IL DISEGNO DI LEGGE DELEGA APPROVATO DAL CDM
A ogni professione il suo equo compenso, il rilancio delle società professionali, prudenza sulle competenze
Ora il Ddl va in Parlamento, poi ci saranno dodici mesi dopo l’approvazione della legge per varare i decreti legislativi attuativi della delega. Per l’equo compenso ogni Ordine professionale proporrà al ministero propri parametri per quantificarlo in relazione alle caratteristiche delle prestazioni professionali (articolo 2, lettera r). Per le società tra professionisti si punta a una riforma che corregga i deludenti risultati dei 15 anni di vigenza. La relazione spiega la prudenza con cui il governo intende affrontare il tema delle competenze: “il legislatore delegato non sarà chiamato ad attribuire nuove competenze ai professionisti ma a perimetrare le attività in base alle norme vigenti, prestando attenzione a quelle competenze condividse fra più professioni per le quali sarà necessario esperire un’attività di coordinamento fra i diversi ordini interessati”.
Il Governo manda in Parlamento il disegno di legge di riforma delle professioni che prevede una o più deleghe da esercitare entro dodici mesi dall’approvazione della legge. Parte quindi un iter che potrebbe vedere la sua conclusione fra la fine del 2026 e la prima metà del 2027, se l’esame delle due Camere sarà sufficientemente rapido. Si tratta di una legge a tutto campo, fortemente ambiziosa, che rivede in profondità tutta la sfera ordinistica, ma inserisce anche numerose norme che impattano sull’attività professionale.
La norma forse più attesa dai professionisti, il rafforzamento del principio dell’equo compenso, prevista alla lettera r dell’articolo 2, dovrà poi aspettare altri 120 giorni per l’emanazione dei relativi decreti del ministro di Giustizia. Questo criterio di delega contiene, per altro, anche la sorpresa maggiore dell’intero provvedimento: la delega dovrà “prevedere la determinazione di un equo compenso in favore del professionista, proporzionato alla quantità, qualità nonché al contenuto specifico e alle caratteristiche delle prestazioni professionali, e che sia determinato sulla base di specifici parametri stabiliti per ciascun Ordine professionale con decreto del Ministero vigilante, su proposta del Consiglio nazionale” (dalla relazione al Ddl). Quindi avremo una diversificazione dell’equo compenso in base alla professione di appartenenza. Attività simili avranno quantificazioni differenti da professione a professione. Il testo non lascia dubbi su questo aspetto con quell’aggettivo “specifici” riferito ai parametri definiti per ogni singolo Ordine professionale.
Un altro tema delicatissimo è quello delle competenze attinenti alle singole professioni, soprattutto quando le competenze sono comuni a più professioni. In generale, sul tema il governo sceglie un atteggiamento di grande prudenza, consapevole che non sia utile accendere corse alla conquista di nuove competenze o guerre fra diversi Ordini professionali. Anche qui è la relazione al Ddl a testimoniare questa prudenza: “Il legislatore delegato – si legge – non sarà chiamato ad attribuire nuove competenze ai professionisti ma a perimetrare le attività in base alle norme vigenti, prestando attenzione a quelle competenze condividse fra più professioni per le quali sarà necessario esperire un’attività di coordinamento fra i diversi ordini interessati”.
Il governo sembra puntare molto, piuttosto, sul rilancio delle società tra professionisti (STP) per modernizzare la “cassetta degli attrezzi”. E annuncia una riforma che dovrà tenere conto “dell’esperienza di quasi 15 anni di vigenza di questo istituto, intervenendo sulle problematiche che non hanno consentito un pieno sviluppo di questa possibilità di svolgimento della professione, con particolare riferimento al regime fiscale e previdenziale applicabile a tali società, al fine di renderlo coerente con i modelli societari prescelti”.