L'AUDIZIONE IN PARLAMENTO

Dal Verme: “Riaprire il federalismo demaniale per immobili destinati a residenze, sviluppo locale sociale ed economico”

Nella proposta della direttrice del Demanio la riapertura dei termini per il trasferimento di beni agli enti locali dovrebbe riguardare in particolare gli immobili in disuso o largamente sottoutilizzati. “Soddisfare obiettivi governativi quali l’edilizia abitativa (sociale e residenziale): residenze per anziani, residenze universitarie, co-housing per i disabili e tutti i temi di residenzialità connessi alla nuova dimensione dell’abitare”. Il bilancio del federalismo demaniale e del federalismo culturale.

16 Apr 2025 di Giorgio Santilli

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Dal Verme: “Riaprire il federalismo demaniale per immobili destinati a residenze, sviluppo locale sociale ed economico”

Alessandra dal Verme, direttore dell'Agenzia del Demanio

Alessandra dal Verme, direttrice del Demanio

Il patrimonio immobiliare dello Stato può dare un proprio contributo alla nuova politica della casa e alla ricerca di soluzioni che soddisfino “obiettivi governativi quali l’edilizia abitativa (sociale e residenziale): residenze per anziani, residenze universitarie, co-housing per i disabili e tutti i temi di residenzialità connessi alla nuova dimensione dell’abitare”. Non solo: “l’immobile pubblico può fungere anche da fattore di sviluppo sociale ed economico diventando un polo di attrattività per la città”. Per favorire questo contributo un’occasione potrebbe essere data dalla riapertura del federalismo demaniale. A lanciare questa idea è stata ieri la direttrice dell’Agenzia del Demanio, Alessandra dal Verme, intervenuta in audizione alla commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo.

La proposta di riapertura dei termini

“La prospettiva di sviluppo del federalismo demaniale – ha detto dal Verme – potrebbe essere la riapertura dei termini di cui all’articolo 56-bis del Dl 69/2013 per il trasferimento agli enti territoriali di immobili dello Stato in disuso o non adeguatamente utilizzati”. Una riapertura che potrebbe dare risposte alle mutate condizioni demografiche, economiche e sociali, fra cui l’invecchiamento della popolazione e la sovrappopolazione delle aree metropolitane.

I 780 beni non trasferiti per mancato completamento della procedura

D’altra parte, una quota dei beni richiesti dagli enti locali nella fase attuativa del federalismo demaniale non era arrivata al traguardo, non avendo completato la procedura di trasferimento avviata: su un totale di 11.777 istanze complessivamente pervenute circa il 60% (7.028) sono state accolte dal Demanio con parere favorevole al trasferimento. Rispetto a queste 7.028 istanze, 6.047 si sono concluse con trasferimenti per un valore complessivo di 1,6 miliardi, 201 sono in fase di due diligence da parte degli enti territoriali, per le restanti 780 i procedimenti si sono invece conclusi senza trasferimento “per mancata emanazione delle delibere consiliari entro i termini previsti o per intervenuta rinuncia all’acquisizione da parte degli enti territoriali interessati”.

Dal Verme ha spiegato che la ragione di questi mancati trasferimenti risiede in alcune “criticità, ascrivibili principalmente alla disposizione normativa che prevede una riduzione sine die – pari alle minori entrate erariali conseguenti al trasferimento – delle risorse a qualsiasi titolo spettanti alle Regioni e agli enti locali che acquisiscono in proprietà gli immobili produttivi di reddito”. Gli enti si sono trovati così a sostenere, a decorrere dalla data di trasferimento, un onere senza certezza della corrispondente redditività, “soprattutto ove l’immobile trasferito fosse poi utilizzato per scopi non redditizi, ad esempio di tipo sociale, in coerenza con la finalità della normativa”. Inoltre l’ente locale si trova a dover sostenere costi di manutenzione di cui lo Stato, viceversa, si libera. La direttrice del Demanio invita il legislatore a valutare se non sia il caso di modificare queste condizioni che hanno ostacolato i trasferimenti e, appunto, riaprire i termini.

Il monitoraggio degli utilizzi

Il Demanio svolge anche un monitoraggio degli utilizzi cui sono stati destinati i beni trasferiti. “Al 31 dicembre 2024 – ha detto dal Verme – risultano conclusi 5.795 monitoraggi che si riferiscono a beni per i quali sono trascorsi tre anni dal trasferimento. Di questi, il 45% è destinato dagli enti territoriali alla pubblica fruizione (fini sociali, scopi istituzionali, opere di urbanizzazione primaria e secondaria), il 25% alla messa a reddito (locazione, vendita, valorizzazione), per il restante 30% sono in corso da parte degli Enti le attività propedeutiche (studi di fattibilità, aggiornamenti catastali, predisposizione di elaborati estimali, ecc.) alla futura definitiva destinazione”.

I dati selettivi sul patrimonio culturale

Molto più selettivo si è rivelato, invece, il federalismo demaniale culturale che ha consentito il trasferimento di beni sottoposti a vincolo, a fronte di progetti di valorizzazione. “Dal 2010 al 31 dicembre 2024 – ha riferito daal Verme –  sono state presentate complessivamente 807 richieste di trasferimento. Di queste finora, 287 (36%) si sono concluse positivamente con il trasferimento del bene, 53 sono le procedure ancora in corso, 467 hanno avuto esito negativo”. Ci sono anche due casi per cui, dopo il trasferimento, si è avuta la retrocessione. “Un fenomeno limitato – ha commentato dal Verme – rispetto al passato grazie alla condivisione e sinergia che si è avuta sui tavoli tecnici operativi regionali”.

Il bando per gli usi temporanei nella ex caserma Boldrini a Bologna

L’Agenzia del Demanio ha anche pubblicato il bando per affidare la ex Caserma Boldrini in concessione temporanea per la durata di 300 giorni, con possibilità di proroga. Il termine per presentare le offerte è il 29 aprile 2025 alle ore 12:00.

L’iniziativa, gestita dall’Agenzia in collaborazione con il Comune di Bologna, “ha l’obiettivo di avviare il percorso di rigenerazione urbana per rendere accessibile alla collettività l’ex struttura militare, riducendo costi e rischi legati a un suo prolungato inutilizzo in attesa della riqualificazione complessiva dell’intero compendio”. Si tratta di un edificio di 3400 mq di grande valore storico e artistico, in passato denominato “Ex Ospedale S. Salvatore”, situato nel cuore del centro storico di Bologna.

In attesa della conclusione della fase progettuale e dell’affidamento dei lavori da parte del Ministero della Giustizia, “l’ex Caserma potrà essere aperta alla cittadinanza per attività socio-culturali tra cui eventi, spazi espositivi, concerti, spettacoli, mercatini, convegni e connessi servizi complementari e di promozione territoriale”. Saranno oggetto di valutazione non solo l’affidabilità dell’operatore, sia in termini di competenze tecniche che di solidità economica, ma anche il valore sociale del progetto e i benefici economici derivanti dal recupero e dal riuso dell’immobile.

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