IL 30/6 NUOVA RELAZIONE
Piano Mattei: nodi green, imprese italiane, risorse e DEBITO africano
Dopo il vertice romano tra Meloni e von der Leyen rimangono tutti in piedi i dubbi e i punti da chiarire sull’iniziativa portata avanti dal governo italiano ma ora diventata sempre più marchio europeo. Secondo il think tank Ecco, senza affrontare la transizione climatica il piano non imprimerà mai la svolta necessaria ai rapporti col continente africano.
Archiviato il vertice di Villa Doria Pamphilj, il prossimo step del Piano Mattei è la nuova relazione annuale da trasmettere al Parlamento. L’articolo 5 del dl 161 del 15 novembre 2023 prevede che entro il 30 giugno il governo porti alle Camere l’aggiornamento sulla strategia italo-europea per il continente africano, dunque manca una settimana esatta alla deadline che già l’anno scorso non fu rispettata, posticipando l’appuntamento a ottobre. La bozza della seconda relazione è stata illustrata già alla quarta cabina di regia di Palazzo Chigi del 19 maggio scorso, alla quale hanno presenziato oltre a Meloni anche i membri di governo parte della cabina, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, l’Anci e un’ampia rappresentanza del Sistema Italia, degli enti e delle società dello Stato e delle imprese a partecipazione pubblica, del mondo dell’università e della ricerca, del terzo settore e della cooperazione e delle associazioni di categoria.
La strategia del Piano Mattei, tra l’altro, è sempre più europea più che italiana: nonostante, infatti, il governo Meloni non perda occasione per ribadire il valore patriottico del piano, venerdì la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha detto una volta per tutte che “il piano Mattei è un esempio perfetto di come possiamo dare forma insieme al Global Gateway [150 miliardi Ue per l’Africa, ndr]”, dunque uno dentro l’altro. Che sia un passaggio necessario al governo Meloni per avere più ascolto da Bruxelles in materia di migranti, come sta infatti avvenendo?
Un altro dato emerso dalla presentazione degli undici nuovi accordi siglati, quasi tutti a marchio Ue più che Italia, è la non risposta ai dubbi, scetticismi e punti da chiarire sollevati già nei mesi scorsi da diverse voci tanto dal mondo delle rinnovabili quanto dalle imprese, oltre che dalle opposizioni politiche. Ecco perché la prossima (la seconda) relazione annuale dovrà spiegare, per esempio, qualcosa in più sulla governance dei progetti e dell’intero, sin qui rimasta generica sui tempi di attuazione.
Molto si dovrà poi capire su quanto lamentato in precedenza dall’Ance sul numero di imprese italiane di costruzioni coinvolte. Così come sull’attrazione di nuovi (e non riciclati, già esistenti) investimenti soprattutto dal mondo privato. “Il successo più grande è riuscire a portare il capitale privato europeo in Africa”, ha sentenziato von der Leyen. E, sempre a proposito di risorse economiche e finanziarie, già venerdì è stato affrontato il nodo del debito africano. L’orizzonte posto da Meloni è il 2035, per “convertire l’intero ammontare del debito per le nazioni meno sviluppate (secondo i criteri della Banca Mondiale), abbattere del 50% quello delle nazioni a reddito medio basso”. Secondo quanto dichiarato dalla premier, “l’intera operazione, nei dieci anni, ci consentirà di convertire in progetti di sviluppo, da attuare in loco, circa 235 milioni di euro di debito”.
Quanto ai settori dei progetti, secondo il think tank Ecco – che mercoledì organizzerà un dibattito in proposito – un Piano Mattei davvero innovativo, in grado di innescare un cambiamento nell’approccio al partenariato con l’Africa, deve basarsi saldamente sulla transizione climatica come motore primario di sviluppo, pace e sicurezza . A tal fine, sostiene il centro studi, sono necessari rinnovati sforzi per ripensare la diplomazia economica e industriale dell’Italia in settori strategici ad alto potenziale di crescita, come le tecnologie pulite, le energie rinnovabili e le materie prime critiche. Da capire se questi settori verranno coinvolti nei nuovi progetti a cui si allargherà il piano come da bozza della seconda relazione: infatti, il Piano Mattei si estenderà a 5 nuovi Paesi – Angola, Ghana, Senegal, Mauritania e Tanzania – e prevedrà anche l’avvio della piena operatività dei nuovi strumenti finanziari istituiti a sostegno del Piano. Ma come sottolinea l’Ispi (Istituto di studi di politica internazionale, ndr) in un’analisi sul Piano Mattei, “i suoi contorni mutevoli vista la sua natura più volte definita come incrementale”, “rende difficile valutarne a questo stadio l’intera portata”.
A luglio, intanto, Meloni ha annunciato che sarà in Etiopia “e tornerò ancora nel prossimo semestre del 2026, per la seconda edizione del Vertice Italia-Africa”. Mentre il tandem italo-europeo sul Piano Mattei si aggiornerà al prossimo Forum Global Gateway che si terrà il 9-10 ottobre a Bruxelles.