DOPO CITTA' IN SCENA AL LUMEN DI FIRENZE
Rigenerazione urbana: nuova fase, la fruibilità al centro. Viviani: oggi l’urbanistica è questa. Urban Value trasforma edifici in hub culturali.
Le tre tendenze che stanno cambiando tutto mettendo al centro la fruibilità del bene: riconoscimento dell’importanza dei contenuti (attività economiche, culturali, sociali) che vengono prodotti o trasferiti dentro il contenitore edilizio o lo spazio urbano trasformato, anche per dare durabilità all’intervento rigenerativo; necessità di far rivivere i luoghi prima ancora che sia completato l’intervento di riqualificazione, utilizzando gli “usi temporanei” come strumento potentissimo per anticipare la rivitalizzazione degli edifici e degli spazi e per avvicinarli ai cittadini proprio utilizzando la leva della fruibilità; la convinzione sempre più diffusa, a livello di amministratori locali, che i progetti di rigenerazione urbana siano ormai a tutti gli effetti la leva più potente che ha oggi l’urbanistica per agire trasformazioni sul territorio.
IN SINTESI
Maria Cristina Carlini, nel suo articolo del 22 maggio sulla puntata fiorentina di Città in scena, il Festival della rigenerazione urbana organizzato da Ance e Mecenate 90, che ha presentato 19 progetti sul tema del riuso di edifici e spazi abbandonati, ha già scritto su Diario DIAC del dualismo sempre più evidente fra una politica che non riesce a decidere sulla legge per la rigenerazione urbana e i territori che producono una forte spinta su progetti ed esperienze. Ma i progetti presentati a Firenze hanno anche confermato alcune tendenze che stanno profondamente modificando i concetti e il quadro di azioni collegati alla rigenerazione urbana e stanno segnando una virata del Paese verso una nuova fase in cui la rivitalizzazione dei luoghi e la loro fruizione diventano l’obiettivo principale. Queste le tre tendenze:
- riconoscimento dell’importanza dei contenuti (attività economiche, culturali, sociali) che vengono prodotti o trasferiti dentro il contenitore edilizio o lo spazio urbano trasformato, per creare una partecipazione e per dare durabilità all’intervento rigenerativo: il software dei progetti di rigenerazione urbana è ormai decisivo almeno quanto l’hardware, essendo anche capace di coniugare il breve con il lungo periodo;
- la necessità di far rivivere i luoghi prima ancora che sia completato l’intervento di riqualificazione, utilizzando gli “usi temporanei” come strumento potentissimo per anticipare la rivitalizzazione degli edifici e degli spazi e soprattutto per avvicinarli ai cittadini proprio utilizzando la leva della fruibilità;
- la convinzione sempre più diffusa, soprattutto fra gli amministratori locali, che i progetti di rigenerazione urbana siano ormai a tutti gli effetti urbanistica, forse la leva più potente che ha oggi l’urbanistica per agire trasformazioni sul territorio.
Qui non si vuole fare un’esposizione puntuale dei 19 progetti che sarà fatta nei prossimi giorni su Diario DIAC a puntate, con una nuova serie di articoli – come già fu in passato – dedicata alle storie di Città in scena. Si prenderanno ora solo un paio di spunti dalla giornata fiorentina, mentre nei giorni prossimi faremo anche una rassegna puntuale dei contenuti innovativi presentati, in relazione al punto 1. Partiamo, invece, dal terzo punto perché la presenza di Silvia Viviani, attuale assessore all’Urbanistica di Livorno ed ex presidente dell’Istituto nazionale di urbanistica (Inu), personalità di spicco nel dibattito urbanistico nazionale, ha consentito di svolgere qualche collegamento originale fra tendenze locali a questioni nazionali.
Silvia Viviani: se la rigenerazione urbana non è urbanistica, cos’è oggi l’urbanistica?
Viviani presentava l’esperienza degli “Hungar creativi” nella sua città, progetto di cui parleremo presto su Diario DIAC. Qui riportiamo invece un breve ma importante frammento del suo intervento, in cui ha parlato dei rapporti fra rigenerazione urbana e urbanistica.
Già l’esordio del discorso di Viviani va in questa direzione. “Il grande convitato di pietra, lo abbiamo sentito in tutta questa giornata di presentazione di progetti di rigenerazione urbana, è l’urbanistica italiana. Chiamiamo pure queste attività di rigenerazione urbana, ma se non è urbanistica questa, mi dovete dire cos’è l’urbanistica nel terzo millennio e perché, mentre facciamo tutto questo, nel frattempo le amministrazioni comunali si impegnano e sprecano tanto tempo a fare un’urbanistica che ancora non ha queste capacità”.
Un’urbanistica fatta di progetti, quindi, più che di piani. Chiediamo: avrebbe fatto queste affermazioni anche da presidente dell’Inu?

“Le ho fatte e forse è anche per questo che non sono più presidente”, risponde fulminea con una battuta alla provocazione Silvia Viviani, che poi però vuole precisare la sua idea. “Per me – dice – l’urbanistica resta comunque un’importantissima pratica e un’importantissima disciplina. E, ora parlo da assessore, l’urbanistica resta una delle azioni più forti che ho a disposizione come amministratore, perché, in ogni caso, una visione di città da qualche parte l’Amministrazione la deve mettere, almeno per chiarire a tutti dove vuole andare. E dove la mette questa visione se non nel suo strumento urbanistico? Per far partecipare le persone alla discussione su dove vuole andare, ma anche per dare poi un’efficacia giuridica. Perché l’unico strumento con cui l’amministrazione alla fine regola gli utilizzi, ancorché transitori, di immobili e di aree è pur sempre l’urbanistica.
E la rigenerazione urbana cos’è?
“Anche questo ho detto quando ero Presidente del l’INU. La rigenerazione urbana è, a sua volta, uno strumento potentissimo, tanto rigoroso quanto creativo, con cui si governa anche la frammentazione, si prova cioè a integrare e si prova a gestire processi”. Concetti forti capaci anche di indirizzare un dibattito pubblico. Torneremo presto ad ascoltare Silvia Viviani.
Gli usi temporanei: la storia e i progetti di Urban Value by Ninetynine
Sul secondo punto, la diffusione degli usi temporanei, molti progetti presentati vi fanno ricorso. Ed è chiaro dalle cose dette che questa esperienza sempre più diffusa è capace di cambiare la visione stessa del progetto di riqualificazione di immobili e di aree. Questo tema è davvero nel cuore della rigenerazione/rivitalizzazione. Il racconto che più ha colpito la platea è stato quello di Alessandra Attena, project leader di Urban Value by Ninetynine, società che si occupa da dieci anni di rigenerazione urbana temporanea. Attena ha presentato il progetto di uso temporaneo dell’ex Ospedale militare di Napoli ed ex monastero del Seicento, 7.500 metri quadrati nel cuore dei Quartieri spagnoli, abbandonati da trenta anni e avuti in appalto dal Demanio per una gestione temporanea di quattro anni. Il nome dato al sito è La Santissima Community Hub. Che significa? “La Santissima non sarà solo un edificio riqualificato, ma una nuova piattaforma culturale nel cuore di Napoli, che darà spazio a eventi, mostre, performance e progetti di respiro internazionale”.

Le ragioni dell’interesse fortissimo suscitato dal racconto di Attena – anche fra gli imprenditori appartenenti al mondo delle costruzioni – sono molteplici: l’uso temporaneo consente la riapertura quasi immediata dello spazio o dell’immobile limitando all’essenziale gli interventi preliminari sulla struttura; genera valore e reddito da beni che non ne producevano dandogli sostenibilità economica; attrae investimenti e partecipazione di privati; genera indotto e occupazione “prevalentemente culturale – spiega Attena – e in misura minore di food & beverage, attività che ci consentono di vivere con l’apertura di bar e ristoranti”. Volendo fare una sintesi, si può dire che Urban Value muove ciò che era immobile, morto, abbandonato, fermo, bloccato. Lo muove avvicinando realtà che in passato non andavano certo a braccetto.
Ma sentiamo Attena raccontare la storia e la visione di Urban Value.
“Temporaneo – spiega Attena – vuol dire che noi agiamo, in genere su proprietà di pubbliche amministrazioni o di grandi proprietari immobiliari, nel tempo di transizione che va dal momento in cui cominciamo a occuparci del bene fino alla destinazione finale. Lo facciamo attraverso l’applicazione di un modello di marketing immobiliare, perché nasciamo come società di marketing, comunicazione e organizzazione di eventi che poi ha colto l’opportunità di utilizzare spazi abbandonati in disuso per creare valore”.
Valore, appunto. “Tutto quello che noi facciamo – spiega ancora Attena – è finanziato da fondi privati, quindi agiamo in maniera completamente autonoma e le risorse per la rigenerazione e la gestione degli immobili vengono recuperate attraverso l’utilizzo degli spazi stessi, quindi è un processo win win che genera valore, contrastando contemporaneamente il degrado e generando un indotto nel brevissimo termine”.
L’interesse economico ha, appunto, varie facce. “Da questi dieci anni di esperienza abbiamo constatato che le nostre attività – che non durano mai più di quattro anni – producono una notevole riduzione di costi di manutenzione degli immobili sui proprietari perché tutti gli immobili abbandonati producono costi passivi che i proprietari non sono più costretti a onorare dal momento in cui ci siamo noi dentro. Attiviamo processi che portano a dare servizi culturali e formativi, coinvolgiamo in maniera attiva la cittadinanza attraverso la creazione di reti e stimoliamo l’indotto dell’economia locale”.
Sul progetto della Santissima “abbiamo scelto – dice Attena – come strumento quello della cultura che è un motore fondamentale per i processi di rigenerazione: abbiamo scelto una rete di partner e abbiamo dato un tema a ogni piano, un piano si occupa di cinema, un piano di musica, un piano di arte. E un altro invece è destinato a spazi di comunità con uffici, start up, aziende con particolare attenzione per tutte le realtà under 35”.
“Noi crediamo che gli immobili non esistano se non sono abitati”, sintetizza Attena. “Per far questo, dobbiamo per prima cosa capire quali sono i nostri interlocutori, come costruire una rete, quali spazi dobbiamo rifunzionalizzare per metterli al servizio delle esigenze della comunità, produrre progetti. Ci occupiamo di ottenere tutti i permessi e le autorizzazioni necessari per intervenire, che in questo caso sono anche autorizzazioni della Sovrintendenza considerando che l’immobile è vincolato. Poi decidiamo eventuali partner economici: una cosa importante è la sostenibilità dei nostri progetti. Noi abbiamo la possibilità di affidare ad altri operatori gli spazi che abbiamo in concessione, in una sorta di subaffitto”.