NASCE DIARIO DIAC

Politiche e progetti per i TERRITORI, innovazione e qualità della crescita al centro della nostra informazione

Il voto europeo ci ha consegnato un’Italia stabile sul piano politico ma le tensioni sullo spread Btp-Bund ci ricordano che è un’Italia sempre dipendente dai destini dell’Europa. Un’Italia alla ricerca di un futuro ancora tutto da scrivere. Al centro di questo futuro è necessario che ci sia, ma non c’è ancora, un progetto per la crescita.

18 Giu 2024 di Giorgio Santilli

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Un progetto per la crescita è fondamentale per cogliere tutte le opportunità (e non solo i rischi) che ci arrivano dalle rivoluzioni di questo secolo, i cambiamenti climatici, la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale, il declino demografico. E anche rendere sostenibile, per questa via della crescita, il debito pubblico.

Gli anni che sono seguiti al Covid ci hanno lasciato per principale insegnamento – che oggi molti faticano a vedere – che se vogliano sottrarci alla crescita dello “zero virgola” dobbiamo puntare sull’economia della trasformazione del territorio e dell’ambiente costruito. Il settore delle costruzioni ha dato spinta a un Pil finalmente in testa alla classifica europea, agli investimenti, all’occupazione. Lasciamo per oggi al “pro e contro” di Virginio Trivella e Mauro Grassi il confronto sul Superbonus e sui suoi limiti. Abbiamo un enorme patrimonio da difendere, manutenere, sviluppare, trasformare, modernizzare, valorizzare, rigenerare: il nostro territorio. Abbiamo un grande patrimonio da recuperare e riqualificare, magari da demolire e ricostruire: i nostri immobili. È la forza che può davvero unire il Paese se il Paese la smette con i litigi da pollaio. Chi governa studi e proponga soluzioni credibili, possibilmente fondate sui dati; chi fa opposizione resti ancorato alle esigenze dell’oggi, incalzi il governo senza divagare.

Diario Infrastrutture e Ambiente costruito – a me piace chiamarlo DIARIO DIAC – è un quotidiano online che nasce oggi, 18 giugno 2024, proprio dall’idea, condivisa con Lorenzo Bellicini, che la qualità della crescita farà la differenza per l’Italia nei prossimi anni. E che bisogna dare voce alla qualità della crescita, all’innovazione, alle sperimentazioni, ai tanti progetti che funzionano. Senza negare le difficoltà, i ritardi, la scarsa qualità diffusa. Vogliamo distinguere la strada buona da quella cattiva, vogliamo condividere esperienze e opinioni. È stato importante sapere che molti altri attori di questo mondo  condividono questa nostra idea.

Il Pnrr nasceva nel 2021 proprio da questa esigenza: darsi un progetto di crescita per il futuro del Paese e non è un caso che le infrastrutture e lo sviluppo territoriale ne rappresentassero e ne rappresentino una quota decisiva insieme agli obiettivi delle trasformazioni verde e digitale. Questi pilastri del Pnrr, a scanso di equivoci creati dal chiacchiriccio politico di giornata, sono priorità condivise da tutto il Paese, da Mario Draghi e dalle forze politiche che lo hanno sostenuto, prima fra tutte il Pd, e da Giorgia Meloni e Raffaele Fitto che il Pnrr lo hanno riscritto, con una operazione la cui efficace valuteremo, ma certamente non intaccandone questi tre pilastri e semmai aggiungendoci il quarto pilastro dell’energia senza il quale il progetto per il futuro e le riforme necessarie per sostenerlo non marciano.

Invocare, costruire, eseguire e monitorare un progetto di sviluppo significa in Italia anche liberarlo di ostacoli e lacci, di schizofrenie programmatiche, di instabilità normative, di quella che Ennio Cascetta chiama la “sindrome di Penelope”, per darsi invece piani lunghi e il più possibile condivisi, procedure semplici capaci di resistere nel tempo. È il requisito essenziale che oggi si chiede a una politica seria. Le imprese e i professionisti, il tessuto economico italiano, sono pronte a fare la propria parte per contribuire a un progetto stabile e di lungo periodo. Possibilmente condivisi. Ascolteremo oggi le considerazioni della presidente dell’Ance, Federica Brancaccio, nella sua assemblea annuale.

Non vogliamo fare un giornale di nicchia – “verticale”, come si dice in gergo giornalistico – ma un giornale che segua i fatti di un perimetro ampio di temi interconnessi, che ospiti opinioni, analisi fondate sui numeri (che troppo spesso mancano nei ministeri) e che dedichi la massima attenzione alla politica e alle politiche del territorio, in ambito nazionale e locale.

Da troppo tempo in Italia mancano politiche nazionali per la casa, per le città, per la rigenerazione urbana, per i servizi infrastrutturali, per i trasporti e la logistica, per la difesa del patrimonio idro-geologico, solo per citare alcune delle priorità dimenticate. Tutte politiche da rifondare rigettando l’idea di ulteriori spezzatini decisionali di cui l’Italia non ha bisogno. E anche sul tema delle infrastrutture generatrici di sviluppo, sempre attuale politicamente, pensare di continuare con la politica del “piano scaccia piano” non serve a nessuno, men che meno alle imprese che hanno bisogno di stabilità  e di certezze per programmare il loro sviluppo dopo gli anni bui e quelli della crescita improvvisa.

L’attualità ci offre già molti spunti per scrivere, ragionare, dibattere. Tiene banco il decreto legge salva-casa del ministro Salvini. Luci e ombre, è stato detto da molti: troppe tentazioni di condono, troppe rigidità ancora dove si poteva osare con maggiore flessibilità. Vedremo il Parlamento quale strada prenderà.

Se vogliamo applicare il nostro metro del lungo periodo, il decreto va valutato per la stagione che apre: se punta a sostituire l’edilizia della riqualificazione energetica con l’edilizia dei rattoppi sarà un motore di contraddizioni destinato a impantanarsi presto; se sarà il primo passaggio di un disegno riformatore che porta a una politica della casa e alla semplificazione dell’edilizia privata avrà successo. C’è un’Italia che difende la rendita e c’è un’Italia che vuole crescere a suon di investimenti: questa è la vera partita in corso, nascosta dietro quel decreto. Attraversa il Paese, quello dei proprietari immobiliari, come quello del tessuto economico.

Noi stiamo con l’Italia che investe, che pensa alla digitalizzazione, alla riqualificazione energetica, alla sostenibilità ambientale come a straordinarie occasioni di modernizzazione e di crescita della competitività del Paese e delle sue infrastrutture materiali e immateriali.

Ci mettiamo al lavoro con quella voglia di fare, ascoltare e proporre che non ci è mai mancata, nella speranza che la buona informazione vinca la sua battaglia in un momento delicatissimo e decisivo dove la posta in palio è accrescere gli strumenti di conoscenza, di democrazia e di partecipazione, dove la partita dei dati è soprattutto la partita di saperli leggere e di saper formare lavoratori e cittadini a leggerli e usarli.

Serve più che mai ora alimentare una rete di intelligenze e di competenze che hanno intenzione di incidere nel reale di oggi e in quello di domani, al servizio di un Paese che non vuole restare a guardare il proprio declino.

 

 

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