LE AUDIZIONI AL SENATO
Pochi fondi, centri storici, governance: testo sulla rigenerazione urbana da correggere
Per Ance vanno meglio definite le competenze di Stato, Regioni e Comuni e vanno salvate le legge regionali che introducono semplificazioni “Bene il fondo unico, ma ci sono solo 3.350 milioni per il periodo 2024-2037”. Anci sottolinea invece che la disciplina sui centri storici “non favorisce il recupero e la rigenerazione di quegli ambiti che invece più necessiterebbero di tali interventi edilizi”. Per il Consiglio nazionale degli architetti “la rigenerazione non è solo ristrutturazione edilizia, sostenere maggiormente gli interventi sociali, culturali ed economici”.

Roberto Rosso, Forza Italia, relatore della legge sulla rigenerazione urbana al Senato

Altro giro di audizioni, ristrette a pochi, ma stavolta si fa sul serio e l’oggetto delle relazioni va dritto al testo unificato della legge sulla rigenerazione urbana presentata dal relatore al Senato, il forzista Roberto Rosso. Il 15 ottobre è il termine per la presentazione degli emendamenti. L’impressione che arriva dalle parole delle prime tre importanti organizzazioni che hanno sfilato in ottava commissione (Consiglio nazionale degli architetti, Ance e Anci) è che le scelte fatte da Rosso per sintetizzare le otto proposte di legge presentate da maggioranza e opposizione si tirino dietro parecchie critiche nel merito, dopo il primo e generalizzato atto di consenso dovuto al fatto che finalmente si fa sul serio.
Bisognerà leggere i rilievi articolo per articolo, ma le prime linee sono piuttosto chiare. I costruttori dell’Ance apprezzano lo sforzo e anche molte parti del testo, ma denunciano una governance confusa, con una ripartizione di competenze fra Stato, Regioni e comuni niente affatto chiara e suscettibile di non reggere al confronto con la Costituzione. Ancora, l’assoluta insufficienza delle risorse previste per il pur encomiabile fondo nazionale pluriennale per la rigenerazione urbana (ci sono 3.350 milioni dal 2024 al 2037); la necessità, non sufficientemente affermata, di salvaguardare le leggi regionali che un bel pezzo di semplificazione e incentivazione l’hanno già fatta; la necessità di riservare alle proposte dei privati un trattamento incentivante, da corsia preferenziale, a partire dalla possibilità di inserirle nella programmazione comunale. Non mancano gli apprezzamenti, soprattutto sul catalogo degli incentivi fiscali che ricalcano perfettamente la ricetta proposta dall’associazione dei costruttori.
Ben più tranchant la critica dei sindaci. La disciplina sui centri storici inserita nel testo unificato – dice l’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) – “non pare favorire il recupero e la rigenerazione di quegli ambiti che invece più necessiterebbero di tali interventi edilizi”. All’Anci non vanno giù le disposizioni che “sembrano ridurre gli spazi di autonomia dei comuni con una governance complicata in cui gli investimenti di rigenerazione dei comuni seguirebbero la programmazione regionale, con inevitabili inefficienze e ritardi”. Come si vede, totale sintonia con i costruttori e non è un capitolo marginale della legge. Bisognerà, probabilmente, ricominciare da capo.
L’Anci chiede “correttivi utili all’individuazione di regole più semplici ed efficaci per la realizzazione di investimenti sui territori in grado di valorizzare il concetto vero di rigenerazione urbana, quello legato alla trasformazione di genere degli immobili per lo sviluppo sociale e sostenibile all’interno di aree già urbanizzate”.
Anche gli architetti ci vanno giù duro e pure qui si parte dalle origini. “E’ assolutamente positivo – dice il presidente del Cnappc, Massimo Crusi – che il tema della rigenerazione urbana sia tornato al centro dell’Agenda politica e che ci si avvii verso la predisposizione di un testo unificato, ma è fondamentale che esso recepisca il principio che la rigenerazione urbana non è solo ristrutturazione edilizia, ma riguarda, invece, molteplici aspetti – sociali, culturali, economici – volti a migliorare la vita dei cittadini e delle comunità”. Non proprio un’obiezione di poco conto: come dire che la strada imboccata non è quella giusta per completare il passaggio dalla riqualificazione fisica alla rigenerazione ad ampio spettro.