Terni e Como, i quartieri si schierano sul nuovo stadio

Lo stadio di Terni
IN SINTESI
“Stadi da terzo mondo. Stadi da rimodernare”. Oltre ai ristoranti, le recensioni negative si trovano online anche sugli impianti sportivi. Strutture vecchie un po’ in tutta Italia, con poche eccezioni, alla prova degli interventi di restyling sia per rientrare nella lista di candidati per le gare degli Europei 2032 sia per contribuire alla rigenerazione urbana dei quartieri delle città dove si trovano. Dopo aver sviscerato i progetti in corso nelle città di provincia, in questa nuova puntata guardiamo più da vicino qual è la situazione di Terni, Como e Venezia, che avevamo definito casi più problematici, anche grazie alla posizione dei comitati attivi sul territorio.
A Terni è scontro politico e civico
Partendo dal nuovo Libero Liberati del Comune umbro, dove la nuova proprietà Villa Claudia dell’imprenditore medico Gian Luigi Rizzo vuole realizzare la propria clinica privata nel nuovo stadio e un’ampia area commerciale, le ultime settimane sono state a dir poco concitate sul fronte politico e civico. Anzitutto, si è consumato uno scontro tra Regione Umbria e Comune di Terni dopo la decisione della prima di impugnare la determina dirigenziale comunale del luglio scorso per “difformità formale e sostanziale rispetto alle determinazioni vincolanti assunte in conferenza di servizi” del 2022. “Peggio di una dichiarazione di guerra verso tutta la cittadinanza, verso la tifoseria della ternana, verso la libera impresa”, l’ha definita il controverso sindaco Stefano Bandecchi. Pronta la risposta dell’avvocatura regionale che ha spiegato come la giunta “ha inteso tutelare e garantire l’organizzazione e la gestione unitaria del servizio sanitario regionale a fronte di un atto del Comune di Terni palesemente e oggettivamente viziato e illegittimo. La determina dirigenziale del Comune di Terni impugnata relativa al progetto stadio-clinica contiene informazioni, motivazioni e conclusioni contrarie a norma di legge e non veritiera”. Sia per la bocciatura della clinica dentro lo stadio in conferenza dei servizi, sia per il no arrivato quest’anno dal Tar dell’Umbria al progetto Unicusano-Ternana. “Occorre mettersi a tavolino, tra istituzioni, con la giusta serietà e competenza e andare a vedere in primo luogo se c’è ancora la volontà della Regione di venire veramente incontro alle necessità di Terni, poi individuare la strada – che c’è – da intraprendere”, ha detto l’ex sindaco di Terni Leonardo Latini, ricordando di aver sempre creduto al progetto stadio-clinica.
La polemica si è arricchita anche dello scontro tra i partiti, con Pd-M5s-Avs vicini alla posizione della Regione e Fdi favorevole al progetto ma anche speranzosa di riaprire il dialogo istituzionale. In Assemblea legislativa, però, le due mozioni delle opposizioni sono state respinte. Nel comunicato congiunto per sostenere due assessori regionali attaccati (Thomas De Luca e Francesco De Rebotti), le tre forze di sinistra hanno ricordato che oltre ai rischi sanitari, “si aggiunge il rischio gravissimo di perdere un patrimonio storico della città, lo Stadio Libero Liberati, simbolo identitario di Terni. L’attuale convenzione prevede che la clinica possa essere costruita anche se lo stadio non verrà mai completato. Il risultato? Un cantiere bloccato e uno stadio fatto a metà. Terni merita invece uno stadio rinnovato, con fondi pubblici, sostenibile e rispettoso della sua storia, come sta avvenendo a Perugia, dove l’impianto è stato ammodernato senza consegnarlo agli interessi dei privati. Lo stadio deve restare dei ternani e non diventare merce di scambio in un’operazione speculativa. Infine, questa operazione infliggerebbe l’ennesimo colpo al commercio di vicinato. Il progetto prevede 5.000 metri quadri di nuove superfici commerciali, a soli 500 metri dalle mura cittadine, drenando consumi verso un’area priva di utilità pubblica, mentre la città ha bisogno di rigenerare i quartieri e sostenere i piccoli esercizi di prossimità”.
Ma il dibattito sul nuovo stadio ternano è acceso anche sul fronte civico, con due comitati civici schierati su posizioni opposte. Da un lato, il circolo territoriale Vas Terni e Narni ha spiegato che “mentre il Comune di Perugia ha dato il via libera ai lavori di ristrutturazione dello stadio comunale Renato Curi, il Comune di Terni ha preso la decisione di abbattere lo stadio comunale Libero Liberati al fine di sostituirlo con un nuovo stadio che, più che stadio, andrebbe definito un mega centro commerciale dato che esso avrà al suo interno un’area commerciale di quasi 6 mila metri quadrati”. E che la casa rossoverde “rimane uno stadio di grande qualità per quello che riguarda la progettazione e l’aspetto architettonico tanto da essere considerato, quando è stato inaugurato nel 1969, uno dei migliori stadi in Italia di media capienza”. Secondo il comitato, che sostiene la ristrutturazione e non la demolizione e ricostruzione dell’impianto, “per molti progetti che riguardano i nuovi stadi si celano spesso manovre speculative che non vengono alla luce offuscate dalla passione calcistica dei tifosi”. Infine, “lo stadio Liberati è un bene dell’intera collettività ed è strettamente legato alla storia della città e della Ternana Calcio” anche perché “si deve ricordare la presenza di murales dipinti nel 1975 dalla Brigata Pablo Neruda che era composta da esuli cileni, fuggiti dal Cile devastato dalla dittatura di Pinochet e ospitati a Terni”.
Dall’altro lato c’è, invece, Fare per Terni che sostiene lo stadio-clinica. “Tutte le opere, incluse quelle pubbliche come lo stadio e le urbanizzazioni (che resteranno patrimonio del Comune e quindi dei cittadini di Terni) sono interamente a carico del privato, così come l’intero rischio imprenditoriale, senza alcun peso per le casse pubbliche né per i cittadini”, spiegano in una nota, ricordando di aver raccolto anche 18mila firme. La prima data utile per il giudizio cautelare potrebbe essere martedì 18 novembre, nel frattempo il nuovo stadio della Ternana rimane più che divisivo.
A Como i residenti temono lo stravolgimento architettonico
Non meno delicata è la situazione di Como, dove si continua a dibattere (da mesi e non solo con le voci di archistar e intellettuali) sul progetto dello studio Populous del restyling del Giuseppe Sinigaglia. Mirella Quattrone del Comitato tutela zona stadio (nato ad aprile per “tutelare l’area da interventi troppo invasivi”) spiega a Diario Diac che “non siamo contro il rifacimento dello stadio ma la zona è particolarmente caratteristica dato che ospita il condominio Novocomum dell’Architetto Giuseppe Terragni”, ma anche il monumento ai Caduti e la casa Giuliani-Frigerio. “Lo stesso stadio ha un’impronta razionalista e tutte queste opere attirano continuamente tanti interessati”, dice Quattrone. “Il nuovo stadio avrebbe un’altezza di 24 metri e una lunghezza di 15m, impattando su tutta la zona e creando una bruttura per il panorama. E queste dimensioni sono determinate solo da una richiesta commerciale poiché nel progetto non c’è nulla per lo sport e per i cittadini, malgrado lo stadio sia comunale, mentre si privilegia la realizzazione di negozi e un albergo a cinque stelle”. Dopo i rilievi della Sovrintendenza, ricorda, “l’unica mossa della società è stata ridurre la capienza di mille posti pur di salvaguardare i nuovi esercizi”.
A livello economico, poi, “la zona non ha parcheggi e non sono previsti dal progetto. In termini di viabilità, la pedonalizzazione danneggerebbe le altre strutture presenti lungolago”. Ma dal progetto di massima non emergono altri dettagli né su piste ciclabili né su altre attività che non siano commerciali. “L’unico parcheggio previsto da 400 posti andrebbe a incombere su un parco che è un vero polmone verde, il cosiddetto Pulesin”. Tanto che i residenti si sono già opposti anche se il Comune ha addirittura puntato a chiudere la scuola elementare Corridoni di via Sinigaglia per realizzare un altro autosilo.
Per non parlare della polemica sulla richiesta di dare in concessione al club lo stadio per 99 anni, gratuitamente. Ad oggi, conclude Mirella Quattrone denunciando l’assenza di confronto e il mancato accesso agli atti, “non c’è ancora il verbale di chiusura della conferenza preliminare dei servizi”.
Il sì dei veneziani al Bosco dello sport
Chiudiamo con Venezia, dove a fine ottobre è stata posata la prima pietra del nuovo stadio arancioneroverde a Tessera, vicino l’aeroporto. L’impianto farà parte del Bosco dello sport ed è stato progettato dagli studi Maffeis Engineering e Populous, su incarico del gruppo Costruzioni Bordignon, Fincantieri Infrastrutture e Ranzato Impianti. Interpellati da Diac, alcuni membri del comitato pro stadio e arena hanno spiegato che il nuovo stadio “è atteso dagli anni Sessanta ma è stato sempre rimandato dalla politica”. Adesso, “questa duplice opera palazzetto-stadio voluta da un sindaco imprenditore porta Venezia verso un alto livello sportivo di impiantistica moderna, capace di poter ospitare svariati eventi quali calcio, rugby, pallavolo, basket e tennis. Non che eventi e concerti”. Ricadute economiche evidentemente importanti, insomma. Ma anche costi notevoli per oltre 300 milioni: 95 a carico dello Stato e 224 a carico del Comune di Venezia, di cui 65 a debito. Come sono tornati a ricordare i partiti d’opposizione ad aprile in occasione della presentazione del progetto.
Oltre le divisioni politiche, sui nuovi stadi si schierano i cittadini dei quartieri coinvolti. Che non sempre finiscono per accettare in toto interventi di ristrutturazione o ricostruzione. L’amore per il calcio e il benessere urbano possono andare a braccetto.