L'INTERVENTO A VENEZIA
De Kerckhove: “La trasformazione usa nuovi mezzi per vecchi obiettivi, ma noi dobbiamo cogliere a pieno la transizione. Il capitale cognitivo digitale e collettivo oltre la cultura alfabetica del Sé individuale”

Derrick de Kerckhove (a sinistra) a Venezia con Daniele Pitteri
IN SINTESI

Derrick de Kerckhove, sociologo, allievo di Marshall McLuhan e direttore dal 1983 al 2008 del Programma in Cultura e Tecnologia intestato al sociologo canadese dall’Università di Toronto, è stato protagonista alla pre-apertura della Biennale di Architettura di Venezia 2025 – all’interno dello spazio Construction Futures, organizzato dalla filiera delle costruzioni – di una conversazione con Daniele Pitteri sulle prospettive della collaborazione fra uomo e macchina, spaziando dalla scienza alla filosofia, dall’antropologia alla psicologia, dalla letteratura al cinema, per poi concentrarsi sui possibili sviluppi culturali delle applicazioni dell’Intelligenza Artificiale nel settore dell’edilizia.

De Kerckhove la prende da lontano. “Mi sono chiesto – esordisce – cosa c’entri la cultura digitale con l’edilizia. La prima risposta è di ordine generale: la cultura digitale sta cambiando la nostra cultura alfabetica, con la conseguenza di una modifica radicale del nostro modo di pensare, vivere, lavorare. Tre coordinate fondamentali della nostra vita, in particolare, sono coinvolte in questo cambiamento radicale: lo spazio, il tempo e il Sé”.
Cambiano lo spazio, il tempo, il Sé: l’intelligenza collettiva
Lo spazio. “Quello tradizionale era rappresentato attraverso i suoi limiti, quello virtuale è ovunque, completo, ricostruito, esteso, spesso sdoppiato”. Il tempo: qui il cambiamento è ancora più forte. “Assistiamo a un rovesciamento del tempo: siamo stati finora degli archivisti del passato, ma con l’intelligenza artificiale generativa siamo entrati in un futuro permanente”.
Ma il cambiamento più forte – avverte il sociologo – “riguarda il Sé perché il Sé è una creatura diretta dell’alfabeto”. Il Sé – dice de Kerckhove – “nasce dall’introduzione di conoscenza dentro la testa che viene restituita in forma di personalità. Ma ritorna anche in separazione e distacco dal mondo. Siamo, con il nostro Sé, distaccati dal mondo, spettatori esterni del mondo, commentatori. Se oggi abbiamo la catastrofe climatica è perché il nostro atteggiamento è di separazione, vediamo le cose da fuori. Ma ora l’intelligenza artificiale ci dà una grande opportunità di tornare nel mondo”.
Questa strada per de Kerckhove passa per alcuni tipi di intelligenza piuttosto che per altri. “Anzitutto è decisiva l’intelligenza collettiva, che nasce dalla capacità di connetterci, dalla collaborazione fra tutti noi, dalla capacità che abbiamo di scambiarci idee per realizzare qualcosa insieme. Questa intelligenza collettiva si è servita di tecnologie via via più sviluppate per la capacità di creare reti di connessione con le macchine: i sistemi di software, il metaverso, l’intelligenza artificiale fino ad arrivare a questo enorme mondo che abbiamo a disposizione e che si chiama LLM, Large Language Model”.
Quanto all’intelligenza artificiale, “di cui ormai tutti parlano senza sapere di cosa parlano”, de Kerckhove la legge nella sua evoluzione. “All’inizio – dice – era intelligenza del servitore, si limitava a servire, faceva solo funzionare le macchine. Poi è diventata intelligenza generativa, che alla lunga trasforma la nostra sensibilità, innestandosi sulla collaborazione fra corpo e mente. Abbiamo creato prima l’esoscheletro. Ora abbiamo anche l’esomente”. Che cos’è l’esomente? “Nella cultura alfabetica avevamo solo la nostra mente a disposizione, ora abbiamo tanti supporti che ci aiutano”.
Due differenti tipi di capitale cognitivo
Il risultato è che abbiamo due differenti tipi di “capitale cognitivi”.
“Chiamo capitale cognitivo – spiega de Kerckhove – tutte le cose che abbiamo nella mente e che abbiamo imparato dall’infanzia, con le scuole, con l’esperienza. Quando servono, abbiamo un piccolo cursore nella testa che va a cercare le cose che abbiamo scoperto. Questo capitale è perfettamente conosciuto e praticato. La novità è invece il nostro capitale cognitivo digitale, una quantità fenomenale di conoscenza che abbiamo accumulato negli ultimi 40 anni. Il primo capitale cognitivo è quello che possiede un uomo come tale, la sua memoria, la sua esperienza, i suoi incontri, i problemi che si è trovato di fronte, le risposte che ha dato. Il capitale cognitivo collettivo sono invece tutti i LLM che abbiamo a disposizione e possiamo impiantare e ognuno di questi può dare risposte che una sola persona non potrebbe mai arrivare a dare perché, avendo accesso a conoscenze immense, è capace di tirare somme totalmente inedite. Stiamo assistendo a una straordinaria accelerazione di questo capitale cognitivo collettivo digitale”.
Il robot tattile di Amazon cambia tutto
La novità più interessante di questa accelerazione è per de Kerckhove il robot tattile di Amazon, annunciato qualche giorno fa. “La tattilità – dice de Kerckhove – avvicina moltissimo il robot all’essere umano, alla persona, è un salto enorme anche rispetto all’intelligenza artificiale. La mia intelligenza è diversa da quella artificiale perché è prodotta in rapporto con il mio corpo. Ora il robot si avvicina a questo: può toccare e questo attiva uno scambio nelle due direzioni. Il robot può sentire attraverso il tatto e può trasmettere qualcosa toccandoti. È una situazione del tutto nuova, straordinaria, non siamo ancora pronti per questo, perché consente a noi di creare una relazione diversa da quelle passate e al robot di avere un sentimento di se stesso. Noi stiamo estendendo tutte le nostre capacità, fisiche e mentali, ma finora l’Ego lo avevamo esteso con un cervello digitale, questo era un progresso davvero modesto. Dare un Sé al robot è una grande sfida, una grande problematica, etica, legale, filosofica, psicologica. Vogliamo parlare al robot, ma non abbiamo più bisogno di simulare”.
De Kerckhove – sollecitato da Pitteri – chiede al segretario generale della Fillea Cgil, Antonio Di Franco, e alla presidente dell’Ance, Federica Brancaccio, che partecipano alla conversazione, perché per l’edilizia sia importante che il robot che in futuro lavorerà nei cantieri abbia fattezze umane. La risposta di Di Franco è che “l’operaio edile da sempre è abituato ad avere un rapporto con lo spazio circostante, con l’ambiente costruito, questa fisicità è centrale nell’edilizia”. La risposta di Brancaccio è che le capacità umanoidi del robot, la sua fattezza fisica, ma anche la sua capacità di parlare, possono “ridurre la distanza, la non familiarità che abbiamo con queste macchine”.
Superare l’atteggiamento difensivo
De Kerckhove riprende la parola e si dice felice di aver fatto la domanda sottolineando anzitutto “il senso di amicizia e la sensibilità verso il collaboratore” tipico del settore dell’edilizia, ma anche che “ridurre la non familiarità significa ridurre l’ansia e il sentimento dell’incertezza”. Poi, però, aggiunge: “Io ho una risposta molto più cattiva”, parlando di “atteggiamento difensivo verso l’innovazione”. E racconta che “con McLuhan abbiamo detto qualcosa di veramente fondamentale: ogni volta che la società inventa un nuovo ‘medio’ (de Kerckhove parla in italiano e usa questa parola a metà fra ‘medium’ e ‘mezzo’, ndr), quale che sia, lo applica per raggiungere obiettivi pensati nel passato. Abbiamo acquisito una straordinaria facilità di scrittura e ci mettiamo a fare romanzi, poesie, senza considerare che il vero artista è quello che inventa un uso totalmente nuovo del linguaggio per il sistema”. Come esempio di lavoro innovativo, de Kerckhove, cita il lavoro di Andrea Colamedici e Bianca Gancitano, che, tra le altre cose, hanno collaborato alla scrittura del libro “Ipnocrazia”. Spiega de Kerckhove: “È una creazione che, facendo uso della tecnologia, supera tutti i discorsi imbecilli secondo cui l’intelligenza artificiale rovina la mente e fa invece un’analisi pertinente, urgente, interessante sulla problematica contemporanea del governo e del potere, di come l’ipnocrazia sia l’abuso delle ripetizione nel sistema di persuasione che alla fine lascia senza capacità di rispondere”. Questo libro “è scritto con l’intelligenza artificiale e un po’ rivisto, ma non tanto, veramente”.
La citazione di Snow Crash
De Kerckhove arriva poi – ancora sollecitato da Pitteri – al rapporto fra innovazione nata nell’immaginario e innovazione nella realtà, seguendo il filo di film e romanzi (cita Snow Crash di Neal Stephenson come il miglior romanzo del genere, capace di prevedere oltre trenta anni fa, nel 1992, molti prodotti che stiamo usando oggi). “Dove siamo adesso? – si chiede de Kerckhove – Siamo in un momento in cui i ragazzi non leggono più e non abbiamo un sistema che ci difenda dal falso. Di questo passo rischiamo di perdere il contenuto che abbiamo accumulato negli ultimi 2000 anni”. Come difendersi? “Non certo lamentandosi, ma capendo e sperimentando. Dobbiamo capire che siamo in una transizione verso un accesso all’intelligenza globale. Ci sono due aspetti. Uno è l’accesso al capitale cognitivo già disponibile e abbiamo strumenti nuovi. Si scrive meno e si parla di più, preferiamo parlare alla macchina anziché scrivergli e meno male perché le domande vengono meglio con il parlato e inoltre questo consente a più persone di fare domande”.
Poi, c’è il secondo aspetto e qui ci avviciniamo all’essenza, al titolo del messaggio di de Kerckhove. “C’è anche un futuro che si sente arrivare: è un’approssimazione sempre più stretta fra la macchina e la persona, il suo modo di conoscere, la sua mente. Allo stesso modo del tempo di Platone, il grande rischio è perdere la memoria che aveva accumulato tutta la conoscenza della tribù? La risposta, allora e oggi, è no, I greci hanno dovuto perdere la memoria per cominciare a inventare, a innovare. Noi siamo nella stessa situazione”.
La tecnologia al servizio di una nuova attitudine verso il pianeta
Due grandi direzioni, quindi, per il futuro. “La prima cosa fondamentale è che ormai non abbiamo più la limitatezza del pensiero personale. Ci avviciniamo a un rapporto tra il pensiero personale e la conoscenza del capitale cognitivo collettivo. L’alfabeto ci ha reso ricchissimi individualmente. Ma ormai dovremo contare sulle macchine, anche per navigare in questo posto. Il navigatore ci fa solo perdere il senso dello spazio, ci fa perdere autonomia di giudizio. Sembra grave, ma è solo apparenza, non è vero. Stiamo esternalizzando il contenuto della nostra mente classica, della nostra mente alfabetica e stiamo entrando in un sistema di interazione con il mondo in vari modi”.
Ma la questione essenziale, quella che ci dà una via di sbocco, è la seconda. “La cultura digitale non è semplicemente una trasformazione, come il mondo del business ama dire. È piuttosto una transizione verso la prima rivoluzione cognitiva che possiamo vivere dopo quella dell’alfabeto. Usare i nuovi mezzi per perseguire i vecchi obiettivi non ha senso. Dobbiamo capire dove ci sta portando questa transizione, dove dobbiamo andare. Se l’approccio tradizionale era quantico, la cosa più importante oggi è cambiare l’attitudine verso il pianeta. Prima di pensare che siamo gli unici abitanti e comandanti del pianeta, dobbiamo avere la sensibilità che siamo connessi intimamente con il pianeta. Connessi. La futura morale, la futura etica è un’etica di responsabilità non più verso di me, il senso di colpevolezza, o verso l’altro, il senso di vergogna. No, adesso a dominare è l’ansia, l’ansia di vedere il mondo crollare e la responsabilità è di cambiare questo. Per cambiare devi avere un programma di base, serve un cambiamento all’interno e dall’interno, solo la sensibilità, il pensiero, il rapporto di collaborazione sono capaci di farlo perché il resto, il mondo classico è sempre basato su un rapporto di forza”.