TRANSIZIONE DIGITALE AL RALENTI
Pnrr: spesa per cloud e infrastrutture FERMA, progetti troppo dispersi. Ok solo con revisione
Secondo il primo osservatorio lanciato da Assonime e Openpolis, manca trasparenza sui numeri: i dati pubblici arrivano con molto ritardo e non sono di facile lettura, quelli sulla spesa sono incoerenti tra loro. Anche la rendicontazione su ReGis non è stata di fatto accelerata. Sugli interventi, risulta ancora difficile l’associazione Piano-realizzazioni concrete. Quali soluzioni? Occorre accelerare gli interventi, chiedere più sforzi alle amministrazioni, un monitoraggio effettivo con un Pmo strutturato e le partnership pubblico-privato per non vanificare gli sforzi dopo il 2026.
Attuazione formale positiva, spesa al ralenti, ostacoli burocratici, tecnici ed economici. Il Pnrr digitale italiano non se la passa molto bene. A dirlo è il primo rapporto dell’osservatorio Assonime-Openpolis. Infatti, se da un lato i progetti avanzano (sebbene con tante specifiche da fare) dall’altro sono tante le criticità rilevate in merito alla rendicontazione, i risultati tangibili e in generale al monitoraggio della situazione.
Gli interventi analizzati nel dossier sono quelli della transizione blu, digitale appunto, della pubblica amministrazione e delle infrastrutture per la connettività, per un valore totale di oltre 7 miliardi di euro. Nel dettaglio, la migrazione delle Pa centrali e Asl verso il Polo strategico nazionale, un’infrastruttura nazionale di cloud di ultima generazione (1,9 miliardi per quasi 13mila progetti); 2) il programma di abilitazione e migrazione sul cloud delle Pa locali; 3) la realizzazione della Piattaforma Digitale Nazionale Dati (Pdnd) il cui scopo è favorire l’interoperabilità fra le diverse banche dati della Pa. Secondo Assonime-Openpolis, sul primo gruppo i due terzi circa dei progetti è in esecuzione (473 Pubbliche Amministrazioni hanno scelto di migrare sull’infrastruttura di “cloud sovrano” del Psn) e circa un terzo è in collaudo; mentre i progetti delle Pa locali si dividono circa a metà tra le fasi di esecuzione e collaudo. Ma il 43% è di importo inferiore ai 20mila euro, dunque contenuto. Quanto alla Pdnd da 556 milioni Pnrr affidati a PagoPa, invece, dice il rapporto che l’attuazione della misura procede bene sotto il profilo formale: a dicembre 2024 erano già stati raggiunti gli obiettivi del 2026 ma la spesa ha raggiunto appena gli 85 milioni di euro sui 556 stanziati. Inoltre, se il traguardo prevede l’attivazione di 1.000 API (application programming interface) entro il 2026, ad oggi ne sono state prodotte oltre 7mila rendendo il target “poco significativo”. Non solo: la maggioranza degli e-service è offerto dai comuni “e quindi conteggiata più volte”. E gli importi per il 90% sono contenuti, tra 10 e 20mila euro. Infine, “circa 4.600 degli oltre 6.200 progetti in corso sono in fase di collaudo”.
Ci sono poi i progetti Pnrr da 5,3 miliardi di euro per banda ultra-larga e 5G: Italia a 1 giga, che prevede di estendere le infrastrutture per la connessione ultra-veloce a quelle aree dove ancora non vi è una piena disponibilità da parte degli operatori di mercato (aree grigie e case sparse) per un totale di 3,4 milioni di numeri civici dimezzati dagli iniziali 6,9; poi c’è Italia 5G per lo sviluppo e la diffusione dell’infrastruttura 5G in particolare nelle aree mobili “a fallimento di mercato” attraverso interventi di connessione in backhauling delle torri e di densificazione delle torri stesse; 3) infine il collegamento isole minori per dotare almeno 18 isole attraverso un backhauling sottomarino in fibra ottica. Nel primo caso, secondo il report, solo sette Regioni hanno una percentuale complessiva di attivazione superiore al 50%. Alcune tra le più popolose, invece, hanno percentuali di attivazioni inferiori al 30%. La maggiore disponibilità di manodopera al Sud ha permesso che si avanzasse più velocemente nella posa della fibra in queste regioni. Quanto a Italia 5G, sono 18 le Regioni con un tasso di attivazione oltre il 50%. Ma la densificazione è bassa: solo una Regione supera il 50% e inoltre sono tante le difficoltà nel rilascio di permessi per nuove torri. Il progetto Isole minori, invece, ha visto posticipare il termine iniziale da dicembre 2023 a dicembre 2024 “ma il target sembra essere stato raggiunto”, si legge.
Progetti che avanzano sul piano formale, dicevamo, ma con tante criticità sul piano sostanziale (dentro i progetti), della rendicontazione e spesa e del monitoraggio generale. Per esempio, su Italia 1 giga, la mappatura dei civici si è rivelata difficoltosa e imprecisa necessitando di interventi correttivi di “walk in”. E si sono riscontrate difficoltà nella posa su case sparse. In Italia 5G, invece, si è riscontrata una “difficoltà nei rapporti con alcuni enti locali che hanno rallentato o negato il rilascio dei permessi” per le nuove torri (“soprattutto in materia di inquinamento elettromagnetico”).
La spesa e la rendicontazione sono i veri tasti dolenti. Presentando il Pnrr Watch alla Sda Bocconi, il direttore generale di Assonime Stefano Firpo ha illustrato il rischio opacità su questi progetti: “: i dati pubblici arrivano con molto ritardo e non sono di facile lettura”, nonché incoerenti tra loro. Se stiamo a quanto registrato ufficialmente, secondo il dossier i fondi Pnrr spesi per le infrastrutture digitali a dicembre 2024 ammontano a soli 4 milioni. “Invece, il monitoraggio civico è un utilissimo supporto al lavoro sui tanti progetti che occorre seguire e spingere”, ha aggiunto Firpo. Un esempio di spesa carente: sui progetti delle Pa locali e Psn, risulta speso appena l’11% delle risorse stanziate per la migrazione al cloud delle prime e l’1% per il secondo. Sempre sui progetti, poi, è difficile dargli “un volto” per l’eccessiva dispersione, il formalismo di milestone e target e la complicata associazione del Pnrr “a realizzazioni concrete sul digitale”. Anche la rendicontazione su ReGis non è stata di fatto accelerata. Infine, “manca nella sostanza uno strumento di monitoraggio attivo e di Project management office strutturato sul Pnrr: perché non fare di Pa Digitale 2026 una best practice?”, si è chiesto Firpo. Cosa fare? “Imprimere un’accelerazione agli interventi riguardanti il digitale per rispettare le scadenze previste al 2026” ma anche chiedere “uno sforzo da parte delle amministrazioni coinvolte in termini di trasparenza per la diffusione di dati corretti e aggiornati”. Un’altra soluzione è la valorizzazione “il più possibile” di forme di partnership pubblico-privato. La transizione blu italiana passa da qui.