatti, che questi tempi supplementari al Pnrr vengano strettamente collegati alle sue strategie, sia in chiave europea che di raccomandazioni ai singoli Stati. Questo da una parte significa collegare l’operazione ai grandi obiettivi Ue di investimento di questo periodo e in particolare ai cinque obiettivi prioritari definiti da Fitto nella riforma di mid-term delle politiche di coesione (competitività, energia, affordable housing, acqua, difesa). Dall’altra, significa continuare con la logica tipica del Pnrr secondo cui le risorse per gli investimenti sono strettamente connesse a percorsi di riforma che il Paese deve continuare.
I due accordi già fatti e blindati dal ministero delle Infrastrutture con la commissione Ue spiegano bene sia i collegamenti agli obiettivi strategici sia lo spirito riformistico che deve esseree tenuto vivo. Più attrezzato di altri ministeri nei rapporti con la commissione, il Mit ha fatto da battistrada sulle intese per i supplementari Pnrr. I due accordi riguardano il Piano casa e l’acquisto di treni per il trasporto regionale: dovrebbero portare oltre un miliardo di euro di spesa.
Al Piano casa di Salvini andranno 400-500 milioni di risorse non spese dai comuni per i Pinqua. La casa oggi è vista come una delle priorità dalla Ue ed è stata facile quindi la connessione fra i nuovi piani e le linee strategiche di investimento europee. Quello che interessa Bruxelles è che ora si dettagli l’impegno a realizzare un certo numero di alloggi con la logica delle milestones e dei target e comunque fissando un termine massimo di realizzazione.
Ancora più significativo il caso dell’acquisto di treni, che sarà collegato alla riforma Pnrr delle procedure di programmazione ferroviaria in Italia. I fondi aggiuntivi – fra i 700 milioni e il miliardo – andrebbero a una società pubblica di nuova costituzione, una Rolling Stock Company, che acquisterebbe i treni per tutto il trasporto regionale e li girerebbe poi alle imprese ferroviarie che svolgono il servizio. Questa soluzione – che si ispira al modello svedese – dovrebbe favorire un’effettiva apertura dei mercati regionali a nuovi operatori alternativi a Trenitalia nella nuova stagione di gare prevista dal 2026: i treni ressterebbero pubblici e sarebbero affittati agli operatori, abbattendo l’investimento per l’acquisto diretto del materiale rotabile e abbattendo quindi la principale barriera di ingresso nel mercato. Spirito proconcorrenziale che piace molto a Bruxelles.
Le spese militari con i residui Pnrr
L’ultima incognita riguarda le spese militari. Giorgetti vuole finanziarle con i residui del Pnrr per pesare meno sul deficit ed evitare di dover chiedere a Bruxelles l’utilizzo della clausola di salvaguardia. Questo finanziamento potrebbe arrivare tramite il fondone, che diventerebbe allora “largo” (anche gli importi crescerebbero). Oppure il fondone resterebbe “stretto” a finanziare solo le misure virtuose per i supplementari Pnrr mentre le spese della Difesa – e altre poco assimilabili al Pnrr – sarebbero finanziate con strumenti diversi dal fondone. In questo calcolo giocano un ruolo anche i tempi: Giorgetti ha tutto l’interesse a tenere alta la spesa pubblica del 2025 e 2026 prima degli esami del patto di stabilità che si giocheranno su quote di riduzione di spesa rispetto ai livelli 2026.