ESULTANO LE ASSOCIAZIONI
Rinnovabili, il Tar Lazio: Dm aree idonee da RIFARE, rinvio agrivoltaico
Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin: mi riservo la possibilità di “valutare quelle che saranno le azioni da percorrere, di adeguamento e di valutazione da parte del governo”. Per Simone Togni, presidente di Anev – associazione delle imprese eoliche – “il successo del ricorso da un lato mi dà fiducia nel proseguire a difendere gli interessi del settore e delle aziende delle Fer, ma dall’altro mi rattrista per la considerazione che abbiamo perso due anni”. Soddisfatta anche Legambiente, Stefano Ciafani: “La sentenza è una grande vittoria per la lotta alla crisi climatica, l’indipendenza energetica del Paese e l’abbassamento delle bollette”.
“Clamoroso al Cibali”, si direbbe in gergo radiofonico-calcistico. Proprio un giorno dopo il diattito ospitato alla Camera dal governo per fare il punto con Italia Solare, ieri è arrivata la tanto attesa (dal 5 febbraio) sentenza del Tar Lazio sui ricorsi delle imprese del settore delle rinnovabili. L’esito va a favore proprio delle loro richieste, stabilendo, infatti, che “è legittimo il decreto del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica con il quale il 21 giugno dello scorso anno è stata definita la Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili, ma occorrerà rieditare alcuni dei criteri previsti”. Per il tribunale amministrativo, sono da accogliere parzialmente le richieste avanzate dall’Associazione nazionale energia del vento (Anev), dichiarando inammissibili i motivi d’impugnativa proposti da una serie di operatori attivi nel settore delle fonti energetiche rinnovabili da fonte eolica. Per i giudici risulta “legittimo, razionale e confacente alle scelte di politica energetica nazionale che il legislatore, per far fronte al mutato scenario ordinamentale, provveda a rivisitare la disciplina inerente alla individuazione delle aree non idonee alla realizzazione degli impianti Fer, rientrando nelle scelte di politica legislativa e gravando, in primis, sullo Stato la responsabilità dell’adempimento degli obblighi sovranazionali” e che “l’installazione di impianti Fer sul territorio nazionale è giuridicamente doverosa fino al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030”; il raggiungimento di questo obiettivo, tuttavia, “deve coniugarsi con le esigenze di protezione del paesaggio, del patrimonio culturale, del territorio e dell’ambiente e lo stesso vale, a fortiori, per l’installazione di impianti Fer una volta raggiunta la quota minima correlata agli obiettivi di matrice eurounionale”. Al contrario, il Tar ha ritenuto meritevole di accoglimento, tra gli altri, il profilo di censura inerente alla facoltà, per le Regioni, di prevedere fasce di rispetto dei beni sottoposti a tutela fino a 7 chilometri dal relativo perimetro; “il fatto che il contestato vincolo quantitativo non costituisca una misura fissa non vale a rendere legittima la scelta operata dalle amministrazioni resistenti”; ma anche il motivo di ricorso con il quale si contestava l’assenza “di una normativa transitoria di salvaguardia dei procedimenti di autorizzazione degli impianti Fer in corso di svolgimento”. La conclusione è l’accoglimento di alcuni dei motivi di ricorso, con obbligo per il Ministero “di rieditare i criteri per la individuazione delle aree idonee e non idonee alla installazione di impianti a fonti rinnovabili”, dando termine 60 giorni.
Per il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, “la sentenza sostanzialmente annulla, parzialmente, il decreto, che avevamo fatto di concerto con gli altri ministeri, dicendo che le aree non idonee non esistono, le aree che sono previste per legge non possono essere limitate e ridotte”. Portando ad esempio, “le aree di cava, le aree industriali” che “comunque devono essere aree idonee per la destinazione alla produzione di energia”, Pichetto Fratin ha aggiunto che “naturalmente con la riserva di approfondirlo, leggerlo, nella giornata di oggi ” il provvedimento e “valutare quelle che saranno le azioni da percorrere, di adeguamento e di valutazione da parte del governo”.
Insomma, tutto (o quasi) da rifare. In una fase in cui comunque tante, troppe, Regioni erano ancora molto indietro nella definizione di un iter legislativo a riguardo. Molte, sicuramente, in attesa proprio della pronuncia del Tar Lazio. Per Simone Togni, presidente di Anev sentito da Diario Diac, “il successo del ricorso al Tar proposto dall’Anev avverso le illegittimità da noi rinvenute nel Dm Aree Idonee, da un lato mi dà fiducia nel proseguire a difendere gli interessi del settore e delle aziende delle Fer, ma dall’altro mi rattrista per la considerazione che abbiamo perso due anni nei quali avremmo potuto realizzare molti impianti con grande beneficio per l’ambiente, il clima e le tasche degli italiani. Oggi abbiamo l’obbligo morale di imparare dal passato ed evitare altri interventi a gamba tesa sul settore che poi potrebbero a loro volta rivelarsi lesivi degli interessi legittimi degli operatori (che l’Anev ovviamente tutelerà) e dall’altro di recuperare questo ritardo con un piano straordinario di velocizzazione delle procedure amministrative che consentano di dare via libera ai moltissimi progetti pronti e in attesa delle Aste del Gse”.
Esulta anche Legambiente. Per il numero uno dell’associazione verde, Stefano Ciafani, “la sentenza è una grande vittoria per la lotta alla crisi climatica, l’indipendenza energetica del Paese e l’abbassamento delle bollette che gravano sui bilanci di famiglie e aziende”. Il Mase, ha aggiunto Ciafani, “proceda velocemente a riscrivere il decreto ministeriale e le Regioni si adeguino alla sentenza del Tar Lazio, garantendo uno sviluppo veloce e ordinato degli impianti a fonti rinnovabili e sotterrando per sempre quell’ascia di guerra contro le fonti pulite, in primis fotovoltaico ed eolico, che non abbiamo mai visto usare purtroppo contro i veri scempi che hanno devastato, in alcuni casi in modo permanente, il paesaggio del Belpaese”.
Ma c’è anche il capitolo Dl Agricoltura, quello che riguarda l’installazione dei pannelli solari sui terreni coltivabili (o meno). Come spiega Laura Gentili, Head of Department of Energy and Antitrust dello studio legale Ontier, la sentenza resa nel giudizio promosso da Erg Solar Holding sospende il giudizio “ed ha respinto tutti gli altri motivi di impugnazione, chiarendo che la classificazione di “non idoneità” non si traduce in un divieto assoluto, ma incide unicamente sulle procedure autorizzative accelerate. Per comprendere cosa ne sarà del divieto di fotovoltaico generalizzato in area agricola occorre attendere la risposta della Consulta”.
Quanto alla decisione sulle aree idonee, aggiunge, “per ora resta dunque in vigore la disciplina nazionale previgente (anche con riferimento alle aree idonee) e si torna all’approccio “caso per caso” previsto dalle linee guida del 2010, con istruttorie ambientali e paesaggistiche dettagliate per ogni progetto. Le Regioni che non hanno legiferato dovranno ancora attendere; quelle che hanno legiferato lo hanno fatto sulla base di criteri parzialmente illegittimi e pertanto saranno tenute a rivedere il contenuto delle norme sulla base dei nuovi criteri”.
Sempre ieri, intanto, era arrivato l’ok della giunta emiliano-romagnola alla delibera del progetto di legge sulle aree idonee della Regione. Integrando gli obiettivi ambientali e paesaggistici, prevedendo meccanismi di valutazione degli impatti cumulativi e promuovendo soluzioni integrate tra produzione energetica, agricoltura e biodiversità, come l’agrivoltaico sostenibile. E stabilendo una serie di criteri tecnici e ambientali per individuare le aree ritenute idonee: a partire dalle zone degradate, marginali o compromesse sotto il profilo ambientale, quelle già antropizzate, come ex cave, zone industriali dismesse, discariche o aree a margine di infrastrutture con l’esclusione di quelle agricole di pregio, zone protette, beni culturali e paesaggistici tutelati dalle pianificazioni. Il testo sarà poi messo a disposizione del confronto con tutti i portatori di interesse del settore e sarà illustrato anche in sede di Patto per il Lavoro e per il Clima. L’obiettivo regionale al 2030 è arrivare a 6,3 gigawatt di potenza rinnovabile aggiuntiva. Ma, secondo la Regione, il potenziale incremento di potenza installata sulle aree idonee così come identificate da questo atto, può raggiungere circa 10 GW, oltre quindi gli obiettivi assegnati.
L’ultima notizia arrivata dalla giornata di fuoco di ieri è, infine, quella dell’addio alla Commissione Pnrr-Pniec dell’attuale presidente Massimiliano Atelli. Che in una lettera a Quotidiano Energia ha spiegato che “èstata un’esperienza straordinaria. Si poteva fare di più? Non nelle condizioni date. Non occorrono rivoluzioni, bastano interventi chirurgici”. Tante vole Atelli aveva sottolineato la necessità di smaltire a monte le richieste di avviare le valutazioni ambientali. Un lavoro che, però, con la costante mancanza di personale è sempre difficile da portare avanti con successo. Un po’ come tutta la transizione energetica italiana a suon di decreti e ricorsi continui.