Pensiero Analitico, RUP e Gestione Informativa Digitale: le preoccupazioni delle Stazioni Appaltanti
La maggior parte delle stazioni appaltanti, per così dire, «minori» appare oggi preoccupata dalle prescrizioni che il Codice dei Contratti Pubblici prevede per la Gestione Informativa Digitale. Nella realtà, tale preoccupazione è, per ora, incentrata sulla redazione di documenti, tra cui, in primo luogo, il capitolato informativo, necessario sul piano formale per la pubblicazione dei bandi di gara per l’affidamento dei servizi di ingegneria e di architettura. A livello sostanziale, tuttavia, ciò che emerge con prepotenza, a partire dalla redazione del Documento di Fattibilità delle Alternative Progettuali e del Documento di Indirizzo alla Progettazione, è la necessità dell’esplicitazione analitica degli obiettivi, delle finalità e dei fabbisogni (contenutistici e informativi). In altre parole, il rapporto che intercorre tra stazione appaltante e affidatari dei servizi di progettazione, di verifica del progetto, di coordinamento per la sicurezza, di direzione dei lavori, di collaudo tecnico-amministrativo è disciplinato dalla legge in modo dettagliato, quanto meno quanto a documenti, ma, al contempo, i Responsabili Unici del Procedimento delle stazioni appaltanti non sono certo adusi a trasferire i contenuti attesi in modalità computazionali, comprensibili dalla macchina, opportune per semi automatizzare le procedure di accertamento della conformità. Tra i diversi elementi di criticità che si possono ravvisare nella prima applicazione estesa dei vincoli legislativi, l’introduzione di una disciplina sistematica di questo genere da parte delle stazioni appaltanti, così come degli affidatari, appare del tutto estranea.
Un conto, infatti, è richiedere di produrre contenitori informativi in formato neutro ai fini dell’interoperabilità, un altro è configurare livelli di fabbisogno informativo e specifiche di produzione delle informazioni secondo criteri che ne permettano la traduzione in termini operativi grazie a dispositivi e a software specifici, utilizzando modelli di dati, dizionari di dati, ontologie. Qui si evince la notevole differenza e alterità tra il modo di operare convenzionale, che sintetico e che permette sottintesi, espresso in linguaggio naturale, e quello proprio alla dimensione digitale, che è analitico e richiede disambiguazioni. Sia che si commissioni la progettazione del nuovo presidio ospedaliero da centinaia di milioni di Euro sia che si affidi l’incarico per l’ampliamento della scuola da pochi milioni di Euro, per non dire di infrastrutture o di reti, la questione non riguarda la consegna di modelli informativi da cui trarre elaborati o, al limite, con cui eseguire simulazioni, bensì il dispiegamento analitico dei requisiti che connotano la natura dei beni commissionati, tradotti in dati strutturati.
In gioco è, di conseguenza, la capacità della stazione appaltante e dell’ente concedente (ma lo stesso varrebbe per il committente privato in veste di sviluppatore immobiliare o di acquirente di beni strumentali) di dominare totalmente le caratteristiche e i contenuti di ciò che sta richiedendo, tanto funzionalmente quanto oggettualmente. È chiaro che tutto ciò richiederebbe una padronanza assoluta da parte del committente, secondo criteri da cultura industriale, dell’oggetto del contratto pubblico e la totale esplicitazione dello stesso. Non a caso, gli strumenti preposti alla enunciazione dei requisiti informativi, che, a loro volta, sono propedeutici ai dispositivi o alle regole di controllo e di verifica semi automatica dei modelli informativi, non sono altro che strutture di dati vuote, da riempire a opera del committente di contenuti e di prescrizioni dettagliate. In questo senso, come si vorrebbe col Documento di Indirizzo alla Progettazione, la stazione appaltante (e il Responsabile Unico del Procedimento, assieme al Coordinatore dei Flussi Informativi) diviene un progettista di prima istanza, colla relativa meta progettazione. Una simile attitudine è, però, sconosciuta alla maggior parte delle stazioni appaltanti, nonostante che il Documento di Indirizzo alla Progettazione e, ancor prima, il Documento Preliminare alla Progettazione, non siano illustri sconosciuti.
Di conseguenza, la difficoltà a comprendere la tematica della Gestione Informativa Digitale da parte dei Responsabili Unici del Procedimento deriva dalla loro distanza siderale, in molte occasioni, da questo governo analitico dell’oggetto dell’affidamento e del contratto. Non possiamo, perciò, pensare di produrre e di utilizzare capitolati informativi che siano, sotto questo profilo, quanto più prossimi alla nozione di digitalizzazione sinché non saremo in grado di formare operatori della Domanda Pubblica che siano in grado di formulare le proprie richieste secondo questa modalità. Il che vale per due ragioni: la prima è che la digitalizzazione impone alla stazione appaltante un forte dominio di ciò che acquista, sul piano fisico e su quello informativo; la seconda è che per semi automatizzare i processi di richiesta e di controllo sia assolutamente necessario seguire protocolli gestibili dagli algoritmi, anche nella prospettiva innovativa dell’Intelligenza Artificiale.
Si tratta di iniziare a pensare a come formare una nuova generazione di Responsabili Unici del Procedimento, di Gestori dei Flussi Informativi e di Coordinatori dei Flussi Informativi, prima che la vicenda assuma pieghe di banalizzazione, di richieste generiche e stereotipate e di produzione di modelli informativi a scarso valore aggiunto. A questo fine, ad esempio, Trentino School of Management, in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento, ha promosso una dedicata azione di formazione, che dovrebbe preludere a creare specifici repertori di livelli di fabbisogno informativo e di specifiche di produzione di contenuti informativi.