L'Interim Economic Outlook

Dazi e incertezze geopolitiche pesano: l’Ocse TAGLIA le stime

“Si stanno mostando segnali segnali di debolezza per l’economia globale”. E’ il campanello d’allarme che suona l’Ocse a fronte degli sviluppi degli scenari geopolitiche e l’impatto della guerra commerciale ingaggiata dall’Amministrazione Trump. Per questo, l’organizzazione con sede a Parigi taglia nel suo Interim Economic Outlook la crescita globale nel 2025-26 a +3,1% e a +3%. La limatura dell’Ocse non risparmia l’Italia la cui crescita è stimata a +0,7% quest’anno e +0,9% per il prossimo. Pil in contrazione negli Usa da +2,8% a +2% quest’anno a +1,6% nel 2026.

17 Mar 2025 di Maria Cristina Carlini

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L’incertezza legata allo scenario geopolitico, la guerra dei dazi, le pressioni inflazionistiche frenano la crescita dell’economia mondiale. Dopo la resilienza mostrata nel 2024, con il solido ritmo dell’economia Usa e la Cina che ha rispettato i target di crescita del 5%, si allungano ora le ombre proiettate dai “significativi” cambiamenti in corso e si manifestano “segnali di debolezza”. A coglierli è l’ultimo Interim Economic Outlook pubblicato ieri dall’Ocse che, in questo scenario in evoluzione, taglia le stime di crescita globale che è prevista in rallentamento con +3,1% nel 2025 e del 3% nel 2026 – con importanti differenze tra i diversi Stati e regioni – con una limatura al ribasso, rispettivamente, di 2 e 3 decimi rispetto alle proiezioni di dicembre quando la crescita era prevista al 3,3% nei due anni.

Secondo l’Ocse, le barriere commerciali piu’ elevate in diverse economie del G20 e una maggiore incertezza geopolitica e politica che grava sugli investimenti e sulla spesa delle famiglie determinano questa revisione al ribasso. L’organizzazione con sede a Parigi parla anche di un’inflazione che “sarà più alta di  quanto previsto, sebbene ancora in moderazione con l’indebolimento della crescita economica”, rileva l’Ocse. L’inflazione headline scendera’ dal 3,8% nel 2025 al 3,2% nel 2026 nelle economie del G20. Sono stime riviste al rialzo di 0,3 punti percentuali rispetto a dicembre. Si prevede ora che l’inflazione di fondo rimarra’ al di sopra degli obiettivi delle banche centrali in molti paesi nel 2026, compresi gli Stati Uniti’. Per gli Stati Uniti l’inflazione di fondo, dopo il 2,8% del 2024, e’ attesa al 3% nel 2025 (+0,7% rispetto alle previsioni di dicembre) e al e 2,6% nel 2026 (+0,6%). Nell’eurozona l’inflazione core e’ invece attesa al 2,2% quest’anno (-0,2%) e al 2% nel 2026 (stima invariata).

Tornando alle proiezioni di crescita del Pil, per l’Italia, l’Ocse prospetta un rallentamento dell’economia nel 2025 e nel 2026 con una riduzione di 2 e 3 punti percentuali, rispettivamente:  in questo modo, la crescita sarà dello 0,7% quest’anno e dell0 0,9% il prossimo. La crescita del 2025 non si scosterà da quella dello scorso anno, +0,7%, che invece registra due decimi in più rispetto alle precedenti previsioni, e in linea con quelle dell’area euro. Per l’inflazione, si stima una crescita all’1,7% nel 2025 (dal 2,1% atteso a dicembre) e all’1,9% nel 2026 (da 2%). Per quanto riguarda l’inflazione core, l’Ocse la vede scendere dal 2,2% del 2024 all’1,8% nel 2025 (-0,4%) per poi attestarsi all’1,9% nel 2026 (-0,1%). L’Ocse segnala poi che, quanto al livello delle retribuzioni,  l’Italia è fra i paesi – insieme a Sudafrica, Francia e Giappone-  in cui alla fine del 2024 i salari reali alla fine del 2024 non erano ancora tornati completamente ai livelli pre-pandemia.

Andando oltreoceano, l’Ocse avverte che le tariffe punitive annunciate dall’amministrazione Trump promettono di pesare sui tassi di crescita sia degli Stati Uniti che dei due paesi confinanti con cui sono piu’ alte le tensioni commerciali, ovvero Canada e Messico, paese per il quale e’ ora prevista una pesante caduta in recessione. Per gli Stati Uniti si attende un rallentamento della crescita del pil dal +2,8% del 2024 al 2,2% nel 2025 e all’1,6% nel 2026. Rallenta anche il Canada, la cui crescita scenderebbe dall’1,5% nel 2024 allo 0,7% sia nel 2025 che nel 2026, con un taglio dell’1,3% rispetto all’espansione del 2% attesa in precedenza per entrambi gli anni. Ancora piu’ grave la situazione per quanto concerne il Messico. L’Ocse prevede che l’economia del paese vivra’ una recessione, con una produzione in calo dell’1,3% nel 2025 e dello 0,6% nel 2026. ‘Queste proiezioni – precisa l’Ocse – si basano sul presupposto che le tariffe bilaterali tra Canada e Stati Uniti e tra Messico e Stati Uniti saranno aumentate di 25 punti percentuali su quasi tutte le importazioni di merci a partire da aprile. L’attivita’ sarebbe piu’ forte e l’inflazione piu’ bassa in tutte e tre le economie se questi aumenti tariffari fossero piu’ bassi o limitati a una gamma piu’ piccola di beni’.

“L’economia globale ha dimostrato una reale resilienza, con una crescita che rimane stabile e un’inflazione in calo. Tuttavia, sono emersi alcuni segnali di debolezza, guidati da un’incertezza politica crescente,” ha commentato il segretario generale dell’Ocse, Mathias Cormann. “L’aumento delle restrizioni commerciali contribuirà ad alzare i costi sia per la produzione che per il consumo. Rimane essenziale garantire un sistema commerciale internazionale ben funzionante e basato su regole, e mantenere i mercati aperti”.

Le preoccupazione che emerge dall’Interim Economic Outlook dell’Ocse è che una ulteriore frammentazione commerciale possa danneggiare le prospettive di crescita globale. Le previsioni richiamano anche l’attenzione sul rischio di volatilità macroeconomica. Un’improvvisa recessione, un cambiamento di politica o una deviazione dal percorso di disinflazione previsto potrebbero innescare correzioni di mercato, significativi deflussi di capitali e fluttuazioni dei tassi di cambio, in particolare nei mercati emergenti. Alti livelli di debito pubblico e valutazioni elevate degli attivi aumentano ulteriormente questi rischi.

Date queste sfide, le previsioni evidenziano le priorità politiche chiave, sottolinea l’Ocse. Le banche centrali dovrebbero rimanere vigili data l’incertezza crescente e il potenziale per costi commerciali più elevati che potrebbero aumentare le pressioni sui prezzi. A condizione che le aspettative di inflazione rimangano ben ancorate e che le tensioni commerciali non si intensifichino ulteriormente, le riduzioni dei tassi di interesse dovrebbero continuare nelle economie in cui si prevede che l’inflazione di base si modererà e la crescita della domanda aggregata sarà contenuta. Azioni fiscali decisive sono necessarie per garantire la sostenibilità del debito, preservare spazio per reagire a futuri shock e generare risorse per far fronte a grandi pressioni di spesa imminenti. Per l’Ocse, sono necessari sforzi più forti per riallocare la spesa verso attività che supportano la crescita a lungo termine, impostate su percorsi di aggiustamento credibili a medio termine adattati alle circostanze specifiche di ciascun paese. Con il potenziale di output generalmente in indebolimento sia nelle economie avanzate che in quelle emergenti dalla crisi finanziaria globale, sono necessarie riforme strutturali ambiziose. I governi devono attuare riforme per migliorare la produttività e favorire l’adozione di nuove tecnologie aumentando la concorrenza di mercato e eliminando oneri normativi eccessivi per le imprese.

Migliorare l’istruzione e lo sviluppo delle competenze e ridurre i vincoli nei mercati del lavoro e dei prodotti che ostacolano gli investimenti e la mobilità del lavoro sarà fondamentale. L’Intelligenza Artificiale presenta un’opportunità unica per rilanciare la produttività. “L’Ocse prevede che l’IA aumenterà significativamente la crescita della produttività del lavoro nel prossimo decennio, con un potenziale ancora maggiore se si considerano le sinergie con la robotica,” ha affermato il Capo Economista dell’Ocse, Álvaro Santos Pereira. “Tuttavia, i guadagni dall’IA potrebbero diminuire se le politiche non facilitano tassi di adozione più elevati e non agevolano la riallocazione del lavoro”.

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