DOMANI IL DPB IN CDM
Dalle detrazioni al 50% al Piano casa, le incognite della legge di bilancio
Non è neanche una promessa, ancora, ma solo un’ipotesi che tuttavia già genera aspettative: le detrazioni per i lavori di ristrutturazione della prima casa potrebbero restare al 50% e non scendere al 36%. Ad anticipare questa possibilità è stato il viceministro all’economia Leo nei giorni scorsi. Il ministro per le imprese Urso ha invece detto che si sta lavorando al Piano casa caro al presidente di Confindustria Orsini con possibili agevolazioni per i giovani neoassunti. Il primo atto della manovra, il Dpb, andrà in Consiglio dei ministri domani. Ancora alta tensione sulle rendite catastali.
Per ora è solo un’ipotesi, neanche una promessa, ma la prospettiva prefigurata dal viceministro all’Economia, Maurizio Leo, di un ritorno al 50% sulle ristrutturazioni delle prime case ha sicuramente creato nuove aspettative in vista dell’imminente varo della nuova manovra di bilancio. A maggior ragione, dopo giornate di polemiche infuocate sulla revisione delle rendite catastali per gli immobili che hanno usufruito dei bonus per l’edilizia, e, soprattutto, alla luce del ‘mantra’ della premier Giorgia Meloni che, più volte in queste settimane, ha riaffermato che la stagione dei bonus è finita. Ma sul fronte casa, c’è anche un’altra ipotesi spuntata in questi giorni, indicata dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, su un possibile intervento sul ‘Piano Casa’ – uno dei cardini dell’agenda del presidente di Confindustria Emanuele Orsini – prevedendo una misura per aiutare i dipendenti che devono spostarsi di residenza e hanno difficoltà a trovare case in affitto a canoni calmierati. Ma a prevalere è ancora la cautela, mostrata, non solo dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ma anche dallo stesso Leo: “Si vedrà, non prometto niente”, ha detto Leo sul mantenimento della detrazione al 50%, che, in assenza di interventi, scenderà al 36% nel 2025. La linea guida è quella della compatibilità delle risorse. E sulle risorse per finanziare una manovra da circa 25 miliardi, Giorgetti e Leo sono al lavoro ma il quadro chiaro arriverà con il Documento Programmatico di bilancio, che traccerà il perimetro entro il quale di inscrive la legge di Bilancio.
Non bisognerà attendere molto. La data è quella del 15 ottobre, termine entro il quale il Documento programmatico di bilancio (Dpb), con l’indicazione delle principali misure della manovra e l’indicazione dei loro effetti finanziari, dovrà essere inviato da Bruxelles. Secondo la tabella di marcia indicata da Giorgetti, sul tavolo del Consiglio dei ministri il documento dovrebbe arrivare solo domani, e non oggi come era stato ventilato. Sarà un via libera in extremis: si parla, addirittura, della serata di domani, dopo le comunicazioni della premier in vista del Consiglio europeo. La scorsa settimana si era ventilato di un approdo del Dpb oggi ma, evidentemente, c’è ancora lavoro da fare e si intende sfruttare tutto il tempo a disposizione. Poi, c’è la data ufficiale del 20 ottobre per l’invio della manovra in Parlamento, dove quest’anno l’iter partirà dalla Camera.
In un quadro ancora fluido, ci sono dei punti fermi, che sono quelli scritti del Piano Strutturale di bilancio di medio termine e al centro della risoluzione della maggioranza votata la settimana scorsa dal Parlamento: si tratta del taglio del cuneo – per renderlo strutturale -, dell’Irpef sui redditi bassi e le misure per la natalità, il cui valore si attesta sui 13 miliardi. Il ventaglio potrebbe ampliarsi con le misure sulla casa, detrazione e piano casa. Ma, appunto, il condizionale è d’obbligo. Dai numeri e dal gettito del concordato preventivo biennale dipende il destino anche dell’altra misura in via di trasformazione strutturale, cioè l’Irpef a tre aliquote: la sua replica è certa e costa circa 4,3 miliardi, ma in lista rimane anche l’ipotesi di un abbassamento, dal 35% al 33%, della seconda aliquota che chiederebbe altri 2,5 miliardi di coperture.
La caccia alle risorse è aperta e, nello sforzo di reperirle, bisognerà anche contenere l’assalto alla diligenza dei partiti. Sul tavolo, ci sono i 9 miliardi in deficit, il potenziale miliardo proveniente dal taglio delle tax expenditures, e quello analogo con il riallineamento delle accise ( che, ha assicurato Giorgetti, «sarà molto graduale e non percettibile», mentre saranno salvaguardati gli autotrasportatori), 2 miliardi dalla spending review. Giorgetti interverrà sicuramente sulla leva dei tagli ai ministeri, fatta eccezione per la sanità, e agli enti locali. In audizione, il titolare del Mef ha parlato di tagli significativi che richiederanno alle amministrazionio un maggior impegno in termini di efficienza e produttività. Ci sono i ‘sacrifici’ richiesti alle banche e alle grandi imprese come quelle della difesa. Si tratta di quel contributo straordinario che verrebbe chiesto a chi ha realizzato molti utili grazie alla congiuntura. Un intervento potrebbe essere quello di un’addizionale Ires.