LA VALUTAZIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA

La Ue BOCCIA l’Italia sul Pniec: “Su edifici e trasporti non è ancora abbastanza, accelerare il taglio delle emissioni”

Nelle raccomandazioni finali sul Piano integrato energia e clima, si legge che occorrerà imprimere una svolta sul monitoraggio delle emissioni incluse nell’Effort Sharing Regulation, sulla decarbonizzazione nel settore forestale, di implementare l’uscita dai sussidi per i combustibili fossili, puntando sulle rinnovabili e bilanciando il ricorso ad altre soluzioni per la transizione verde come i biocarburanti e la cattura e stoccaggio di carbonio. In generale, invece, l’Ue si sta avvicinando collettivamente a una riduzione del 55% delle emissioni di gas serra e sta raggiungendo il 42,5% di energia rinnovabile.

28 Mag 2025 di Mauro Giansante

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La Ue BOCCIA l’Italia sul Pniec: “Su edifici e trasporti non è ancora abbastanza, accelerare il taglio delle emissioni”

Voce dell’avverbio parzialmente. Quello utilizzato pressoché sotto ogni capitolo del Pniec italiano, il piano nazionale integrato energia e clima inviato la scorsa estate nella versione definitiva a Bruxelles. Ieri, infatti, la Commissione europea ha emesso i propri giudizi su tutti i documenti sin qui pervenuti a Palazzo Berlaymont (mancano ancora Belgio, Estonia e Polonia) sancendo in linea generale buoni progressi per gli Stati membri verso il Fit for 55 del 2030. Per il nostro Paese, invece, la pagella è solo in parte positiva perché nelle raccomandazioni finali il messaggio, come detto indirizzato a tutti i settori, è chiaro: più misure specifiche, più target, maggiore monitoraggio. Sotto la lente d’ingrandimento, prima di tutti, ci sono i trasporti, gli edifici e i sussidi ai combustibili fossili.

I tasti dolenti italiani

Nel dettaglio, si legge nel documento, quanto ai settori dell’Effort Sharing Regulation gli edifici ancora sono lontani dalla decarbonizzazione. Bruxelles chiede esplicitamente di “accelerare il ritmo di ristrutturazione degli edifici residenziali con le prestazioni peggiori e di quelli delle famiglie vulnerabili. Promuovere ulteriormente l’elettrificazione del riscaldamento e l’impiego di pompe di calore, affrontando il problema dello squilibrio nel rapporto tra prezzo dell’elettricità e prezzo del gas”.

Quanto ai trasporti, l’Italia deve risolvere “il problema delle emissioni dei trasporti attraverso un quadro favorevole alla diffusione dei veicoli elettrici, in linea con l’obiettivo ambizioso” del Pniec. Serve dunque l’adozione di “incentivi fiscali stabili, come la tassazione delle auto di proprietà e delle auto aziendali basata sulla CO2”. Il rilevo è legato allo sforzo significativo che l’Italia è chiamata a fare per ridurre il calo delle emissioni nei settori coperti dal regolamento sulla condivisione degli sforzi che si applica per i settori non coinvolti nel sistema di scambio delle emissioni (attalmente trasporti, agricoltura, edilizia e gestione dei rifiuti). Il Pniec, sostiene la Commissione, denota informazioni insufficienti su come l’Italia lavorerà per raggiungere entro il 2030 l’obiettivo di ridurre del 43,7% le emissioni in questi settori rispetto ai livelli del 2005. Nella sua versione definitiva il piano nazionale dell’Italia mostra un miglioramento rispetto alla bozza che Roma ha dovuto presentare entro il 30 giugno 2023. Il testo tuttavia dimostra che con le politiche attuali l’Italia raggiungerà un calo del 40,6% entro il 2030.

Ancora. “Saranno il principale fattore dell’impatto che i settori coperti dal regolamento per la condivisione degli sforzi hanno sulle emissioni, pari al 70,1% del totale. Con le misure aggiuntive che l’Italia prospetta di adottare questo valore si riduce del 16% rispetto al livello che assumerebbe con le misure attualmente in vigore”. Per questo sforzo l’Italia deve considerare, secondo Bruxelles, incentivi a favore dell’elettrico. “Nella migliore delle ipotesi l’Italia potrebbe arrivare a una drastica diminuzione delle emissioni nel periodo 2022-2030, con una diminuzione percentuale media annua più di 5 volte maggiore rispetto al periodo 2015-2022 (da -2,14% a -5,16%)”, osserva la Commissione. Ma “se la gerarchia degli interventi sui trasporti è corretta e puntuale, il piano si basa su una forte adozione di veicoli elettrici (4,3 milioni di veicoli elettrici a batteria più 2,2 milioni di ibridi plug-in entro il 2030) e su un aumento di sei volte dell’uso di biocarburanti entro il 2030”, si legge nell’analisi. Il tutto “è difficilmente compatibile con il parco veicoli esistente, dove le miscele sono limitate a una bassa concentrazione di biocarburanti”, sottolinea ancora Bruxelles.

Gap su rinnovabili e sussidi ai gas

L’altro tasto dolente è quello dell’abbandono dei sussidi ai combustibili fossili. Per Bruxelles, da questo punto di vista, il Pniec italiano “non stabilisce una tabella di marcia sull’eliminazione graduale”. Infatti, si legge, “il piano prevede l’impegno a eliminare gradualmente i sussidi ai combustibili fossili, facendo riferimento al capitolo RepowerEu del piano per la ripresa e la resilienza nazionale, che prevede la riduzione dei sussidi dannosi per l’ambiente entro il 2025”. Ma, pur essendo “in linea con la raccomandazione specifica per Paese del 2023 emessa nel contesto del semestre europeo”, “il piano non stabilisce una tabella di marcia”. Il Mase ne stima 24,2 miliardi all’anno e il Pniec si limita a elencare una serie di Sad “inefficienti” per un totale inferiore a 2 miliardi di euro.

Poi, in un altro passaggio dell’analisi del Pniec relativo ai combustibili fossili, la Commissione sottolinea che il calendario per l’abbandono graduale dei combustibili fossili per uso energetico entro gennaio 2026 per le regioni continentali e gennaio 2029 per la Sardegna, “dipende dalla disponibilità di sufficiente capacità alternativa, per la quale l’Italia ha cercato di accelerare le necessarie autorizzazioni”. “Il piano non spiega sufficientemente l’allineamento tra il Pniec e il piano territoriale per la transizione giusta della Sardegna, né la tempistica per gli impegni aggiornati di eliminazione del carbone”, si legge ancora. Sulle emissioni in generale, l’Italia prevede di ridurle del 49% nel 2030 e del 60% nel 2040 rispetto al 1990, ma a livello continentale le emissioni sono calate del 37% nel periodo 1990-2023 e da noi invece sono scese solo del 26,4%.

Nello specifico sulle rinnovabili, invece, l’Ue segnala che “il Pniec definitivo punta a un contributo delle energie rinnovabili al consumo finale lordo di energia del 39,4% entro il 2030, leggermente inferiore all’obiettivo previsto del 40,5% (e contro l’obiettivo minimo continentale del 42,5%). La traiettoria aggiornata per il raggiungimento di tale contributo è delineata, ma è leggermente inferiore a quella calcolata in linea con l’obiettivo Ue per le energie rinnovabili al 2030. Sono incluse proiezioni specifiche per settore, inclusi i diversi vettori energetici rinnovabili per il riscaldamento e il raffreddamento, il teleriscaldamento e il teleraffreddamento, l’industria, l’edilizia, i trasporti e le fonti energetiche rinnovabili innovative per il 2030, ma il piano non conferma se questi costituiscano obiettivi nazionali”. Così come arrivano moniti sulle aree non idonee per gli impianti Fer che possono rallentare la transizione. 

Bellisai (Ecco think tank): “Serve una legge clima”

Insomma, i punti deboli sono ancora molti. Basti citare anche la richiesta di investire sull’innovazione e l’efficienza energetica industriale e la digitalizzazione delle reti, le interconnessioni transfrontaliere; la gestione delle politiche agricole e forestali, i rischi climatici. E vengono chiesti chiarimenti anche sul nucleare e la cattura-stoccaggio di carbonio.  Per Francesca Bellisai, Analista Politiche Ue e Governance di Ecco – il think tank italiano per il clima, “la valutazione della Commissione sui Piani nazionali energia e clima mostra che l’Europa può raggiungere gli obiettivi climatici, a patto che gli Stati membri non tornino indietro sulle politiche annunciate. La transizione va a velocità differenti nei vari Paesi dell’Unione e in Italia permangono significativi ritardi nei settori trasporti e residenziale. A questo si affianca una governance fragile, in assenza di una Legge Clima che possa declinare il piano nelle dimensioni particolari. Bruxelles evidenzia che l’Italia dovrà investire nel potenziamento della rete elettrica e in strumenti normativi che possano assicurare una giusta transizione.”

Ue sulla buona strada verso il 2030

Guardando alla valutazione complessiva dei Pniec europei, ieri la Commissione ha spiegato che gli Stati membri “hanno significativamente colmato il divario nel raggiungimento degli obiettivi energetici e climatici per il 2030”, migliorando “sostanzialmente i loro piani a seguito delle raccomandazioni della Commissione del dicembre 2023. Di conseguenza, l’Ue si sta avvicinando collettivamente a una riduzione del 55% delle emissioni di gas serra, come promesso dalla legge europea sul clima , e sta raggiungendo una quota di almeno il 42,5% di energia rinnovabile”. Nello specifico, si prevede che a fine decennio arriveremo come Unione al 54% di riduzione delle emissioni rispetto al 1990. E rispetto al target Fer manca l’1,5%. Questo significa che i due terzi hanno aumentato le loro ambizioni rispetto alle bozze dei piani che gli Stati hanno dovuto presentare entro il 2030. Gli Stati raggiungeranno questo livello se rispetteranno le loro proiezioni più ambiziose e addirittura l’Ue ha il potenziale per superare l’obiettivo. Quanto ai consumi, l’Ue mostra una riduzione cumulativa dell’8,1%, rispetto all’obiettivo di efficienza energetica da raggiungere entro il 2030 dell’11,7%, fissato a 763 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) per il consumo finale di energia (Fec) e di 992,5 Mtep per il consumo di energia primaria (Pec).

D’ora in avanti, allora, i Paesi – ha spiegato la Commissione – dovranno “concentrarsi sulla trasformazione dei piani in azioni concrete per garantire stabilità e prevedibilità. Ciò implica l’impiego di fondi pubblici per sostenere efficacemente gli investimenti trasformativi, incoraggiare gli investimenti privati ​​e coordinare gli sforzi a livello regionale ed europeo. La Commissione continuerà pertanto a sostenere gli sforzi degli Stati membri nell’attuazione e nel colmare le lacune rimanenti”. In concreto, si legge nel documento, “la maggior parte degli Stati membri ha fissato obiettivi per la quota di energie rinnovabili nel settore del riscaldamento e del raffreddamento in linea con i requisiti legali e molti Stati membri hanno incluso un obiettivo speciale per i combustibili rinnovabili di origine non biologica (Rfnbo) per l’industria. In futuro, gli Stati membri dovrebbero promuovere accordi di acquisto di energia (Ppa) e meccanismi di cooperazione come il meccanismo di finanziamento delle energie rinnovabili dell’Ue per raggiungere gli obiettivi, si sottolinea nello studio”. Insomma, la Commissione si aspetta dagli Stati “piani più specifici e aggiornamenti significativi delle infrastrutture per sostenere la transizione”.

Ciò include, secondo Bruxelles, “l’adattamento dei sistemi per far fronte a una produzione di elettricità sempre più variabile e per affrontare le minacce in evoluzione come il cambiamento climatico e la sicurezza informatica”. L’aumento della quota di energie rinnovabili nazionali per la transizione verso un sistema energetico più sostenibile, “richiede investimenti nelle infrastrutture”. Ancora: “Circa la metà dei piani finali riconosce l’importanza di eliminare gradualmente i sussidi ai combustibili fossili, ma pochi forniscono una chiara panoramica di tali sussidi o un calendario con misure concrete per la loro eliminazione”, sottolinea la Commissione europea.

Anche sui consumi, sopra citati, la Commissione nota che “nonostante il calo dei consumi energetici complessivi dal 2021 e la maggiore ambizione dei piani aggiornati, permangono notevoli lacune, pari a 31 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) per il consumo finale di energia (Fec) e 47 Mtep per il consumo di energia primaria (Pec). Nei piani nazionali gli Stati membri hanno fornito misure di sostegno dettagliate e politiche pianificate per attuare gli obiettivi di efficienza energetica”, ma secondo Bruxelles “il risparmio energetico deve essere meglio quantificato”. Sono necessarie ulteriori azioni, afferma la Commissione. Chiedendo anche qui agli Stati membri di accelerare i tassi di ristrutturazione, attuare piani nazionali completi di ristrutturazione degli edifici e promuovere soluzioni di efficienza energetica per raggiungere e superare gli obiettivi dell’Ue.

Prima dell’estate il piano clima 2040 dell’Ue

Inoltre, mettere mano ai Pniec secondo queste definitive indicazioni dovrà portare a ridurre e stabilizzare i costi energetici nel tempo, accelerando l’introduzione di energia pulita e promuovendo un mercato europeo dell’energia più coordinato e integrato. Per risolvere, tra gli altri, il problema della povertà energetica che attualmente colpisce 46 milioni di europei. Bisognerà, in questo senso, lavorare ancora più duro anche sul fronte dell’efficienza dei servizi: “L’Ue ha già ridotto le emissioni del 37% dal 1990, con un calo dal 2022 al 2023 dell’8%, che sostanzialmente conferma e accelera le tendenze, e se si guarda ai settori coperti dal sistema di scambio delle emissioni, abbiamo quasi dimezzato le emissioni dal 2005”, ha detto il commissario per il Clima, Wopke Hoekstra, presentando alla stampa la valutazione della versione finale dei piani nazionali per l’energia e il clima. “I progressi che stiamo compiendo verso il 2030 costituiscono una solida base per la resilienza climatica ed economica a lungo termine”, ha aggiunto. Ricordando che prima dell’estate verrà pubblicato il piano sugli obiettivi climatici 2040 e “il nuovo Contributo determinato a livello nazionale”.

Jorgensen. “Quest’anno 89 GW da rinnovabili”

Lo stesso Hoekstra ha ricordato che “dal 2005 il settore Ets ha quasi dimezzato le emissioni coperte”. Per Teresa Ribera, vicepresidente esecutivo, “il costo dell’inazione sta aumentando. Ogni disastro climatico a cui non siamo preparati colpisce più duramente. Impone maggiori costi alla nostra economia e crea maggiori danni sociali. Quindi, considerando le perdite economiche legate al clima nell’UE negli ultimi anni, abbiamo identificato almeno 163 miliardi di euro nel territorio europeo per il periodo 2021-2023. Questo è un ulteriore motivo per cui vogliamo puntare sull’incremento degli investimenti e della prosperità e non sull’affrontare perdite e costi”. Infine, il commissario Jorgensen: Abbiamo fatto molta strada, ma non siamo ancora dove dovremmo essere”. E ha ricordato i tre obiettivi della politica energetica europea: 1) sicurezza e indipendenza energetica, 2) abbassare i prezzi sia per il bene della nostra competitività sia per combattere la povertà energetica e 3) combattere il cambiamento climatico e decarbonizzare il settore energetico.

“Ci stiamo muovendo nella giusta direzione e se confrontiamo i dati con l’ultima valutazione del 2023, è davvero impressionante la velocità con cui stiamo procedendo. Devo dire, tuttavia, che soprattutto in materia di efficienza energetica dobbiamo fare ancora di più. Come tutti sapete, l’obiettivo dell’11,7% entro il 2030 è un obiettivo che dobbiamo raggiungere e al momento lo sforzo collettivo ammonta all’8,1%. Abbiamo ancora un divario piuttosto significativo. Devo dire però che rispetto al 2023 anche qui abbiamo registrato un progresso, perché allora era solo del 5,8%”. Quanto al progresso delle rinnovabili, invece, il responsabile della politica energetica e abitativa Ue ha detto che “il nostro obiettivo principale far scendere i prezzi, e lo faremo: risparmiamo più di 30 miliardi di euro all’anno in nuove energie rinnovabili e ogni anno registriamo dei record. L’anno scorso sono stati distribuiti 78 gigawatt di nuove energie rinnovabili, quest’anno stimiamo che saranno 89”. Per poi concludere che il prossimo focus sarà sull’elettrificazione. Uno dei tasti su cui dovrà premere forte anche l’Italia per non restare anatra zoppa nella transizione verde europea.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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