GROWTH MAP
Sace: all’Italia SERVONO 15mld in più all’anno per innovarsi
Il gruppo guidato dall’ad Alessandra Ricci ha individuato 100 miliardi di opportunità per la crescita delle imprese italiane nel 2025: Siamo “leader nell’export, ma può lavorare su una maggior diversificazione, che passa attraverso i mercati Gate e in questa direzione l’azione di sistema è fondamentale per fare da apripista. L’Italia non è ancora leader nell’innovazione, ma sta crescendo in questo ambito, la finanza svolge un ruolo cruciale”.
IN SINTESI
In Italia c’è bisogno di 15 miliardi di investimenti aggiuntivi annui in innovazione per colmare il gap che il nostro paese ha rispetto all’area dell’euro per pareggiare l’intensità innovativa del Paese. L’allarme lanciato dal gruppo Sace è chiaro: nell’area dell’euro le spese in ricerca e sviluppo delle imprese sono pari all’1,5% del Pil rispetto all’attuale 0,8% italiano. Oggi una impresa su tre in Italia investe in innovazione tecnologica e digitale, ma serve spingere di più per far evolvere i settori tradizionali verso settori del futuro. Ogni impresa che investe in innovazione – e rafforza la propria filiera lavorando in partnership con altre aziende – offre una spinta alla crescita del proprio fatturato di 2 punti percentuali, rispetto a chi non investe. Ergo, occorre ridurre questa distanza. Ieri, il gruppo guidato dall’ad Alessandra Ricci ha presentato la strategia di crescita lanciando la sua Growth Map per il 2025, individuando 100 miliardi di opportunità per le imprese nostrane.
“Gli investimenti in innovazione e l’export aiutano le aziende a crescere” ha commentato la stessa amministratrice delegata. Sono, insomma, due vere leve di crescita su cui puntare. “L’Italia è leader nell’export, ma può lavorare su una maggior diversificazione, che passa attraverso i mercati Gate e in questa direzione l’azione di sistema è fondamentale per fare da apripista. L’Italia non è ancora leader nell’innovazione, ma sta crescendo in questo ambito: se ci paragoniamo a chi è più avanti di noi vediamo che la finanza svolge un ruolo cruciale. E noi di Sace vogliamo essere il fulcro su cui fare leva con quello che chiamiamo effetto grow”.
Effetto che si sintetizza in: garanzie e liquidità (G); gestione e protezione dei rischi (R); nuove opportunità attraverso business matching e attività che facilitano incontro tra domanda e offerta (O); servizio worldwide accompagnando le imprese in 200 mercati al mondo (W). Guardando ai singoli settori, invece, secondo il gruppo Sace quelli dove c’è più opportunità di intervento sono quelli del tessile e abbigliamento, legno e arredo, alimentari e bevande, carta e stampa. Tra le filiere di frontiera, invece, ci sono la space & blue economy e l’economia circolare, dove l’Italia vanta un buon posizionamento. Altri 85 miliardi di opportunità riguardano invece l’export che, secondo le stime del gruppo, tornerà a crescere del 3%, dopo un biennio di continuità su livelli record di 625 miliardi di euro.
I mercati a cui deve guardare l’Italia
L’Italia, come detto, deve crescere nonostante sia già un esportatore top a livello globale, perché ha un ampio margine di diversificazione verso nuovi mercati ad alto potenziale che oggi rappresentano solo il 13% dell’export italiano. I mercati più in salute sono quelli dei Paesi Asean, ad esempio, dove le nostre esportazioni hanno registrato un incremento del 10,3%, con il Vietnam che ha visto una crescita al 25%. Ma anche l’Arabia Saudita (+28%), gli Emirati Arabi Uniti (+20%), la Serbia (+16%), il Messico e il Brasile (+8%). Mercati definiti da Sace “ad alto potenziale” per fare da apripista alle esportazioni italiane nel mondo. In gergo, Gate: Growing Ambitious Transforming Entrepreneurial, perché appunto sono delle vere e proprie porte d’accesso a nuove aree di opportunità.

Ha dichiarato Alessandro Terzulli, Chief Economist di Sace: Consultando la mappa è possibile identificare i rischi e le opportunità per il proprio business e scegliere le migliori soluzioni. Dal Medio Oriente all’America Latina, dal Far East al Continente Africano, sono 14 i mercati Gate che Sace ha identificato per fare da apripista con i propri uffici e che raggiungeranno gli 85 miliardi di export”. Solo per fare due esempi inerenti a quest’anno, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita sono tra i Paesi in testa alla classifica dell’Export Opportunity Index avendo assorbito rispettivamente 8 e 6,7 miliardi di export dall’Italia lo scorso anno. La stima di crescita è del 9,7% e del 9,4%.
Il fattore dazi
Quanto alle esportazioni nazionali, queste stanno scontando in particolar modo il rallentamento del nostro primo partner commerciale, la Germania, dove esportiamo soprattutto meccanica, automotive e chimica, fortemente integrati nelle catene del valore tedesche, cresciamo a grandi passi in mercati che stiamo approcciando solo più recentemente. Ma sulle esportazioni pesa anche il fattore dazi, tornato in primo piano con Trump alla Casa Bianca.

Su questo, la stessa Alessandra Ricci ieri ha detto che “non avranno impatto nel 2025, si vedranno dal 2026 e come Italia dobbiamo aumentare le capacità di esportazioni come numero di paesi. Non puoi mettere sotto tariffe tutto il mondo, e allora più paesi apriamo, più opportunità diamo alle aziende italiane, più saremo in grado di controbilanciare gli eventuali effetti negativi”. Sace – ha aggiunto Ricci – “punta su 14 paesi Gate, quelli dove riteniamo che il tasso di crescita dell’export sia superiore al tasso di crescita medio. Far crescere di più altri paesi che potrebbero compensare gli Stati Uniti, è lì che dovremo agire”.
Sulle polizze catastrofali “molti benefici per le imprese, troppo focus su obbligo”
Ci sono molti benefici per le piccole imprese italiane nella stipula di polizze contro i rischi catastrofali, ha invece commentato l’amministratrice delegata di Sace sulla riforma che prevede l’obbligo a contrarre per le compagnie di assicurativa e penalizzazioni per le imprese non agricole che non provvederanno. La settimana scorsa è stato pubblicato il decreto Mef-Mimit che fa partire operativamente l’obbligo dal prossimo mese di aprile. La platea potenziale è di 3 milioni di imprese e Ricci si è detta “fiduciosa” sul tasso di adesione dei prossimi mesi.
“Stipulare una polizza non è così complicato”. Sace, ha detto “si è mossa per tempo per fare capire i vantaggi, c’è stata troppa attenzione sul tema dell’obbligo: il costo della nostra polizza di base danni e’ di 200 euro l’anno per le pmi e copre una perdita fino a 200mila euro”. Il vantaggio di essere assicurata per una Pmi è evidente anche nella relazione con la propria banca. “I modelli di rischio che le banche pian piano adotteranno andranno a guardare se hai la copertura o meno, al di là dell’obbligatorietà. Avere la polizza ti pone all’interno delle scale di rating delle banche in una posizione migliore rispetto a non averla”.
Ancora, un secondo vantaggio dalla stipula di una polizza clima “sono i tempi di pagamento. Quanto avviene un’alluvione i tempi di indennizzo dello Stato sono molto lunghi, con assicurazione privata si restringono”. Infine, il tema dell’educazione assicurativa: “Quando paghi un premio per il rischio inizi a valutare gli investimenti che ti devono rendere più resiliente rispetto all’evento catastrofico. Qui c’è tutto il capitolo degli investimenti da fare”. Anche qui, insomma, c’è margine da colmare.