APPALTI ISTRUZIONI PER L'USO / 18

Le condizioni d’uso legittime della proroga contrattuale: quando e come è possibile

In materia di contratti pubblici vige il principio inderogabile per il quale, salve espresse previsioni dettate dalla legge in conformità della normativa euro-unitaria, l’amministrazione, una volta scaduto il contratto, deve effettuare una nuova gara pubblica, qualora abbia ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni. La proroga contrattuale, pertanto, in quanto idonea a differire il momento dell’indizione della nuova gara e, quindi, ad incidere sui principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza, è un istituto eccezionale, utilizzabile nei limiti fissati dalla legge.

Vediamo, quindi, quando e come può legittimamente farsi uso della proroga contrattuale.

Quanti tipi di proroga ammette il Codice dei contratti pubblici?

Rispetto al codice previgente (articolo 106, comma 11), il Decreto legislativo n. 36/2023 è più puntuale e dettagliato nel prevedere, all’articolo 120, due tipologie di proroga ammesse dal legislatore, disciplinando infatti: – al comma 10, l’opzione di proroga; – al comma 11, la proroga tecnica.

27 Feb 2025 di Gabriella Sparano

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Entrambe le tipologie, in quanto disciplinate nell’articolo 120, relativo alla “Modifica dei contratti in corso di esecuzione”, sono attivabili esclusivamente sui contratti ancora in corso di esecuzione e non già scaduti, avendo appunto il fine di prolungare la durata e la continuità della prestazione contrattuale, laddove, in caso contrario, si avrebbe un affidamento ex novo. Proprio per tale motivo, una volta attivate, entrambe le proroghe obbligano il contraente originario ad eseguire le prestazioni contrattuali “ai prezzi, patti e condizioni stabiliti nel contratto”, a meno che – ma solo per l’opzione di proroga – nei documenti di gara non sia stata prevista la possibilità di applicare le “condizioni di mercato ove più favorevoli per la stazione appaltante”. Ed in questo le proroghe si differenziano dal rinnovo contrattuale, che “si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario; in assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto” (Cons. Stato, sez. III, 24 marzo 2022, n. 2157; Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2023, n. 1635).

In cosa si differenziano le due tipologie di proroga?

Al di là dei punti di contatto tra le due tipologie indicati al quesito precedente, l’opzione di proroga e la proroga tecnica si differenziano per i seguenti aspetti: – l’opzione di proroga, per poter essere attivata, deve essere espressamente prevista nei documenti di gara e determina la mera estensione della scadenza del contratto per la durata stabilita nei documenti medesimi; – la proroga tecnica, pur determinando anch’essa l’estensione della scadenza del contratto, tuttavia, per essere esercitata, non richiede una previsione nei documenti di gara, in quanto risponde a esigenze impreviste ed eccezionali non imputabili alla stazione appaltante. Pertanto, la proroga tecnica è configurabile solo per esigenze di continuità dell’azione amministrativa, qualora, per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’Amministrazione determinanti oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della procedura di affidamento, vi sia l’effettiva necessità di assicurare provvisoriamente le prestazioni contrattuali nelle more del reperimento di un nuovo contraente.

La sua durata, quindi, non è preventivabile, come per l’opzione di proroga, ma sarà quella strettamente necessaria alla conclusione della procedura, qualora l’interruzione delle prestazioni possa determinare situazione di pericolo per persone, animali, cose, oppure per l’igiene pubblica, oppure nell’ipotesi in cui l’interruzione della prestazione dedotta nella gara sia idonea a determinare un grave danno all’interesse pubblico che è destinata a soddisfare. In sostanza, quindi: – l’opzione di proroga ha il solo limite della sua preventiva previsione nei documenti di gara (che ne fissano anche la durata massima), non essendo poi legata ad alcuna finalità o condizione particolare; – la proroga tecnica, viceversa, può essere attivata solo nelle ipotesi e per le finalità tipizzate in via eccezionale dalla norma, senza dover essere previamente prevista nei documenti di gara e senza dover avere una durata prefissata.

Le due tipologie vanno computate ai fini della stima del valore dell’appalto?

L’articolo 14, comma 4, del Codice stabilisce che la stima del valore di un appalto pubblico è basato sull’importo totale pagabile, al netto dell’IVA, ed ivi compresa qualsiasi forma di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara. Pertanto, dal momento che, per quanto detto al quesito precedente, unicamente l’opzione (appunto) di proroga è soggetta ad espressa previsione dei documenti di gara, solo essa, e non anche la proroga tecnica, va computata nel valore complessivo stimato dell’appalto. Di recente, infatti, anche il MIT, col Parere del 30/01/2025, n. 3014, ha confermato che, in quanto nei documenti di gara non va prevista la proroga tecnica di cui al comma 11 dell’articolo 120, di conseguenza la stessa non va considerata ai fini della determinazione del valore dell’appalto.

La proroga va “ciggata”?

Per quanto riguarda l’opzione di proroga, è evidente, per quanto detto sopra, che essa, in quanto inclusa nel valore complessivo stimato dell’appalto, è computata nel CIG contrassegnante lo stesso, indipendentemente dalla sua effettiva attivazione in corso di esecuzione. La proroga tecnica, invece, non va né computata nel CIG del contratto originario né richiede il rilascio di un CIG proprio, in quanto: – non computo nel CIG originario: si è già detto che la proroga tecnica, in quanto misura eccezionale, attivata in situazioni di necessità e imprevedibilità, non può essere inclusa nel valore del contratto originario ai fini del calcolo del CIG; – non necessità di un CIG proprio: la proroga tecnica non configura un nuovo contratto, ma una mera estensione temporanea del contratto esistente e, di conseguenza, non richiede l’acquisizione di un nuovo CIG (in questo senso, si veda, anche la FAQ A26 di ANAC su https://www.anticorruzione.it/-/tracciabilit%C3%A0-dei-flussi-finanziari).

Come si adempie, allora, agli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari e informativi verso l’ANAC in caso di proroga tecnica?

La proroga tecnica, sostanziandosi di fatto in una modifica contrattuale (sia nella durata che nell’importo finale), oltre ad essere formalizzata attraverso un atto amministrativo, debitamente motivato e specificante le ragioni della proroga (nel rispetto delle condizioni tipizzate dalla norma), la sua durata e le condizioni contrattuali che rimangono invariate, va comunicata ad ANAC a mezzo le piattaforme di approvvigionamento digitale certificate, compilando le schede di modifica contrattuale collegate al CIG del contratto originario. In tal modo, si attuano sia la tracciabilità che la comunicazione della modifica attuata con la proroga tecnica.

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