IL LABIRINTO OSCURO DELL'EDILIZIA / 14

Piani attuativi e piani di lottizzazione convenzionati: necessità o derogabilità nell’esame delle ordinanze del Gip di Milano

Il Ddl Salva Milano/Italia, approvato dalla Camera dei Deputati il 21 novembre e in attesa del voto in senato, rappresenta un intervento normativo di grande rilevanza per il settore edilizio e urbanistico nazionale. Nell’articolo precedente abbiamo esaminato le motivazioni che hanno portato i gip del tribunale di Milano all’emissione di diverse ordinanze di sospensione lavori e di sequestro di alcuni cantieri evidenziando il discrimine tra la tipologia della ristrutturazione dell’art. 3 comma 1 lettera d) e dell’art. 10 comma 1 lettera c) del Testo unico dell’edilizia: https://diariodiac.it/il-discrimine-tra-nuova-costruzione-e-ristrutturazione-edilizia-nellesame-delle-ordinanze-del-gip-di-milano/. L’articolo di questa settimana entra nel dettaglio della disamina sulla necessità o meno dei piani attuativi previsti dall’art. 23 comma 1 lettera b) TUE e dell’art. 41 quinquies comma 6 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 che sono stati oggetto di interpretazione autentica del DDL c 1987 in trattazione.

20 Gen 2025 di Salvatore Di Bacco

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Sulla necessità del piano attuativo ex art. 23, c. 1, lett. b), del Dpr 380. La circolare 1/2023 del comune di Milano

L’art. 41-quinquies, comma 6 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, tuttora vigente recita: “Nei Comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, nelle zone in cui siano consentite costruzioni per volumi superiori a tre metri cubi per metro quadrato di area edificabile, ovvero siano consentite altezze superiori a metri 25 non possono essere realizzati edifici con volumi ed altezze superiori a detti limiti, se non previa approvazione di apposito piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata estesi alla intera zona e contenenti la disposizione planovolumetrica degli edifici previsti nella zona stessa.…”

Analoga prescrizione è contenuta nell’art. 8 del DM 2 aprile 1968 n.1444 (le cui previsioni, essendo state emanate su delega effettuata da una norma di rango primario – e cioè l’art. 41-quinquies della L.1150/1942 – hanno esse stesse valore di legge) nella parte in cui dispone per le zone B, che: “l’altezza massima dei nuovi edifici non può superare l’altezza degli edifici preesistenti e circostanti, con la eccezione di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche, sempre che rispettino i limiti di densità fondiaria di cui all’art. 7.”

Orbene, questi parametri (cosi come riportato in alcune ordinanze di sequestro del Tribunale di Milano), risultano entrambi superati e pertanto la realizzazione degli interventi di trasformazione edilizia operati in varie zone della metropoli, avrebbero dovuto essere proceduti dall’approvazione di uno strumento urbanistico attuativo.

Il comune di Milano con circolare n. 1/2023 del 21 luglio 2023 ha descritto ed illustrato che la prassi applicativa degli interventi edilizi di fabbricati alti più di 25 metri non necessitavano di una pianificazione attuativa, evidenziando che è ammessa la derogabilità delle norme sopracitate laddove tali costruzioni vengano realizzate in zone adeguatamente urbanizzate, rendendo superflua una adozione preventiva di un piano attuativo.

La circolare richiama l’orientamento giurisprudenziale sia dei Tar sia del Consiglio di Stato che affermano che ove si è in presenza di una completa edificazione della zona, risulta addirittura incompatibile l’utilizzo di un piano attuativo. Tale circolare afferma che gli uffici comunali hanno “costantemente escluso la necessità di sottoporre a pianificazione attuativa gli interventi edilizi che comportano il superamento dell’altezza di 25 metri… con una invariata coerenza amministrativa”.

A completamento e risoluzione della stessa il redattore rinforza la propria posizione attestando che“tale prassi interpretativa e applicativa dell’Amministrazione comunale, da tempo consolidata, risulta pertanto conforme sia alla normativa regionale, sia all’insegnamento giurisprudenziale, che esclude la necessità del Piano Attuativo per interventi da realizzare nelle zone urbanizzate ed edificate. Le argomentazioni sin qui esposte portano pertanto a confermare la correttezza della stessa, benché recentemente contestata sia da alcuni esponenti privati, sia nell’ambito di alcune indagini della procura della Repubblica di Milano per ipotesi di reati edilizi, considerato che allo stato non si è registrato alcun mutamento significativo a livello normativo e giurisprudenziale”

Sulla necessità del piano attuativo ex art. 23, c. 1, lett. b), del Dpr 380. Risposta della Procura di Milano

I giudici della Procura di Milano in risposta affermano il carattere di “diritto vivente” del principio secondo il quale “ogni intervento di trasformazione edilizia comportante un aumento del carico urbanistico è soggetto al rispetto della disciplina di cui al dm 1444 del 1968”.

Quindi qualsiasi disposizione di legge che autorizzi interventi di trasformazione edilizia o anche mutamenti d’uso con incremento di volumi abitabili, che abbiano come conseguenza un incremento del numero di abitanti insediabili, in una determinata zona, modificando il rapporto abitanti/standard, implica il conseguente necessario adeguamento del calcolo degli standard (esempio Consiglio di Stato sez. IV del 17 maggio 2023 n. 4908)

Anche l’art. 41-quinqies della legge urbanistica fondamentale (L. n. 1150/1942) afferma che affinché le trasformazioni edificatorie aventi maggiore impatto sul tessuto urbano e sulla rete dei servizi pubblici, in caso venga superato anche uno solo dei due indici di volumetria e di altezza degli edifici ivi indicati, devono essere preventivamente inquadrate in un idoneo strumento attuativo e la loro realizzazione deve essere assistita da degli atti convenzionali che tendono ad assicurare il necessario reperimento di quei servizi pubblici o comunque di uso pubblico, congrui rispetto al nuovo peso ed assetto insediativo. Non è da sottovalutare che tali standard e dotazioni devono essere attuate con garanzia e reperimento di idonee coperture finanziarie e di eventuali correlate fidejussioni necessari ed indispensabili.

La magistratura milanese sottolinea in modo perentorio e inequivocabile lanciando un segnale di illegittimità dell’attuazione della citata circolare del Comune di Milano n. 1/2023, definendola priva di qualsiasi valore come fonte del diritto, ed aggiunge che la stessa non può assolutamente essere incastonata come fonte di interpretazione autentica di norme statali e pertanto riafferma con decisione che le disposizioni dell’art. 41 – quinquies della Legge n. 1150 del 1942 sono vincolanti per il legislatore regionale dichiarando implicitamente l’illegittimità costituzionale della legge regionale lombarda che ha derogato ai principi della legge urbanistica fondamentale.

E a dimostrazione della riconosciuta attuale vincolatività per il legislatore regionale delle disposizioni di cui al citato art. 41 quinquies, evidenzia come la Corte Costituzionale ha ribadito il principio secondo il quale “la pianificazione urbanistica svolge una funzione necessaria e insostituibile di disciplina dell’uso del territorio, come unica sede in cui è possibile operare la sintesi dei molteplici interessi, anche di rilievo costituzionale, afferenti a ciascun ambito territoriale” (esempi sentenze n. 17/2023, 90/2023, 217/2020)

E, continuano i giudici, nella sentenza 217/2020 la Corte Costituzionale, ribadendo il suo orientamento consolidato, afferma che “i limiti fissati dal D.M. 1444/1968, che trova il proprio fondamento nell’art. 41-quinquies, commi 8 e 9 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (legge urbanistica), hanno efficacia vincolante anche verso il legislatore regionale, (ad esempio, sentenza n. 232 del 2005) costituendo essi principi fondamentali della materia, in particolare come limiti massimi di densità edilizia a tutela del primario interesse generale all’ordinato sviluppo urbano” (Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 5 novembre 2018, n. 6250)

Ed ancora la Corte Costituzionale ha ribadito che “…se gli artt. 7, 8 e 9 del D.M. n. 1444 del 1968 fossero derogabili, le leggi regionali potrebbero prevedere ampliamenti senza limiti percentuali determinati, … e ciò sarebbe in evidente contrasto con la segnalata finalità di tutela del primario interesse generale all’ordinato sviluppo urbano presidiato dal principio fondamentale della legge statale…”

A conferma di ciò la norma di cui all’art. 2-bis TUE, prevede, al comma 1, che le leggi regionali possono derogare al d.m. n. 1444 del 1968 solo a condizione che le deroghe siano recepite da strumenti urbanistici attuativi (funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio) e non riguardano singoli edifici (corte Costituzionale sentenze n. 41/2017 e 231/2016; nn. 185 e 189 del 2016).

Circolare ministero Lavori pubblici 28 ottobre 1967 n. 3210. Istruzioni per l’applicazione della legge 6 agosto 1967 n. 765.

In sede di prima applicazione dell’art. 17 della l. 765/1967 il Ministero dei lavori pubblici – Direzione Generale dell’urbanistica, ha reso ben chiaro la ratio della normativa e al punto 8 della circolare si afferma che “…accade, talvolta che i Piani Regolatori ed i Programmi di Fabbricazione prevedono densità e altezze che, in quanto eccedono determinati limiti, possono comportare soluzioni tali da provocare conseguenze dannose per la struttura urbana. Più precisamente, una notevole densità od una altezza piuttosto elevata possono produrre inconvenienti igienici, di traffico, estetici e – più in generale- urbanistici, quando non siano predisposti strumenti esecutivi che assicurano una distribuzione dei volumi capace di garantire risultati soddisfacenti. Ciò non può essere, in generale ottenuto mediante la semplice applicazione delle norme di attuazione del piano regolatore generale, ma solo sulla base di precise disposizioni planivolumetriche…”

In conclusione, devono ritenersi ammissibili le deroghe solo quando predisposte nel contesto dei piani urbanistici attuativi, in quanto strumenti funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio, secondo quanto richiesto dall’art. 2 bis del TUE, in linea con l’interpretazione tracciata dalla Corte Costituzionale (tra le tante sentenze nn. 231, 189, 185 e 178 del 2016 e n. 134 del 2014).

Conclusioni

Dopo aver illustrato, in questa prima parte, le motivazioni che hanno portato i gip del tribunale di Milano a delineare il “panorama” giurisprudenziale e dottrinale in merito alla necessità o derogabilità dei piani attuativi, propedeutici alle iniziative edilizie rilevanti nelle aree urbanizzate ed edificate,  nel prossimo articolo analizzerò le motivazioni “tecnico/giuridiche” della magistratura milanese che hanno portato all’emanazione di ordinanze di sequestro di numerosi cantieri edili.

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