IL RAPPORTO ISTAT
Sulla competitività dell’industria italiana pesano i dazi di Trump
I quattro settori che presentano la migliore bilancia commerciale rischiano ora di pagare il prezzo più alto della politica commerciale protezionista degli Stati Uniti. Sono la meccanica (10,8 miliardi di surplus commerciale), l’alimentare-bevande-tabacco (oltre 7 miliardi di euro), il tessile-abbigliamento-pelli (oltre 5 miliardi di euro) e i mezzi di trasporto (6,1 miliardi di cui 3,5 nel solo comparto degli autoveicoli). La recessione tedesca è costata 0,2 punti di Pil nel 2023 e altrettanto nel 2024.
Due decimi di Pil persi a causa della recessione tedesca in ciascun anno del biennio 2023-2024 e l’ampio avanzo commerciale italiano verso il mercato Usa dovuto a quattro grandi comparti manifatturieri che rischiano di risultare le principali vittime della politica commerciale protezionistica di Donald Trump: la meccanica (10,8 miliardi), l’alimentare-bevande-tabacco (oltre 7 miliardi di euro), il tessile-abbigliamento-pelli (oltre 5 miliardi di euro) e i mezzi di trasporto (6,1 miliardi di cui 3,5 nel solo comparto degli autoveicoli). Sono questi i principali motivi di preoccupazione per l’economia e per l’industria italiana nel 2025. Li evidenzia la tredicesima edizione del Rapporto sulla competitività dei settori produttivi dell’Istat che è dedicata all’analisi del posizionamento internazionale e della vulnerabilità del sistema produttivo italiano (settori, imprese, filiere di produzione) a fronte degli shock e delle complesse trasformazioni in atto nella domanda e offerta mondiale.
Anzitutto, i dati e le tendenze più significativi della profonda trasformazione che sta subendo il commercio internazionale e il posizionamento debole dell’Unione europea rispetto a Cina e Stati Uniti.
- Nel 2024 il commercio mondiale in volume ha segnato una decisa accelerazione (+3,4 per cento secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, da +0,8 per cento del 2023). Il contributo più rilevante è stato fornito dall’Asia (inclusa la Cina); l’Europa, nel complesso, ha continuato nel 2024 a fornire un contributo negativo, penalizzata dalla guerra in Ucraina e dalla debolezza dell’economia tedesca.
- Gli orientamenti protezionistici della politica commerciale statunitense dovrebbero penalizzare la crescita del commercio mondiale nel breve e medio termine e distorcere gli scambi internazionali, anche alla luce del peso economico degli Stati Uniti e dell’interconnessione delle catene del valore mondiali.
- Tali misure colpirebbero soprattutto l’UE, che nel 2023 presentava un grado di apertura commerciale quasi quattro volte superiore a quello degli Stati Uniti, in crescita negli ultimi decenni anche a causa del persistere di barriere non tariffarie agli scambi interni al mercato unico europeo.
- Sul futuro dinamismo del commercio mondiale pesa anche il fatto che questi fattori, insieme al ruolo crescente degli scambi di servizi (che strutturalmente attivano meno scambi rispetto ai beni), hanno determinato una riduzione dell’elasticità del commercio alla crescita mondiale.
- Rispetto al 2019, nel 2023 le esportazioni italiane in valore sono significativamente aumentate soprattutto verso degli Stati Uniti (+47,5 per cento) e la Cina (+47,8 per cento); nel 2024 si è invece registrata una flessione (-3,6 e -20,0 per cento; -5,0 per cento verso la Germania).
- Nel 2024, l’esposizione dell’Italia verso gli Stati Uniti (oltre il 10 per cento) era simile a quella della Germania e superiore a quella di Francia e Spagna, mentre minore risultava l’esposizione verso la Cina (2,4 per cento, contro il 5,8 per cento della Germania).
- Nel 2024, l’Italia ha registrato un ampio avanzo commerciale verso il mercato americano, principalmente determinato da quattro grandi comparti manifatturieri: Meccanica (10,8 miliardi), Alimentare-bevande-tabacco (oltre 7 miliardi di euro), Tessile-abbigliamento-pelli (oltre 5 miliardi di euro) e Mezzi di trasporto (6,1 miliardi di cui 3,5 nel solo comparto degli autoveicoli).
- L’export in valore di beni italiani negli Stati Uniti è principalmente costituito da vendite di prodotti farmaceutici, autoveicoli, navi e imbarcazioni, macchinari; tra i principali gruppi di prodotti, figurano anche le vendite di bevande (vini), articoli di abbigliamento e mobili.
- In una prospettiva di lungo periodo, tra il 2007 e il 2019 la Cina ha sostituito gli Stati Uniti al centro della rete di scambi mondiali, in un contesto di progressiva polarizzazione delle relazioni commerciali attorno a questi due paesi. Ciò ha comportato una relativa marginalizzazione delle economie europee, che hanno visto indebolirsi i legami con i paesi dell’area del Pacifico (entrati stabilmente nell’orbita cinese) e confermare una sostanziale accentuazione della regionalizzazione degli scambi. Secondo un indicatore di vulnerabilità che sintetizza il grado di dipendenza e di concentrazione delle importazioni di input intermedi di un paese, l’Italia risulta più vulnerabile alle forniture dall’estero rispetto a Germania, Cina e Stati Uniti. Il divario con la Germania è andato diminuendo negli ultimi anni, a causa di un progressivo aumento della dipendenza tedesca dall’estero.
- I risultati di un esercizio di simulazione, condotto utilizzando il modello macroeconometrico dell’Istat MEMo-It, quantifica in due decimi di punto l’impatto della contrazione economica della Germania sulla crescita del Pil italiano sia nel 2023 sia nel 2024.
“Per l’Italia –spiega l’analisi – questi cambiamenti rivestono una importanza considerevole, perché negli ultimi quindici anni la crescita del nostro sistema produttivo è stata sostenuta prevalentemente dalla domanda estera, a fronte di una domanda interna debole o stagnante. Negli ultimi anni, in particolare, l’Italia ha orientato i propri flussi di export verso i mercati extra-UE, soprattutto quello statunitense. Nel Rapporto si dà ampio rilievo a queste dinamiche: nel 2024 l’Italia era il quarto paese UE più esposto sui mercati extra europei (dopo Cipro, Irlanda e Malta), destinando quasi la metà del valore delle proprie esportazioni al di fuori dell’Unione europea e il dieci per cento negli Stati Uniti. In particolare, nel periodo 2019-2024 il mercato statunitense ha continuato ad accrescere il proprio peso sulle esportazioni di pressoché tutti i settori manifatturieri italiani, confermandosi prevalente negli Altri mezzi di trasporto, nella Farmaceutica e nelle Bevande e diventando il primo mercato di sbocco per i Macchinari (al posto della Germania). Ciò ha contribuito a generare un elevato surplus commerciale nei confronti degli Stati Uniti (circa 35 miliardi di euro nel 2024) che, congiuntamente a quello registrato dalla Germania (pari a oltre 85 miliardi di euro), rappresenta circa il 70 per cento dell’intero avanzo commerciale dell’UE verso tale paese”. A seguito di questi avvenimenti, “i fattori che hanno guidato la progressiva integrazione commerciale dell’Italia nella rete degli scambi mondiali possono divenire elementi di vulnerabilità”. La presenza di ampi surplus commerciali e l’esposizione alla domanda di pochi paesi, insieme all’esigenza di ricorrere all’offerta estera per soddisfare il fabbisogno di input intermedi dei processi produttivi, hanno alimentato preoccupazioni circa la tenuta competitiva del nostro sistema produttivo nelle mutate condizioni commerciali mondiali.