L’inchiesta sull’urbanistica
A Milano scontro Riesame-Pm, sulla separazione delle carriere è benzina
L’inchiesta milanese sull’urbanistica è stata investita dallo scontro tra Procura e Tribunale del Riesame, che ha smontato le accuse dei pm nei confronti dei sei principali indagati. Non sussiste il patto corruttivo, scrive il Riesame. Intanto, l’inchiesta si presta a opposte chiavi di lettura sulla necessità o meno di separazione delle carriere dei magistrati, la cui riforma ha tagliato il traguardo della terza lettura alla Camera.
Le nuove forti scosse di questi giorni del terremoto provocato, nel luglio scorso, dall’inchiesta milanese sull’urbanistica arrivano, per una singolare coincidenza, nel cruciale frangente in cui la riforma sulla separazione della carriere, portata avanti con strenua pervicacia del Governo Meloni, taglia un altro traguardo, quello dell’approvazione in terza lettura alla Camera – avvenuto ieri con 243 voti favorevoli e 109 contrari , con tanto di vagare in Aula- e si accinge ora ad affrontare il quarto passaggio al Senato per il via libera definitivo. In questo quadro, gli ultimi sviluppi dell’inchiesta milanese, alla luce della pubblicazione delle motivazioni con le quali il Tribunale del Riesame ha deciso la revoca degli arresti domiciliari e la scarcerazione dei principali indagati – smontando le tesi dei pm accolte poi dal gip – diventano un caso emblematico che comprova, per i sostenitori della riforma, la necessità della separazione delle carriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante, e, di contro, l’inutilità, per gli oppositori, in primis l’Associazione Nazionale Magistrati, di questa riforma dal momento che questa separazione già c’è nei fatti.
Ma, al di là di queste interpretazioni e chiavi di lettura delle opposte fazioni, quello che è evidente è il carico di tensione che questa inchiesta ha suscitato e che non accenna ad allentarsi. Questi, in sintesi, gli ultimi sviluppi. L’accusa mossa dai pm, riconosciuta dal giudice per le indagini preliminari, è di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio per tutti gli indagati: l’imprenditore Andrea Bezziccheri, il ceo e founder di Coima Manfredi Catella, l’ex assessore all’urbanistica del Comune di Milano Giancarlo Tancredi, l’ex presidente e componente della commissione Paesaggio, rispettivamente Giuseppe Marinoni e Alessandro Scandurra, e il costruttore Federico Pella. La misura cautelare è stata convalidata dal gip per le ipotesi di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio nei confronti di tutti gli indagati; di false dichiarazioni su qualità personali nei confronti di Marinoni, Scandurra e Tancredi; di induzione indebita a dare o promettere utilità per Tancredi, Marinoni e Catella. Non stati riscontrati gravi indizi di colpevolezza per tre episodi di presunta corruzione contestati a Marinoni e, in particolare, per quello che coinvolge, secondo la Procura, il sindaco Giuseppe Sala. Il carcere viene disposto solo per l’imprenditore Andrea Bezziccheri mentre ai domiciliari vanno Catella, Tancredi, Marinoni Pella. Poi, come è noto, arriva, ad agosto, la decisioni del Tribunale del Riesame che accoglie le richieste di annullamento delle misure cautelari. Grande l’attesa per le motivazioni della decisione, rese note negli ultimi giorni. Per i giudici del Riesame, non c’è prova negli atti, e nemmeno nelle chat, del “patto corruttivo”. Non basta che un architetto, anche funzionario pubblico nella Commissione paesaggio, abbia incassato “in presunto conflitto di interessi” soldi per incarichi dalle imprese per dimostrare che sia stato corrotto per pareri favorevoli su progetti immobiliari. Quella dei pm, e di conseguenza quella del gip che ha riconosciuto gran parte delle accuse, è stata una “semplificazione argomentativa svilente”.
Parole che pesano come pietre e che rinfocolano polemiche mai sopite, viste le reazioni che si sono levate dal fronte della politica. Ma il punto è che non finisce qui. La Procura, con l’aggiunta Tiziana Siciliano e i pm Petruzzella, Filippini e Clerici, è pronta a ricorrere in Cassazione. Ieri poi il gip, Mattia Fiorentini, ha scritto che le decisioni del Tribunale del Riesame “non sono condivisibili” ma ad esse si deve attenere. Affermazioni contenute nel provvedimento con cui il gip ha revocato per Giovanni Oggioni, ex dirigente comunale ed ex numero due della Commissione finito ai domiciliari a marzo per corruzione, falso e depistaggio, la “misura cautelare coercitiva del divieto di dimora” nel capoluogo lombardo, che gli era rimasta. Il gip, dunque, segnala che, “pur permanendo le esigenze cautelari” a carico di Oggioni del “pericolo di reiterazione criminosa” – che “come più volte ribadito, prescinde dal ruolo formalmente ricoperto dall’ex pubblico ufficiale, che può perpetuare le condotte delittuose tramite terzi” – le ordinanze del Riesame gli “impongono” di applicare, in sostanza, solo un’interdittiva. Come si è detto sull’inchiesta milanese, incombe ora la pronuncia della Cassazione. Altre incognite, altra incertezza per una città, colpita al cuore e scossa nel profondo da questa inchiesta e che vede il suo modello in profonda crisi.