Emergenza caldo, Governo e parti sociali firmano il protocollo quadro. “Buone prassi e percorsi condivisi” per non fermarsi e tutelare i lavoratori. Calderone: a giorni il decreto ministeriale
Arriva il protocollo quadro per l’adozione delle misure di contenimento dei rischi lavorativi legate alle emergenze climatiche negli ambienti di lavoro. Vengono delinetate quattro aree di intervento relative a formazione-informazione, sorveglianza sanitaria, abbigliamento/indumenti/dpi e riorganizzazione dei turni e orari di lavoro. Il protocollo parla di buone prassi che ora andranno declinate in accordi attuatitivi e ai tavoli contrattuali. Il protocollo verrà recepito in un decreto ministeriale che sarà emanato nei prossimi giorni
IN SINTESI
Coniugare la prosecuzione delle attività produttive con la garanzia di condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro e delle modalità lavorative. E’ l’0biettivo prioritario del protocollo quadro firmato ieri sera al ministero del Lavoro dalle parti sociali per l’adozione delle misure di contenimento dei rischi lavorativi legate alle emergenze climatiche negli ambienti di lavoro. Dopo i tentativi andati a vuoto le fumate nere degli ultimi anni, il protocollo avvia un nuovo percorso per gestire una situazione emergenziale che ormai è diventata strutturale, causata dall’impatto del cambiamento climatico sui luoghi di lavoro. Fissando quattro aree di intervento relative a formazione-informazione; sorveglianza sanitaria; abbigliamento/indumenti/dpi e riorganizzazione dei turni e orari di lavoro, imprese e organizzazioni sindacali indicano “in una cornice di buone prassi, percorsi di intervento e misure condivisi” che andranno messi a terra con accordi attuativi e ai tavoli contrattuali. Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha annunciato un decreto ministeriale per i prossimi giorni che recepirà il protocollo.
L’accordo – il primo dopo l’emergenza Covid – parte dal presupposto che “il cambiamento climatico sta seriamente compromettendo la futura sostenibilità ambientale ed economica a livello globale comportando, allo stesso tempo, l’esposizione delle lavoratrici e dei lavoratori ad ulteriori rischi per la salute e la sicurezza durante lo svolgimento delle attività lavorative”. La “minaccia” è soprattutto per quei contesti lavorativi che richiedono lavori outdoor, all’aperto, ma l’attenzione va tenuta sempre alta sulle condizioni adeguate per chi opera indoor. Situazioni che, proprio per disinnescare i rischi per la sicurezza e la salute, richiedono misure tempestive. Come si è detto, il protocollo pone “particolare attenzione agli strumenti dell’informazione, della formazione, della prevenzione, della corretta attuazione della sorveglianza sanitaria e della valutazione dei rischi, al fine di determinare misure adeguate di tutela, contribuendo a realizzare un contesto di lavoro più sano e sicuro, migliorando il benessere dei lavoratori, promuovendo e sviluppando, attraverso il sistema proprio del modello prevenzionale e all’interno delle relazioni industriali, una attività specifica contrattuale mirata”.
Restano ferme le disposizioni previste dalla decretazione specifica, in particolare sulla regolazione degli ammortizzatori sociali utilizzabili per queste emergenze e nei termini previsti per i diversi settori produttivi (Cigo, Cisoa), e viene demandato ai provvedimenti delle amministrazioni coinvolte (Inl, Inail, MdS) quello che concerne le regole generali di tutela della salute e sicurezza, emessi espressamente per la gestione delle emergenze. Verrà recepita nel primo veicolo normativo utile, e non nel decreto ministeriale, la parte sugli ammortizzatori sociali che prevede un ricorso «ampio ed automatico» agli ammortizzatori sociali per tutte le ipotesi di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, anche in caso di lavoro stagionale.Oltre a ribadire l’obbligo di dare piena attuazione alle norme esistenti, l’accordo prevede che nei cantieri temporanei o mobili i piani di sicurezza e coordinamento (Psc) dovranno “prendere in considerazione anche il rischio microclima, e prevedere misure di prevenzione idonee al fine di ridurre il rischio come, ad esempio, la presenza di aree di ristoro adeguate alle pause, la variazione dell’inizio delle lavorazioni”. Stessa regola vale per le ditte in appalto, che dovranno “prevedere, all’interno dei relativi Pos, misure specifiche di organizzazione delle lavorazioni in cantiere, quali, ad esempio, l’idoneità dei Dpi alla stagione in corso, la possibilità di pause o l’anticipo/posticipo delle lavorazioni, la fornitura di bevande, l’accesso all’ombra”.
“Le parti sindacali e datoriali si impegnano ad attivare tavoli contrattuali nazionali settoriali, territoriali o aziendali, volti a declinare le buone prassi e le misure necessarie e condivise per le realtà specifiche dei diversi settori, delle dimensioni aziendali, dei territori e dei processi industriali e lavorativi, che potranno diventare parte integrante dei relativi Contratti nazionali vigenti”. Inoltre, “potranno essere previsti criteri di premialità per le imprese aderenti, riconosciuti dall’Inail in relazione agli strumenti di incentivazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro individuati dalla normativa di riferimento, senza che questo comporti incrementi della spesa pubblica”. Le parti firmatarie richiedono al ministero del Lavoro di recepire formalmente con l’impegno di supportarne l’efficacia adottando tutte le misure necessarie: per assicurare ai lavoratori i necessari interventi di tutela (ad esempio, quelli legati all’ampio ed automatico ricorso agli ammortizzatori sociali in tutte le ipotesi di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, anche in caso di lavoro stagionale. In particolare, lo scomputo dei periodi previsti dalla disciplina degli ammortizzatori sociali ordinari per eventi oggettivamente non evitabili dal limite massimo di durata della cassa integrazione stessa; per supportare il sistema produttivo, in relazione alla necessità di rimodulazione dell’orario di lavoro, nell’orientare i provvedimenti che dovessero condizionarne l’applicazione; per qualificare formalmente le ordinanze, ovvero i protocolli attuativi, come elementi giustificativi per assicurare alle imprese le tutele contro tutte le eventuali responsabilità, come, ad esempio, quelle connesse con il ritardo della consegna dei lavori legato agli eventi climatici estremi.
Calderone: risposta ai lavoratori, il protocollo potrà aprirsi ad altre adesioni
Ad annunciare il decreto ministeriale nei prossimi giorni è stato il ministro Calderone subito dopo la firma del protocollo. “Il protocollo è una risposta che il governo e le parti sociali hanno dato ai lavoratori alle imprese in un momento certamente eccezionale. Le nostre priorità sono la salute e la sicurezza durante lo svolgimento delle attività lavorative in particolare quelle che devono necessariamente essere svolte all’aperto. E’ un protocollo che potrà aprirsi a ulteriori adesioni e ulteriori condivisioni, che promuove le buone pratiche al fine di scongiurare gli infortuni, come anche eventi e condizioni di malessere connessi a questo clima estremo. L’obiettivo è coniugare la prosecuzione delle attività lavorative con la garanzia di condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro e delle modalità con cui si lavora. Questo protocollo intende valorizzare le iniziative contrattuali assunte in sede nazionale di categoria territorio o azienda e vuole essere un punto di riferimento per gli eventuali provvedimenti adottati dalle amministrazioni locali”.
Di Franco (Fillea): protocollo intervento tardivo, ora occorre una legge organica
“Il cambiamento climatico sta seriamente compromettendo la futura sostenibilità ambientale ed economica a livello globale comportando, allo stesso tempo, l’esposizione delle lavoratrici e dei lavoratori ad ulteriori rischi per salute e sicurezza durante lo svolgimento delle attività, in particolare per quelle che più direttamente ne subiscono gli effetti di danno”, ha commentato il segretario generale della Fillea Cgil nazionale Antonio Di Franco. “Riteniamo che la firma del protocollo sia un intervento tardivo- spiega il segretario del sindacato degli edili – che ancora una volta, non introduce elementi strutturali e che affronta la questione climatica come un fatto eccezionale e straordinario. Non si può continuare a negare l’esistenza del mutamento climatico. Serve un intervento normativo strutturale che vieti il lavoro in tutte le situazioni in cui è previsto ‘un rischio climatico alto’ temperature maggiori a 30 gradi e una condizione di umidità relativa maggiore del 70%”. Inoltre, “Vanno aggiornati i piani operativi di sicurezza in cui è previsto il rischio dello stress termico, sin dalla fase di progettazione con conseguente aggiornamento dei tempi contrattuali di esecuzione. Gli interventi così previsti, non danno garanzia che i cantieri si fermano. Diventa importante l’indicazione dei tempi di realizzazione. Inoltre vanno aggiornati i tabellari delle malattie professionali Inail, poiché ad oggi non tengono in considerazione le conseguenze dello stress termico in una condizione di sforzo fisico, configurabile all’interno di un cantiere. Dobbiamo considerare che
in Italia ci sono tre milioni di lavoratori in nero, in base ai dati emersi da indagine dell’Ispettorato del lavoro il 70% delle imprese non rispettano normali norme di sicurezza”. Di qui la richiesta di “una legge organica con obbligo di interruzione, dobbiamo superare le misure tardive non strutturali. In ultimo è quanto mai urgente un aggiornamento delle tabelle Inail per meglio inquadrare effetto del caldo negli infortuni e per riconoscimento di nuove malattie professionali. Sia nel protocollo che nello schema di emendamento si parla di eventi straordinari, dobbiamo invertire il paradigma e riconoscere a tutti i livelli il cambiamento climatico”.
Brancaccio (Ance): serve una legge stabile non solo protocolli
“Questo e’ un protocollo quadro a tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, ma va declinato per le singole categorie”, ha spiegato la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio. “Noi siamo pronti, come Ance, cosi’ come lo siamo stati per il protocollo Covid, che e’ stata un’esperienza virtuosa di tutto il nostro sistema e dei sindacati – ha detto – ma e’ chiaro che il caldo arriva ogni anno: vorremmo che si stabilizzasse una norma per l’emergenza a caldo, non solo protocolli temporanei”. Secondo Brancaccio, “torna il caldo, torna ogni anno, e vorremmo essere preparati con una stabilita’ normativa e con indicazioni chiare su come comportarci nei cantieri”. Per la presidente dell’Ance, non c’è una contrapposizione tra imprese e sindacati: “Nel nostro settore non ci sono distanze col sindacato, il tema e’ che un protocollo non riesce ad agire sulle deroghe che chiediamo ai Comuni, per esempio per cominciare a lavorare prima ed evitare le ore piu’ dure. Ecco perche’ chiediamo una legge: servono regole certe per gestire l’emergenza climatica”, ha rimarcato. “Non si tratta di interessi contrapposti – ha concluso Brancaccio – ma di specificita’ del nostro settore che richiedono un approfondimento e una stabilita’ normativa per tutelare davvero la salute e la sicurezza dei lavoratori”.
Cna: ora il ministero si impegni a supportare l’efficacia del protocollo
Positivi i commenti rilasciati dalle associazioni imprenditoriali dopo la firma. Per la Cna, viene riconosciuto “ilruolo fondamentale delle parti sociali nel definire buone prassi e misure di prevenzione”. Ora questo protocollo dovrà essere recepito formalmente dal ministero “con l’impegno di supportarne l’efficacia, al fine di consentire l’automatico ricorso agli ammortizzatori sociali in tutte le ipotesi di riduzione o sospensione dell’orario di lavoro, anche in caso di lavoro stagionale, scomputandoli dai periodi massimi previsti dalla disciplina in materia; assicurare alle imprese le tutele contro tutte le eventuali responsabilità, come, ad esempio, quelle connesse con il ritardo della consegna dei lavori legato agli eventi climatici estremi qui considerati”. “Bene il dialogo con governo, ministero del Lavoro e parti sociali che ha portato alla sigla del protocollo di tutela dei lavoratori. Tra i 550.000 occupati delle imprese aderenti a Confcooperative circa la metà sono esposti a condizioni climatiche critiche, in modo particolare, nell’agroalimentare, nei trasporti, nei servizi e nell’edilizia. Noi mettiamo sempre le persone al centro”. ha commentato Maurizio Gardini presidente di Confcooperative.