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Il salva-Milano e salva-Italia: evoluzione normativa del concetto di ristrutturazione edilizia conservativa e ricostruttiva

Il disegno di legge Salva Milano/Italia, recentemente approvato dalla Camera dei Deputati ed in attesa dell’esame in senato, rappresenta un intervento normativo di grande rilevanza per il settore edilizio e urbanistico nazionale.

Il DDL ha origine dall’esigenza di definire una serie di problematiche che sono emerse con forza dirompente da una serie di indagini ed inchieste della magistratura penale su interventi edilizi di presunta natura abusiva. Tali inchieste hanno portato al sequestro di alcuni cantieri dove erano in corso la realizzazione di torri e grattacieli con interventi di sostituzione edilizia di immobili dismessi e/o fatiscenti e in stato di degrado.

10 Dic 2024 di Salvatore Di Bacco

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L’istruttoria e l’analisi dei procedimenti edilizi utilizzati ha portato i Gip ad emettere una serie di ordinanze di sospensione dei lavori, creando un blocco significativo nel settore edilizio. Vedasi precedente articolo:

https://diariodiac.it/milano-capitale-delle-costruzioni-in-italia-storia-e-cronistoria-del-caso-milano/

Il Decreto Semplificazioni del 2020 ha modificato l’articolo 3, comma 1, lettera d) del Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 380/2001), includendo tra gli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli di demolizione e ricostruzione con sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche diverse da quelle preesistenti. Questa modifica ha ampliato la definizione di ristrutturazione edilizia, consentendo interventi di demolizione e ricostruzione di vecchi e degradati edifici anche con pochi  piani, trasformandoli in veri e propri grattacieli alti oltre 50 metri.

La Procura di Milano ha sostenuto che lo strumento della SCIA sia stato illegittimamente utilizzato per interventi di demolizione e ricostruzione che, sotto le “mentite spoglie” della ristrutturazione edilizia, sarebbero in realtà consistiti in nuove costruzioni, eludendo non solo le procedure di sottoposizione a piani attuativi, ma anche ad una notevole riduzione dei costi da sostenersi sugli oneri concessori e sulle monetizzazioni a standard. Questo ha portato al sequestro di numerosi cantieri e alla sospensione dei lavori, creando un blocco significativo nel settore edilizio milanese ed aprendo scenari di conflittualità tra la magistratura, la politica e i dirigenti dei settori comunali sulla corretta interpretazione della norma.

Al fine di fornire un quadro normativo chiaro e di certezza giuridica, che consenta di superare le ambiguità interpretative e di rilanciare lo sviluppo urbanistico della città, il governo ha deciso di introdurre una serie di disposizioni aventi il carattere di interpretazione autentica. Vedasi precedente articolo:

https://diariodiac.it/labirinti-9/

Il disegno di legge n. 1987/2024 –  Proposta emendativa n. 1100 approvata dalla Camera

La norma di interpretazione autentica sulla definizione di “Ristrutturazione edilizia” dell’art. 3 comma 1 lettera d del TUE,  approvata alla camera il 21 novembre chiarisce che:

“A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, la lettera d) del comma 1 dell’articolo 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, fermo restando quanto disposto dal sesto periodo della medesima lettera d), si interpreta nel senso che rientrano tra gli interventi di ristrutturazione edilizia gli interventi di totale o parziale demolizione e ricostruzione che portino alla realizzazione, all’interno del medesimo lotto di intervento, di organismi edilizi che presentino sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche, funzionali e tipologiche anche integralmente differenti da quelli originari, purché rispettino le procedure abilitative e il vincolo volumetrico previsti dalla legislazione regionale o dagli strumenti urbanistici comunali.”

Al fine di comprendere l’evoluzione normativa della tipologia ricostruttiva in Italia e del perché si è arrivati al DDL “salva milano/italia”, è necessario ripercorrerla attraverso un excursus storico concentrandosi sulla definizione di “ristrutturazione edilizia e correlati”. (Relazione UNITEL 2021-2024 a cura del sottoscritto e dell’Avv. Roberto Ragone,  deposita in sede di audizioni all’8° commissione ambiente e territorio del Senato e della Camera sui ddl rigenerazione urbana e TUE).

Evoluzione normativa e giurisprudenziale del concetto di ristrutturazione edilizia – La ristrutturazione edilizia “conservativa” e quella “ricostruttiva”.

La compiuta definizione degli interventi edilizi ha avuto una sua prima positivizzazione normativa con la Legge n. 457 del 5.08.1978 (Norme per l’edilizia residenziale) che, all’art. 31, distingueva gli interventi di recupero del patrimonio edilizio in “manutenzione ordinaria”, “manutenzione straordinaria”, “restauro e risanamento conservativo”, “ristrutturazione edilizia” e “ristrutturazione urbanistica”. In particolare, gli interventi di ristrutturazione edilizia venivano definitivi dalla legge del ‘78 come quelli “quelli volti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, la eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti”.

La successiva evoluzione del concetto di ristrutturazione edilizia si deve soprattutto alla giurisprudenza, che a più riprese si è occupata, tra l’altro, della questione relativa alla possibilità equiparare alla “ristrutturazione” la “demolizione e ricostruzione”. Si muoveva dalla considerazione che « il concetto di ristrutturazione è necessariamente legato concettualmente ad una modifica e a una salvezza finale (quantomeno nelle sue caratteristiche fondamentali) dell’esistente (modifica che può essere generale o particolare e, quindi, dar luogo alla realizzazione di un fabbricato in tutto o in parte “nuovo”), ma non anche alla indispensabile conservazione, nella loro individualità fisica e specifica (tal quali essi sono e si trovano), degli medesimi elementi costitutivi dell’edificio o di alcuni tra essi (i principali) » (Consiglio di Stato, sez. V, 30.09.1988 n. 946).

Si è venuto a formare, così, un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale nella categoria della ristrutturazione edilizia sono annoverabili anche gli interventi consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato (cfr. tra tutte: Consiglio di Stato, sez. V, 5.03.2001 n. 1246; 28.03.1998 n. 369; 14.11.1996 n. 1359).

I concetti ed i principi espressi dalla giurisprudenza sono stati recepiti, con parziali innovazioni, dal legislatore che con la Legge n. 443 del 21.12.2001, prima, ed il D.P.R. n. 380 del 06.06.2001, poi, ha introdotto una nuova definizione di ristrutturazione edilizia. In particolare, l’art. 3, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 380/2001, nella sua formulazione originaria, prescriveva che « Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica ».

Si è imposta, quindi, una concezione duale della ristrutturazione edilizia:

˗          la ristrutturazione edilizia cd. “conservativa”, che può comportare anche l’inserimento di nuovi volumi o la modifica della sagoma;

˗          la ristrutturazione edilizia cd. “ricostruttiva”, attuata mediante demolizione, anche parziale, e ricostruzione. Questa particolare figura di ristrutturazione si articola in due fasi, la prima demolitiva e la seconda costruttiva, intimamente compenetrate in forza di un nesso di stretta ed inscindibile continuità teleologica e temporale.

Le due tipologie erano identiche quanto alla finale realizzazione di un “organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”, ma distinte dalla presenza o meno della demolizione del fabbricato preesistente. Quest’ultima, per poter rientrare nel campo della ristrutturazione edilizia, doveva concludersi con la “fedele ricostruzione di un fabbricato identico”, al punto da richiedere identità di sagoma, volume, area di sedime e, in generale, caratteristiche dei materiali. In questa prima fase, quindi, la ristrutturazione “ricostruttiva” era comunque ancorata al rispetto fedele dell’edificio preesistente, con la conseguenza che, in difetto, veniva a configurarsi una nuova costruzione (Consiglio di Stato, sez. V, 5.12.2014 n. 5988).

La originaria definizione è stata oggetto di una prima modifica ad opera del D.P.R. n. 301 del 27.12.2002, con il quale è stato tolto il vincolo della fedeltà quanto ad area di sedime e materiali, imponendo soltanto il rispetto della « stessa volumetria e sagoma ». Nondimeno, si è ritenuto, sulla scorta dei principi consolidatisi nella giurisprudenza e dei chiarimenti forniti dall’esecutivo con la Circolare del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti n. 4174 del 07.08.2003, che le modifiche di collocazione dell’edificio ricostruito rispetto alla precedente area di sedime dovessero limitarsi alle varianti non essenziali di cui all’art. 32 del D.P.R. n. 380/2001.

Il legislatore è nuovamente intervenuto sulla disposizione in esame, in particolare con l’art. 30, comma 1, lett. a), del D.L. n. 69 del 21.06.2013, convertito con Legge n. 98 del 9.08.2013, in cui sono definiti «“interventi di ristrutturazione edilizia”, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. … Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente ».

Quindi, con particolare riferimento alla ristrutturazione edilizia cd. “ricostruttiva”, l’unico limite previsto era quello della identità di volumetria rispetto al manufatto demolito, salve “innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”, ad eccezione degli immobili sottoposti a vincolo ex D.lgs. n. 42/2004, per i quali soli è prescritto anche il rispetto della “medesima sagoma di quello preesistente”.

Così facendo, il legislatore – dopo aver abbandonato il più generale concetto di “fedele ricostruzione”, attraverso la rinuncia alla identità di area di sedime e di caratteristiche dei materiali – ha escluso, per gli immobili non vincolati, il riferimento anche alla “sagoma preesistente”.

Infine, la definizione della ristrutturazione edilizia è stata nuovamente rielaborata dall’art. 10, comma 1, lett. b), della L. n. 120 del 11.09.2020 (di conversione del D.L. n. 76 del 16.07.2020), sicché oggi l’art. 3, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 380/2001 è così formulato: « d) “interventi di ristrutturazione edilizia”, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità’, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria ».

L’ultima riforma dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001, introdotta con il D.L. n. 76/2020, ha fatto cadere anche il vincolo dell’identità di volume rispetto al manufatto demolito, purché la modifica delle caratteristiche planovolumetriche e tipologiche dell’edificio esistente, oltre ad essere (ovviamente) consentita dalle norme o dallo strumento urbanistico vigenti, sia dovuta alle innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sulle accessibilità, per l’installazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico, nonché per promuovere interventi di rigenerazione urbana.

Nel prossimo articolo approfondiremo il tema della demoricostruzione così come disciplinato dall’ormai famosa norma dell’art. 3 comma 1 lettera d) modificata dal DL 76/2020 che ha aperto la strada e dato origine al “caso Milano” con le inchieste della magistratura e i sequestri dei vari cantieri.

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