CITTà IN SCENA/4
Lumen, a Firenze la rigenerazione parte dal basso con la concessione di utilizzo di beni comunali. Il presidente Bagni: gestire con cura prima che investire
IN SINTESI

L’associazione Lumen e il suo presidente Antonio Bagni – architetto quarantenne che nasce “da una formazione di autocostruzione e architetture temporanee” e fin da

giovanissimo gira l’Europa per Festival culturali, montando palchi e facendo il responsabile degli allestimenti per grandi eventi – rappresentano l’altra faccia della rigenerazione urbana, quella che punta sulla buona gestione di un bene pubblico per creare lavoro e connettività sociale. Qualche imprenditore rimasto al mattone (non rigenerato) potrà scandalizzarsi di tanto spazio dato a un’esperienza che in fondo programma lavori sull’immobile gestito per 900mila euro in trenta anni. Un’inezia, si dirà.
Eppure, due qualità segnano la storia che racconta Bagni del centro culturale Lumen: la prima è un modello di “rigenerazione urbana dal basso” sorretto da una concessione trentennale di utilizzo di un bene pubblico che parte dalla manutenzione ordinaria e straordinaria per creare valore nel tempo; la seconda è il percorso di costruzione di imprenditorialità sociale che prova a trasformare gradualmente esperienze associative politico-culturali in un business model.
Il progetto Lumen parte da un ribaltamento – “l’investimento al servizio dell’attività di servizio” – e dalla sostenibilità sociale e ambientale, ma non trascura affatto la sostenibilità economica che Bagni declina all’insegna della prudenza della gestione. “Sono certo – dice – che il nostro modello, nato grazie all’articolo 20 del regolamento del Comune di Firenze sulla gestione dei beni immobili, possa funzionare in altre aree e ci stiamo già muovendo per replicarlo, mi chiamano già per farlo. Il punto centrale di questo modello non è avere i soldi da investire, ma il processo che mettiamo in moto e che, se avessimo avuto tutti i soldi subito, probabilmente avremmo sbagliato. Il punto centrale nella rigenerazione urbana oggi è evitare le cattedrali nel deserto e per evitarle bisogna che l’attività cresca poco alla volta. Abilitare la credibilità dell’impresa nella cura del bene e nel suo uso in favore della collettività è molto più importante dell’attivazione di investimenti non strettamente al servizio di questa credibilità”.
La dottrina Lumen: rigenerazione dal basso
Il discorso si può allargare e diventa dottrina, la dottrina Lumen. “Usciamo dalla dinamica secondo cui la rigenerazione è un comune che rimette a posto un palazzo storico in centro per farci una biblioteca – dice Bagni -. Chi ci mette a gestirla? Che attività ci fa? Chi la visiterà? Queste sono le domande cui bisogna rispondere prioritariamente. Se non ci mette dentro un’associazione che è stata accompagnata a fare progettualità dal basso, con i cittadini, a gestire con cura un luogo che gli costa ogni mese affitto, utenze, manutenzione, può riqualificare tutti gli edifici che vuole, ma alla fine sarà uno spreco o, peggio, dovrà scegliere con un bando i soliti noti, selezionati in base al fatturato o per aver fatto quelle stesse gestioni in passato. Se non crei enti terzi rispetto a chi finanzia, enti che possano gestire le attività e mettere a frutto il lavoro che viene fatto, allora saranno solo soldi buttati, non investimenti. L’abbiamo visto anche di recente: l’amministrazione tira fuori tutti i progetti che aveva nei cassetti e li realizza senza sapere assolutamente cosa vuole”.
Idee chiare che fanno sognare un futuro in cui saranno i giovani a portare energia vitale e idee a un’attività di programmazione di investimenti pubblici spesso sfibrata e superata.
La concessione di utilizzo del comune di Firenze
Ma ripartiamo dalla storia di Lumen, il centro culturale presentato anche a Città in scena, il festival della rigenerazione urbana organizzato da Ance e Mecenate 90. “L’idea da cui siamo partiti oltre dieci anni fa – racconta Bagni – è creare un’alternativa all’idea di Firenze come museo rinascimentale a cielo aperto con il 70% degli affitti che sono Arbnb e guadagnare invece spazi per la cittadinanza. Partimmo nel 2011 con l’associazione “Icchè Ci Vah Ci Vole” – che in fiorentino significa “quando ci vuole, ci vuole” – dalla battaglia per il Giardino della Carraia che il comune voleva trasformare in un museo a cielo aperto e invece ottenemmo di lasciare a disposizione della cittadinanza. Nel 2019 organizzammo una Expo di tutte le realtà giovanili fiorentine che cercavano un punto dove esprimersi: furono quattro giorni di grande successo, con ventimila persone presenti e duemila euro di guadagno. Soprattutto, cresceva la nostra capacità di relazionarci con l’amministrazione pubblica e capimmo che la nostra possibilità era sostituirci alle loro incapacità”.
Poi il salto di consapevolezza. “Il click ci scattò quando scoppiò un tubo in una piazzetta vicino Ponte Vecchio – dice Bagni -. Il comune cercava nel bilancio una voce di spesa per rimettere a posto il tubo e io scoprii che un regolamento comunale del 2017 consentiva di prendere in concessione, con affidamento diretto e senza bando, beni del patrimonio non abitativo indicati nel bilancio triennale, presentando un progetto di utilizzo e dando in cambio lo svolgimento della manutenzione ordinaria e straordinaria nel rispetto di un interesse pubblico espressamente indicato. Si tratta di patrimonio inalienabile, di cui quindi il concessionario non potrà mai diventare proprietario”.
La storia va avanti. “In questa lista di immobili di proprietà pubblica – racconta ancora Bagni – scovammo Lumen, una cascina di 350 metri quadrati e due ettari di terra che erano terra di nessuno, abbandonata da oltre venti anni, nella periferia sud di Firenze, tra il Parco della Mensola, l’elegante zona di Coverciano, un’area destinata a diventare campo Rom e il quartiere di Rovezzano. Abbiamo chiesto la concessione trentennale presentando un progetto che chiede anche il cambio di destinazione d’uso dell’immobile, oggi a uso agricolo, per poter svolgere i servizi alla collettività, come ristorazione e bar. Questa richiesta, accolta dal comune e ora presentata alla Regione, ha allungato un po’ i tempi per il rilascio definitivo della concessione trentennale e ci sono state varie concessioni temporanee propedeutiche, ora prorogate al dicembre 2025”.

La semplificazione
Un aspetto decisivo di questo modello, dice Bagni, è la semplificazione estrema dei rapporti con la Pa. “Siamo riconosciuti – spiega il presidente di Lumen – come unici responsabili del bene, senza alcuna corresponsabilità con il comune nella gestione; la proposta progettuale è nostra, non ci sono linee programmatiche di intervento del comune da rispettare. Non ho bisogno della licenza di pubblico spettacolo o di somministrazione, perché questi esercizi sono collegati allo svolgimento delle attività progettuali proposte nella concessione di trenta anni. Le uniche condizioni sono che gli utili vengano reinvestiti e che sia perseguito un interesse pubblico che nel nostro caso viene indicato dalla convenzione come occupazione giovanile e valorizzazione della cultura musicale, ma che, se arrivasse una nuova giunta, potrebbe anche cambiare, che so, in occupazione femminile o valorizzazione del made in Italy e io dovrei adeguarmi. Devo mandare gli stati d’avanzamento ogni sei mesi delle attività di miglioria validati dai periti. Sul solo immobile l’impegno è di fare migliorie per 900mila euro in trenta anni, quindi 30mila euro l’anno. Non c’è possibilità di fare i furbi, perché abbiamo controlli su tutto, dalle tasse al lavoro, nove controlli in un anno, ma sulla gestione siamo responsabili solo noi. Questa è una vera semplificazione perché deregolamenti tutto il resto e aumenti la responsabilità di cura verso il bene”.
Ricavi per 450mila euro nel 2024
La risposta del pubblico all’attività del centro, aperto nel 2021, è stata un’escalation. “Il primo anno abbiamo incassato 40mila euro, nel 2022 75mila, nel 2023 180mila, nel 2024 450mila fino a metà ottobre. Siamo partiti con quattro giorni di apertura all’anno, quest’anno abbiamo aperto da maggio a metà ottobre”. I costi sono stati quest’anno 460mila euro di cui quasi 100mila per interventi di miglioria dell’area, messa in sicurezza, copertura delle serre, acquisto di beni strumentali a questi lavori. Il primo investimento è stato la costruzione dei luoghi a servizio dell’attività di servizio: la cucina, il bar, il palco, in sintesi “la funzionalizzazione dello spazio”. Il secondo investimento sarà la messa in sicurezza dell’area e dell’immobile. I ricavi arrivano dalla gestione dei servizi di ristorazione e bar e dalle tessere di associazione: ogni tessera costa 10 euro e vale per tutta la famiglia. “Per noi questo è un contributo importante, perché istituzionale ed esentasse, ci aiuta a costruire un business model. Il primo anno abbiamo fatto 1.200 tessere, il secondo anno 2.500, l’anno scorso 3.800, quest’anno siamo a 10.800”.
Pronto il salto verso l’impresa sociale
L’associazione Lumen è pronta per il salto verso l’impresa con un consiglio di amministrazione di tre persone, presidente, vicepresidente e segretario. “Abbiamo anche un nucleo direttivo di nove persone, con un responsabile per ciascun settore, il food, il beverage, l’allestimento, la comunicazione, la direzione artistica e così via, in tutto siamo 35”, aggiunge Bagni che orgogliosamente aggiunge. “Diamo lavoro a 21 persone tra contratti, prestazioni occasionali e partite IVA. Tutti hanno un salario minimo a 9 euro l’ora, che è un nostro vanto. Non abbiamo fatto un euro a nero, abbiamo fatto lavorare 36 associazioni del territorio”.
A rallentare il processo evolutivo verso l’impresa è il ritardo nel rilascio della concessione definitiva trentennale. “Questo ha portato con sé in questi tre anni una serie di problemi che, se devo guardare il bicchiere mezzo pieno, dico che ci hanno costretti ad andare con i piedi di piombo e a valutare bene ogni investimento fatto. Il primo anno ho pulito 700mila metri quadrati di parco, il secondo ho realizzato due serre. In questi quattro anni abbiamo speso 253mila di euro di manutenzioni e migliorie senza aver ancora messo mano all’immobile. Di questi 18mila di spese per studi professionali che ci hanno aiutato a preparare le domande e a negoziare con la Pa”.
Il rapporto con le banche
L’altro aspetto che si sbloccherà con la concessione è quello del rapporto con le banche. “Per ora ho presentato il mio contratto di lavoro e casa mia come garanzia per avere i prestiti. Questo è un problema oggettivo anche per quelli che verranno dopo di noi, va affrontato. Per noi la concessione dovrebbe risolvere, perché con un contratto a trenta anni, ricavi annuali per 450mila euro annui e poi la trasformazione in Srl dovrebbe essere più facile avere un prestito che ci consenta di ripartire le spese in un arco di tempo lungo, senza dover pareggiare tutto in bilancio anno dopo anno, come è stato finora”. E comunque anche in banca hanno apprezzato la prudenza di Bagni. “Hanno cominciato ad accettare il discorso quando gli ho detto che non avrei aperto 365 giorni, ma un mese, il secondo anno tre mesi, il terzo sei mesi e così via. E che avrei fatto i lavori prima sull’esterno e non sull’edificio”.
“Facciamo da collante per la crescita di altri”
Alla fine, una considerazione politica che non può essere disgiunta dall’attività di queste persone. “Con tutta l’arroganza del caso ti dico che questa è rigenerazione urbana – dice Bagni – perché noi stiamo creando consapevolezza e autosufficienza anche tecnica in tutti coloro che lavorano con noi, spiegare a tutti quello che facciamo è un lavoro gigantesco nell’ombra. Tra un mese regaliamo al comune di Firenze, per metterlo online, il database che abbiamo costruito di tutte le realtà italiane ed europee simili alla nostra: l’obiettivo è che tutti possano imparare e proporre nuovi progetti come Lumen. Questa è politica cittadina, siamo orgogliosi di fare da collante. Questa è rigenerazione urbana perché crea cittadini e realtà qualificate a fare e partecipi. Siamo sormontati di informazioni e nessuno capisce cosa facciano le amministrazioni, ma se spieghi a un’associazione di persone che c’è la possibilità di prendere in cura un luogo e organizzare lì le loro attività e spieghi come si fa, saranno loro i primi a proporre e a diventare soggetti attivi in città”.