Il bollettino economico
Bce: con i dazi si sono ALLINEATE volatilità e incertezza
La Bce ha anticipato uno studio del Bollettino economico che rileva come dopo l’annuncio del 2 aprile da parte dell’amministrazione statunitense di nuovi dazi, la volatilità dei mercati finanziari è aumentata bruscamente, tornando ad allinearsi con i livelli elevati di incertezza di politica economica, espressi dall’indice Epu. Fino a marzo, i mercati avevano, invece, mantenuto una relativa nonostante questo indice fosse cresciuto sia in Europa che negli Usa. Per quanto riguarda l’Italia, dall’esame del Comitato per le politiche macroprudenzali, la trasmissione ai mercati italiani delle turbolenze innescate ad aprile dall’annuncio di maggiori dazi sulle importazioni è stata finora limitata, ma, avverte la Bankitalia, l’incertezza sulle politiche a livello globale rimane elevata.
Dopo l’annuncio del 2 aprile da parte dell’amministrazione statunitense di nuovi dazi, la volatilità dei mercati finanziari è aumentata bruscamente, tornando ad allinearsi con i livelli elevati di incertezza di politica economica (misurata dall’indice Epu, Economic Policy Uncertainty) registrati a partire dall’autunno 2024. Fino a marzo 2025, invece, i mercati avevano mantenuto una relativa calma grazie alla solidità delle Borse, nonostante l’Epu fosse in crescita su entrambe le sponde dell’Atlantico, sospinto da rischi geopolitici e incertezza sulle politiche commerciali. A rilevarlo è uno studio pubblicato dalla Bce, che anticipa il Bolettino economico. Secondo lo studio, quando il mercato azionario è in forte crescita, la volatilità dei mercati finanziari tende a non essere correlata all’incertezza politica (EPU). Al contrario, questa correlazione è più forte quando il momentum del mercato azionario è debole. Questi risultati sono stati confermati in diversi scenari e si mantengono stabili anche con diverse analisi. Il trend osservato è coerente con il crescente disallineamento tra volatilità finanziaria e incertezza politica che si è registrato nei sei mesi precedenti a febbraio 2025, quando il mercato azionario ha mostrato un andamento particolarmente positivo. Lo stesso modello spiega anche la riduzione del divario tra la volatilità dei mercati finanziari e l’indice EPU dopo l’annuncio delle tariffe da parte degli Stati Uniti, il 2 aprile. In quel frangente, l’impennata della volatilità è stata legata a un forte aumento dell’incertezza politica, alimentata da un’ampia vendita di azioni. Un’interpretazione possibile, spiega lo studio della Bce, di questi risultati è che, in periodi di debole performance dei mercati azionari, l’incertezza politica venga percepita come un rischio maggiore, con impatti più rilevanti per l’economia.
Sulla situazione italiana, si è focalizzata, venerdì scorso, la riunione del Comitato per le politiche macroprudenziali, presieduta dal Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta. Il Comitato ha esaminato le condizioni del sistema finanziario italiano, valutandole nel complesso stabili, anche se in un contesto globale caratterizzato da rischi rilevanti. Il quadro macroeconomico nazionale continua a beneficiare del buon andamento dell’occupazione, della bassa inflazione e della posizione creditoria netta verso l’estero; sono fattori che di recente hanno favorito un miglioramento della valutazione del merito di credito dello Stato
italiano da parte di un’agenzia di rating internazionale e la revisione al rialzo dell’outlook da parte di un’altra agenzia. La trasmissione ai mercati italiani delle turbolenze innescate ad aprile dall’annuncio da parte degli Stati Uniti di maggiori dazi sulle importazioni è stata finora limitata, ma, avverte la Bankitalia, l’incertezza sulle politiche a livello globale rimane elevata. La diffusione a livello internazionale delle criptoattività e la loro crescente interconnessione con il settore finanziario e l’economia reale possono costituire una ulteriore fonte di rischio. Eventuali nuove tensioni potrebbero risultare amplificate in Italia dall’elevato debito pubblico. “Il Comitato segue con attenzione gli sviluppi sull’economia reale e sui mercati finanziari e delle materie prime determinati dalle tensioni geopolitiche globali e, in particolare, dal recente riacuirsi dei conflitti armati in Medio Oriente”.
In un’intervista all’agenzia Reuters, ieri, il vicepresidente della Bce, Luis de Guindos, ha messo in evidenza come i dazi riducono sia la crescita che l’inflazione. “Un dazio è un’imposta sui beni importati. Quindi il primo impatto è inflazionistico. Ma i dazi allo stesso tempo deprimono la domanda, il che può più che compensare l’impatto inflazionistico iniziale. Quindi, nel medio termine, i dazi riducono sia la crescita che l’inflazione. Ma c’è un altro fattore più difficile da calibrare. Una guerra commerciale a tutti gli effetti potrebbe dare origine a frammentazione dell’economia globale e distorsioni nella catena di approvvigionamento globale. E questo avrebbe effetti inflazionistici a lungo termine”. “Quindi, con tutte queste sfumature, nei prossimi due anni i dazi ridurranno sia la crescita che l’inflazione. Ma, guardando più avanti, bisogna considerare il potenziale impatto che la frammentazione potrebbe avere. Questo va oltre il nostro orizzonte di proiezione, ma è un aspetto che dovremo tenere in considerazione in futuro”, ha aggiunto il vicepresidente della Bce. Intanto, alla luce del conflitto Israele-Iran, il presidente della tedesca Bundesbank, Joachim Nagel, ha messo in guardia dai rischi di uno shock petrolifero legato al conflitto tra Israele e Iran, invitando a non allentare la politica monetaria nell’Eurozona, nonostante l’inflazione sia tornata al 2 per cento. Le conseguenze degli attacchi tra i due Paesi, che si sono intensificati nel fine settimana, “rimangono incerte”, mentre un conflitto prolungato “potrebbe provocare un forte aumento del prezzo del petrolio” e “stravolgere le nostre previsioni” di inflazione e crescita, ha dichiarato Nagel in un discorso pronunciato a Francoforte.