VERSO CITTà NEL FUTURO 2030-2050
Rigenerazione e adattamento climatico: norme Ue poco coordinate
L’avvocato Natalia Bagnato (studio Ontier): l’Unione europea non ha una normativa unitaria sull’adattamento ai cambiamenti climatici nell’ottica della rigenerazione urbana, la maggior parte delle fonti normative le rinveniamo in diverse direttive e strategie. L’iniziativa dei sindaci europei: più peso alle città nella strategia per il Green Deal. In Italia manca una definizione di cosa sia rigenerazione urbana. Francesco Rutelli: nella polarizzazione fra il negazionismo della questione climatica e l’overregulation europea c’è spazio per politiche di prevenzione e rigenerazione urbana
Le città producono il 70% delle emissioni globali di CO2. Da questo dato dell’International Energy Agency, Natalia Bagnato, partner a capo del dipartimento ESG dello studio legale Ontier, parte per un’analisi delle norme europee che sovrintendono al rapporto fra adattamento climatico e rigenerazione urbana. Siamo nell’ambito della presentazione della conferenza “Città nel futuro 2030-2050” promossa da Ance e diretta da Francesco Rutelli. E Bagnato risponde proprio alla sollecitazione di Rutelli sulla polarizzazione esistente fra i negazionisti dei cambiamenti climatici e un’overregulation europea e sulla necessità di aprire spazi di strategie e politiche realistiche e razionali fra questi due estremi. La risposta ai negazionisti, dice Bagnato, sta nei dati, che ormai sono consolidati da alcuni anni e non possono non essere la base di qualunque strategia. Quanto alla overregulation, Bagnato riconosce “una grande confusione europea”, ma afferma “l’urgenza di adottare misure efficaci per adattare la città agli impatti dei cambiamenti climatici, inclusi eventi meteorologici estremi”.
In realtà, se si vuole scendere al rapporto fra adattemento ai cambiamenti climatici e rigenerazione urbana nel quadro normativo europeo, il dato eclatante è che “l’Unione europea non ha una normativa unitaria sull’adattamento ai cambiamenti climatici nell’ottica della rigenerazione urbana, la maggior parte delle fonti normative le rinveniamo in diverse direttive e strategie”.
Bagnato elenca sei di queste direttive e strategie: l’Agenda Urbana per l’UE (Pact of Amsterdam, 2016) con le linee guida per uno sviluppo urbano sostenibile; il Green Deal Europeo (2019) che promuove città più sostenibili e inclusive; i Fondi Strutturali (FESR, FSE+, JTF) con i finanziamenti per la rigenerazione urbana sostenibile; il New European Bauhaus (2020) come iniziativa per un’urbanistica più sostenibile e accessibile (nel 2025, 18 nuove iniziative del New European Bauhaus hanno ricevuto finanziamenti attraverso i programmi Connect NEB e Co-create NEB); i Piani d’azione sul Piano industriale europeo (2023) che promuove la reindustrializzazione verde nella Ue; il Net-Zero Industry Act (2023) con gli incentivi per tecnologie pulite nelle infrastrutture urbane, fondi per innovazione: sostegno alle smart cities e all’elettrificazione dei trasporti. Per non parlare – aggiunge Bagnato – del tassello dell’edilizia green con la direttiva 2024/1275, più nota in Italia come direttiva “case verdi”, che mira a ridurre il consumo e aumentare l’efficienza energetica degli edifici.
La rigenerazione urbana non è quindi un driver nella vasta, articolata e “confusa” normativa verde europea. Ora si aggiunge anche il regolamento sul ripristino della natura, il numero 2024/1991, che – dice Bagnato – avrà un forte impatto sulla rigenerazione urbana “poiché impone agli Stati membri misure per migliorare la qualità ambientale delle città e aumentarne la resilienza climatica”.
In particolare sono previste azioni specifiche per ripristinare gli ecosistemi urbani, tra cui: 1) incremento della copertura arborea urbana, con l’obbligo per gli Stati di garantire la piantumazione di almeno 10.000 alberi nelle aree urbane; 2) riqualificazione delle infrastrutture verdi con l’integrazione di parchi, tetti verdi e corridoi ecologici nella pianificazione urbana per migliorare la biodiversità e la gestione delle acque piovane; 3) tutela delle aree naturali urbane con l’incentivazione della protezione e del ripristino di zone umide, fiumi e spazi verdi all’interno delle città per migliorare la resilienza agli eventi climatici estremi; 4) riduzione dell’impermeabilizzazione del suolo che incoraggi strategie per limitare la cementificazione e aumentare la permeabilità del suolo nelle aree urbane.
Per Bagnato questo regolamento è l’occasione per creare “una maggiore integrazione tra rigenerazione urbana e adattamento climatico”, tramite l’uso di fondi Ue per finanziare progetti di forestazione urbana e infrastrutture sostenibili e un ruolo più attivo dei governi locali nella gestione ambientale delle città. “Il Regolamento UE – dice Bagnato – sul ripristino della natura obbliga le città a integrare la sostenibilità nella rigenerazione urbana, trasformandole in ambienti più resilienti e a misura d’uomo”.
A completare il quadro, non certo organico, va aggiunto che “il Piano di adattamento climatico dell’Unione Europea (2021) riconosce il ruolo centrale delle città nella risposta agli impatti del cambiamento climatico”, in quanto le aree urbane “in cui vive circa il 75% della popolazione europea, sono particolarmente esposte a ondate di calore, alluvioni improvvise, siccità e fenomeni meteo estremi”. La Ue promuove, a questo proposito, un approccio multilivello, che integra soluzioni basate sulla natura (NBS), gestione sostenibile delle risorse idriche, finanziamenti mirati alla resilienza urbana, coinvolgimento attivo delle autorità locali attraverso programmi e missioni dedicate.
Bagnato ricorda le molte iniziative dei sindaci europei, a partire dal Patto dei sindaci per il clima e l’energia del 2008 cui hanno aderito 10mila città europee per una popolazione di 800 milioni di abitanti. Gli obiettivi principali sono la riduzione delle emissioni, con l’impegno dei firmatari ad abbattere almeno del 40% le emissioni di CO₂ entro il 2030 attraverso l’implementazione di Piani d’azione per l’energia sostenibile e il clima (PAESC), l’adattamento ai cambiamenti climatici incoraggiando le città a sviluppare strategie per aumentare la resilienza ai cambiamenti climatici, l’accesso all’energia sostenibile per i cittadini, affrontando anche il tema della povertà energetica.
Ancora lo scorso anno, nel marzo 2024, a Bruxelles, 550 sindaci europei si sono riuniti “per rafforzare il ruolo delle città nell’attuazione del Green Deal europeo e lanciare un appello condiviso ai futuri leader della Ue”.