LE INTERVISTE DEL LUNEDì
Ciucci (Stretto di Messina) verso il Cipess: “Le tariffe del PONTE saranno scontate rispetto ai traghetti, le opere anticipate potranno arrivare al miliardo, dal progetto esecutivo non prevedo costi aggiuntivi”
Dai contenuti del prossimo Cipess al piano economico finanziario, dalla tariffa scontata rispetto ai traghetti ai tempi necessari per il progetto esecutivo, dalla valutazione di impatto ambientale alle norme stralciate dal decreto legge Infrastrutture alle rassicurazioni sui costi, Pietro Ciucci, amministratore delegato della Stretto di Messina, la società concessionaria del Ponte sullo Stretto, risponde a tutte le domande in vista della riunione del Cipess. Nella conversazione avuta nella sua stanza, dietro la stazione Termini, Ciucci non declina neanche un confronto con la precedente stagione del Ponte, quella di Berlusconi e Lunardi, e qualche considerazione sull’Iri che ha guidato nella parte finale della sua storia.

Dottor Ciucci, quando si terrà il Cipess per approvare il Ponte sullo Stretto? Quali documenti porterete?
Il Cipess si dovrebbe tenere entro il 30 giugno, ma se fosse il 10 luglio non sarebbe certo un problema. Andiamo con una documentazione ricca, più di quella che sia mai stata prodotta per qualsiasi altro progetto infrastrutturale. Portiamo il progetto tecnico aggiornato con la Relazione del Progettista che abbiamo approvato un anno fa. Poi, i risultati della conferenza di servizi e le conclusioni della valutazione di impatto ambientale, con il secondo parere, quello di incidenza ambientale (VINCA), pubblicato la scorsa settimana. Un risultato storico perché è la prima volta che questo progetto ha luce verde sia su VIA che su VINCA. Come è normale abbiamo ricevuto prescrizioni che recepiremo nel progetto esecutivo. Poi abbiamo il Piano finanziario, che conterrà anche la lista delle “opere anticipate”, la stima del costo fissata a 13,5 miliardi e l’attestazione del ministero delle Infrastrutture che questa cifra è completamente coperta dal bilancio dello Stato nel periodo fino al 2032, anno previsto per il completamento dei lavori.
Soffermiamoci sul programma delle opere anticipate: cosa prevede e per quale importo complessivo?
Come previsto dal Dl 35/2023, il programma delle opere anticipate va avviato dopo l’approvazione del progetto definitivo da parte del Cipess. Comprende le operazioni propedeutiche alla cantierizzazione, con particolare attenzione alla viabilità, la risoluzione delle interferenze, la bonifica degli ordigni bellici, le indagini archeologiche, geognostiche e geotecniche, la predisposizione dei campi base. Tutte operazioni che è fondamentale fare al meglio per poi procedere rapidamente quando si cominceranno i lavori più importanti. Il valore del programma delle opere anticipate è di circa 200 milioni di euro. Oltre a queste opere, in questa fase saranno avviate anche le opere ambientali. Ricordo inoltre che sono previste e opere compensative richieste dai comuni per le quali la legge stabilisce una quota del 2% dell’importo totale, quindi circa 270 milioni. Parliamo di opere come i miglioramenti della rete idrica, della rete fognaria, dell’illuminazione.
Ci saranno anche i campi di calcio, come ai tempi della TAV?
No, niente campi di calcio. Poi, per completare il quadro delle opere sono previste le “opere connesse” per le quali l’ultima legge di bilancio ha stanziato 500 milioni. Se guardiamo al complesso di queste diverse categorie di opere che possono partire da subito, potremmo arrivare a un importo di un miliardo circa.
Quali sono le opere di compensazione ambientale?
A queste daremo una priorità assoluta e partiranno prima degli altri cantieri. Andremo a creare nuovi habitat compensativi di quello che potrà essere il futuro impatto dei cantieri. Anche questo è un piano dettagliato già approvato. Ci sarà, per fare un esempio, la creazione di nuovi habitat come aree umide dove far atterrare gli uccelli.
Torniamo al piano finanziario, messo a punto a distanza di 23 anni dal precedente, che fu concepito nel 2002 e poi approvato nel 2010. Ci sono belle differenze da allora.
Quello era il piano finanziario del Ponte che si pagava da solo, come titolò lei in quella anticipazione sul Sole 24 Ore. Era un simil project financing o, come dicemmo allora, un project financing su misura. Nella prima versione non c’era neanche un euro di contributo pubblico a fondo perduto, c’era solo il capitale proprio della società che avrebbe dovuto coprire il 40% dell’investimento. Era un piano complicato da negoziare con i finanziatori privati. Oggi parliamo di un piano finanziario molto più semplice perché è stato deciso che tutto il fabbisogno necessario per la valorizzazione del progetto, attualmente 13,5 miliardi, sia interamente coperto da finanziamenti pubblici a fondo perduto, se si fa eccezione per la quota di capitale sociale di 370 milioni detenuta dal Mef, pari al 55,16% del totale.
Oltre al Mef qual è oggi la composizione azionaria della Stretto di Messina?
Anas al 36,70%, RFI al 5,83%, Regione Siciliana e Regione Calabria ciascuna all’1,16%.
A proposito del finanziamento delle due Regioni, avete appianato il dissenso che era esploso quando la legge di bilancio stabilì che dovevano versare 1,6 miliardi? E come è stato ripartito quel finanziamento?
A me dissensi non risultano, c’è sempre stata una piena adesione delle due Regioni al progetto e anche alla loro partecipazione finanziaria che sarà divisa in 300 milioni per la Regione Calabria e un miliardo e 300 milioni per la Regione Siciliana.
Torniamo al vecchio piano finanziario, che si reggeva su un equilibrio dato dalla tariffa. Oggi i ricavi derivanti dal traffico e dalle tariffe cosa coprono?
Non copriranno gli ammortamenti dell’investimento, come allora, ma soltanto i costi operativi di manutenzione ordinaria e straordinaria. L’altra novità è che ora siamo una società in house e non abbiamo l’obiettivo di fare utili. I ricavi saranno quindi proporzionati ai costi di gestione e presenteremo un piano al Ministero delle Infrastrutture per definire una politica tariffaria più favorevole rispetto all’attuale costo dell’attraversamento dello Stretto. Il Ministro Salvini avrà quindi la possibilità di applicare uno sconto che, sulla base del Piano economico finanziario, avrà l’approvazione del Cipess. Nel vecchio Piano finanziario la tariffa del traghettamento era il parametro cui attenersi ed era pari al 100%.
Lo deciderà già con questa approvazione del piano finanziario?
La piena articolazione della tariffa sarà definita puntualmente a ridosso dell’apertura al traffico. Ma certamente dal PEF risulteranno i ricavi complessivi necessari per l’equilibrio del Piano stesso e penso che senz’altro sarà definita una tariffazione più favorevole per gli utenti frequent users, ma ovviamente la decisione spetta al Ministro.
Ha fatto un confronto oggettivo fra il piano di allora, più complesso e più sfidante, e quello di oggi, più facile. Sul piano personale che differenza avverte fra allora e oggi?
Il progetto è sfidante per definizione. Lo era allora, lo è anche oggi, molto. Sul piano personale posso dire che ho accettato con molte resistenze l’incarico che mi ha offerto il ministro Salvini, che non conoscevo e che ha fatto moltissime pressioni perché accettassi. Lui ha fatto molta pressione, io molta resistenza. Avevo abbandonato tutti gli incarichi operativi nel 2015 e ricominciare dopo otto anni non è stato facile. Mi pare comunque che dal 6 giugno 2023 all’approvazione del Cipess avremo ottenuto, in poco più di due anni, un grande risultato. Qualcuno polemizza dicendo che siamo in ritardo rispetto al termine che ci eravamo dati del 31 dicembre 2024. Ma chi ci avrebbe scommesso due anni fa? Pochissimi. Abbiamo ripreso un progetto abbandonato e lo portiamo al Cipess rivitalizzato con tutte le cose che abbiamo detto, aprendo una fase operativa, realizzativa e costruttiva del tutto nuova. Altro che ritardo, siamo in larghissimo anticipo sui tempi che avrebbe richiesto un qualunque progetto infrastrutturale comparabile a questo per dimensioni e difficoltà.
Lei è l’uomo del Ponte?
Credo di aver fatto tante cose nella mia vita professionale: anche se molti dimenticano, io me le ricordo bene. Quando iniziammo il discorso del Ponte, l’azionista era Fintecna che destinò a questo progetto parte delle risorse ricevute dalla liquidazione dell’IRI. Anche da quelle privatizzazioni uscimmo a testa alta, con risultati economici di gran lunga migliori di quanto ci accreditassero in partenza.
E dire che in tanti oggi rivorrebbero l’Iri.
Questo fa parte un po’ delle mode che in Italia contano sempre molto. Come era stato immaginato negli anni 60-70, l’Iri non poteva essere più mantenuto, ma si poteva intelligentemente cambiare perché proseguisse nella continuità. Non voglio fare il Gattopardo. L’Iri aveva problemi interni enormi e ormai irrisolvibili: il deficit da coprire, il divieto europeo alle partecipazioni delle banche nell’industria. Tuttavia, l’esperienza dell’IRI si è chiusa in positivo: se andiamo a fare i conti tra quello che il Paese ha dato e quello che ha ricevuto, penso che alla fine l’IRI sia stato un ottimo investimento per il Paese. Senza considerare che i più grandi gruppi ancora operanti vengono da lì.
Qual è la vera molla che l’ha spinta a tornare sul progetto del Ponte?
Certamente la determinazione di Salvini, che non mi aspettavo in quei termini. E poi forse un debito morale verso quelli che avevano lavorato con me nella prima esperienza.
Si riferisce a Berlusconi e Lunardi?
Parlavo, in realtà, della società Stretto di Messina che era stata ridimensionata a poche unità e ora è tornata a un centinaio di dipendenti di altissima professionalità. Ma certamente il riferimento va anche al ministro Lunardi, che nel 2002 mi chiamò per affidarmi l’incarico per la prima volta, e al presidente Berlusconi. Il Presidente mi chiamò al telefono la sera in cui fui nominato, il 6 giugno 2023, si complimentò, parlammo venti minuti. “Dottore, se ce lo avessero fatto fare allora, adesso sarebbe già in funzione”.
Torniamo al progetto attuale. Una cosa che ha destato fortissime perplessità, è l’approvazione da parte del Cdm delle IROPI (Imperative Reasons of Overriding Pubblic Interest). Il Cdm ha sostenuto che le ragioni che giustificavano l’interesse pubblico dell’investimento erano ambiente e salute pubblica. Non mi dica che si fa il Ponte per salvaguardare l’ambiente e la salute.
Devo spiegare bene di cosa parliamo. L’IROPI è un’attestazione che deve fare lo Stato quando attiva la procedura prevista dalla direttiva Habitat (92/43). Nell’ambito del procedimento di Valutazione di incidenza ambientale è emerso che per tre siti della rete Natura 2002 (Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare e Area Marina Stretto; costa Viola; Fondali da Punta Pezzo a Capo dell’Armi), non è stato possibile escludere che il progetto abbia incidenze negative residue nonostante le mitigazioni ambientali previste: per questo è stata attivata la procedura della direttiva Habitat che subordina l’approvazione del progetto all’attestazione degli IROPI e alla realizzazione di adeguate misure compensative (Piano di dettaglio) per garantire la coerenza ecologica della rete Natura 2000. Il Cdm ha quindi attestato il 9 aprile scorso i motivi imperativi e di rilevante interesse pubblico per la realizzazione del Ponte, legati alla sicurezza della popolazione e allo sviluppo economico. La relazione è stata predisposta con i contributi di sei ministeri: Infrastrutture e Trasporti, Ambiente, Interno, Difesa, Salute, Protezione Civile. La decisione presa impone che l’opera sia realizzata senza eludere la responsabilità ambientale. Nel parere del 21 maggio della commissione Via è stato inserito un piano di dettaglio delle opere compensative, che sarà inviato alla commissione Ue insieme alla Relazione IROPI.
Che accadrà in concreto con l’approvazione del Cipess?
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della delibera del Cipess, che dovrebbe avvenire entro settembre, dopo la registrazione della Corte dei conti, entriamo nella fase realizzativa.
Questo significa, anzitutto, avvio della progettazione esecutiva. Che tempi richiederà?
La progettazione esecutiva partirà tutta insieme, ma si completerà per tranche, a seconda dei tempi necessari per le singole categorie di opere. Abbiamo richiesto noi questa possibilità, in linea con le best practice internazionali, proprio per rispondere alla complessità del progetto. La prima tranche, che riguarderà le opere più tradizionali, come la progettazione di una parte dei complessivi 40 chilometri di strade e ferrovie, dovrebbe essere completata in cinque mesi, consentendoci di avviare poi quei cantieri. L’ultima tranche, che riguarderà il progetto del ponte, in blocco, con le torri e l’impalcato, prevediamo che prenda dieci mesi circa. In questa attività è compreso l’aggiornamento delle prove nella galleria del vento e altre prove che servono per definire dettagli e affinamenti e non riguardano l’accertata fattibilità dell’opera.
L’approvazione del progetto esecutiva spetterà solo a voi, cda di Stretto di Messina, senza ulteriori passaggi politici o amministrativi pubblici. Giusto?
È così, con l’eccezione della verifica di ottemperanza delle prescrizioni della VIA e della VINCA che richiedono un nuovo parere del MASE.
Da settembre partirete anche con gli espropri?
Il Cipess approverà anche la dichiarazione di pubblica utilità che ci consentirà di avviare gli espropri. Partiremo con gradualità, secondo il piano che abbiamo largamente pubblicizzato nei mesi scorsi, ricevendo gli interessati in due uffici aperti ad hoc sul territorio. Questo ci ha consentito di ottimizzare e ripubblicare il piano. Inoltre, per la prima volta abbiamo creato un cassetto virtuale che consentirà di svolgere le comunicazioni in via digitale.
Veniamo al tema forse più delicato, quello dei costi dell’opera, fissato oggi a 13,5 miliardi. Qui serve chiarezza, in particolare sul rischio che questo costo cresca ulteriormente in futuro per varie possibili cause: la revisione prezzi, l’approvazione del progetto esecutivo, eventuali varianti. Ma le norme europee non prevedono che, qualora si superi il 50% di aumento rispetto al prezzo fissato dalla gara, che era di 8,5 miliardi, la gara andrebbe rifatta?
Proviamo a fare chiarezza. Il costo previsto è di 13,5 miliardi e, come abbiamo detto, è già finanziato. La revisione prezzi, come dispone la legge, deve stare dentro questo tetto. La gran parte dell’aumento del prezzo da 8,5 miliardi a 13,5 viene, oltre che dall’aggiornamento del progetto, proprio dal fortissimo aumento dei prezzi dei materiali che si è registrato dal 2010 a oggi e in particolare nel biennio 2021-2023. L’indice di riequilibrio dei costi previsto dal DL 35 è stato calcolato proprio confrontando i listini 2023 con quelli 2021. Quindi questo adeguamento è già dentro il costo attuale. Quanto alla norma europea che lei cita, si riferisce all’approvazione di singole varianti che non possono superare quel limite. Mi chiede anche se prevediamo aggiornamenti di prezzi nel passaggio dal progetto definitivo all’esecutivo. Le rispondo che stimiamo che non ce ne saranno in misura significativa perché moltissimo lavoro di adeguamento è stato fatto già con l’aggiornamento del progetto definitivo tramite la relazione del Progettista approvata nel 2024.
Perché volevate essere stazione appaltante qualificata per legge? Norma che non è poi entrata nel decreto infrastrutture all’esame del Parlamento.
L’attuale società Stretto di Messina è una start up ripartita il 6 giugno 2023, nonostante abbiamo lo stesso brand della vecchia società. Abbiamo ricostituito una struttura legale e tecnica con professionisti di grande qualità, adeguata a svolgere tutte le attività di stazione appaltante. Non abbiamo però il track record dei lavori svolti necessario per essere qualificati stazione appaltante. Sarebbe stato più efficace gestire tutto direttamente, ma se non è stato possibile, pazienza. Ci affideremo al nostro azionista Anas o a Consip. Segnalo piuttosto che abbiamo deciso di riprenderci la direzione lavori che l’iniziale contratto affidava al general contractor, sul modello della legge obiettivo. Questo rafforza i controlli sull’esecuzione. Una parte di questa direzione lavori la svolgeremo in proprio, con le nostre strutture, una parte la appalteremo.
A proposito di norme non entrate nel decreto infrastrutture c’è anche quella della polizza decennale postuma per cui avevate provato a far passare una riduzione del limite minimo di indennizzo.
La legge prevede come limite minimo il 20% del contratto, che per noi significa due miliardi. Ci dicono i nostri broker assicurativi, gruppi internazionali di primissimo piano, che a suo tempo furono selezionati con gara, che due miliardi di copertura sono difficili, se non impossibili, da trovare sul mercato. Abbiamo pensato a qualcosa di più graduato, ma al momento il cambiamento non è previsto.
Ultima norma proposta e non entrata nel decreto legge Infrastrutture, quella che ha suscitato la reazione del Quirinale, è lo spostamento dei controlli antimafia dagli uffici periferici, le Prefetture, al Viminale.
Sul tema posso soltanto dire che per la Stretto di Messina la difesa da qualunque infiltrazione criminale è una precondizione essenziale per svolgere il lavoro nella piena legalità, indispensabile per realizzare l’opera nel rispetto dei tempi, dei costi e della qualità.